Ogni giorno leggiamo di sempre nuove iniziative della Procura torinese dirette a imputare la Juventus con sempre nuove ipotesi di reato. E di ipotesi si deve parlare, perché fino ad oggi, nonostante le continue rivelazioni giornalistiche, sulle quali si dovrebbe indagare approfonditamente, non sembra ci siano spunti veramente significativi che inducano a reati certi e inequivocabili. L'impressione è che più che un processo di diritto civile o penale, ci si stia orientando verso un processo sportivo, che però esula dalle competenze della giustizia ordinaria. 

Tutto parte da una nota della Consob, che pone dei rilievi sul bilancio della Juventus. E se guardiamo bene, il bilancio di una qualsiasi società, che ha bisogno di pubblico e di movimento di persone, dopo un periodo di Lockdown patito a causa della pandemìa, non presenta certamente una bella situazione. Ma se c'è una negatività di bilancio, non è automaticamente sicuro che si metta mano a "pratiche" irregolari di gestione dello stesso bilancio. 
E se si mettono in opera operazioni di compravendita che sono nella norma, seppure con scambi a "specchio" come le plusvalenze, non significa che dietro ci sia un intento truffaldino o peggio un reato patrimoniale di natura grave. 

Ed allora ci si incaponisce a cercare chissà che cosa! Siamo arrivati anche alle intercettazioni, dove si fanno risultare frasi a "spizzichi e bocconi", del cui contesto non si capisce nulla. Solo un'interpretazione dei giudici, oppure dei trascrittori.
E qui ci si spaventa! abbiamo visto cosa hanno combinato in passato queste attività che si avvalgono di militari della Guaria di Finanza, Polizia Giudiziaria, esperti di informatica e Polizia Postale. In passato hanno fatto inguaiare una società che non aveva commesso nulla, ma che fu condannata a furore di popolo, ben sollevato da arti mediatiche e giornali compiacenti. Fu invece salvata una società che aveva invece sì, intrallazzato, ma che per chi trascriveva e per chi indagava, era innocente a priori! E si sa perchè ci si incaponisce nelle intercettazioni! Perchè di prove di reato non ce ne sono! Allora si fa come con il processo sportivo: si va per induzione! Si usa il famoso articolo 4, dove ci puoi mettere tutto, e si comincia a demolire la moralità e la buona fede di chi stai indagando. Ma l'articolo 4 è un retaggio (da feudalesimo) del processo sportivo. Non ha nulla a che vedere con il processo penale. 

Ma la pervicacia è tenace, si deve trovare qualcosa, intercettazioni, fogli, anche di carta igienica(almeno quella sporca lo sarà) per immettere più materiale possibile nelle mani dell'opinione pubblica e dei giudici, costringendoli così a dovere continuare l'accusa. E' chiaro, che figura farebbero dei PM che usano milioni di euro dei contribuenti e che utilizzano centiniaia di militari di ogni tipo, se dovessero presentare il nulla.  E non vorrei che il giudice torinese non si trovi nella stessa situazione di Napoli, dove De Magistris arrivò a ricattare la giudice Casoria, la quale non trovava reati, ma che fu costretta ad andare avanti perchè obbligata non dalla legge, ma dal contesto giacobino nel quale si era instaurata la vicenda processuale. La signora in questione non aveva ravvisato alcun reato, ma per il quieto vivere si dovette sottomettere.
Ma fu proprio grazie all'insistenza del magistrato che venne a galla la situazione di chi faceva l'onesto, ma che invece di onesto non aveva nulla, anzi era più colpevole e la guardia di Finanza non ci fece una bella figura, essendo rilevante la scarsa attendibilità dell'operato di chi trascrive e spesso non capisce ma "giudica" preventivamente, sostituendosi a chi dovrebbe invece operare in tal senso. Infatti ad un riesame delle intercettazioni, interamente trascritte e non più estrapolate, risultò un quadro diverso. Ma questo non servì a salvare Moggi dalla condanna e ancor meno la FIGC dal riaprire la questione. Avevano ormai deciso, e quel De Magistris, per loro era un autentico rompiscatole, ma la prescrizione arrivò a salvare capra e cavoli e soprattutto la faccia del procuratore della federazione Palazzi, che fece una relazione finale nella quale ammise l'errore, ma che vista la "prescrizione", ormai non si poteva più tornare indietro. E tutto il processo fu improntato a sospetti e mai certezze, di telefonate a dirigenti della lega e degli arbitri, che però facevano tutti e che non si sa perché solo quelle di Moggi non erano regolari. Eppure non c'era nessun divieto per questo tipo di comportamento, lo facevano tutti. Ma solo per uno si prospettò sospetto, seppure come le plusvalenze, l'attività non era contemplata come scorretta e neppure vietata o normata. A conferma di ciò, si sappia che nessun arbitro fu condannato per una partita arbitrata nella quale giocava la Juventus. Allora, dove erano stati corrotti gli arbitri? 

E oggi assistiamo a una nuova versione di un tentativo di destabilizzare una delle più gloriose società d'Italia, ma c'è un distinguo. L'attività scientifica messa in opera allora, è già fallita! Si, perché stavolta la Juventus non arriva nei tribunali senza una dirigenza spazzata via da chi cerca di limitare anche il diritto di difesa, ma prendendo tutti in contropiede, ha rimescolato il Board, immettendo professionisti di varia natura giuridica e commerciale, e soprattutto, non indagabili, perché non presenti nei casi di accusa. Il trucco di azzerare la dirigenza della Juventus fu un caposaldo della vicenda di calciopoli, disarmando di fatto la difesa,  ma ora la risposta è forte e qualcuno si dovrà preoccupare, perché la guerra sarà dura e senza quartiere. 

Intanto sembra che molte accuse stiano cadendo da sole. In primo luogo, l'accusa di avere completamente alterato un bilancio: le operazioni contestate non raggiungono il tre per cento del fatturato totale! L'inconsistenza dei valori dati ai giocatori, che invece, nei fatti successivi, non solo hanno confermato il loro valore, ma lo hanno anche superato, e con le leggi di mercato. Si pensi per esempio ad Audero, valutato venti milioni. Oggi è titolare della Sampdoria e molto richiesto, quindi la valutazione è sicuramente superiore. Si vedano Vrioni e Brunori, che Chinè valuta 600.000 euro. Il mercato li ha valutati oltre i cinque milioni, in compravendita in contanti(sempre che anche i contanti non siano un reato). Quindi il castello si sta sfaldando.
Ed allora cosa si inventano? Siccome le plusvalenze si fanno con delle controparti, allora per non invalidare l'assunto principale, i PM di Torino stanno cercando di coinvolgere altri colleghi, come a Genova, Sassuolo e Bergamo. Così si mettono le spalle al sicuro! Siamo sicuri? Perchè le procure coinvolte potrebbero rispondere che per loro non c'è nulla da indagare. E comunque è un chiaro tentativo di creare più materiale possibile, per alzare più polvere e convincere qualcuno a prendere decisioni inappellabili. Ma qui si parlerà di diritto, di leggi, di ipotesi investigative corrobrate da prove, non di processi mediatici!
La giustizia ordinaria tenta di agire come la giustizia sportiva! Ma c'è un limite! In primo luogo, la velocità dei processi sportivi qui non è contemplata, essendo un caposaldo del diritto il giusto processo e la presentazione di prove certe ed inconfutabili. Poi, non si può dare per scontato quello che invece non è accertato, ovvero il processo non viene condotto e indirizzato nel verdetto da un unico uomo: il Procuratore Generale della federazione! Qui il giudizio è terzo, e gli organi funzionano nel pieno rispetto delle leggi e delle garanzie costituzionali, e non si fanno accordi tra tifosi o amici degli amici. 

E come esempio finale, vorrei portare la vicenda di un imprenditore italiano. Era un importatore di materie prime dal Sudamerica, dalle quali otteneva prodotti finiti. Il problema nacque quando a sua insaputa, fece accordi commerciali con un esportatore colombiano che era però nelle mire delle indagini per droga, essendo parente di un boss famoso. Il nostro imprenditore era all'oscuro di ciò, egli non aveva altro interesse che di ottenere queste merci, che gli servivano per produrre, e non spacciava certo droga. Ma le "famose" intercettazioni della Guardia di Finanza, lo misero subito nei guai. Nelle intercettazioni, si materializzò la parola "sospetta"! Era il nome di un materiale che risultò immediatamente inequivocabile per i prodi militi: era sicuramente uno pseudonimo che indicava la droga! Il povero imprenditore fu preso, incarcerato, e invitato a confessare! Ma lui non sapeva di cosa parlassero, gli era cascato il mondo addosso! E comunque non avevano mai trovato droga nelle merci importate! In carcere fu fortunato, perchè un ergastolano, che aveva capito subito che era innocente, lo mise sotto la sua protezione, evitandogli spiacevoli incidenti! Dopo quasi un anno e mezzo, il figlio dell'impreditore, che collaborava nell'azienda di famiglia, riuscì a capire quale era la parola che indicava la "droga". Trasalì, e protestò subito affermando che non era altro che un termine tecnico di un materiale molto usato nel loro ramo produttivo, e non aveva niente di strano. Potevano informarsi prima di decidere che fosse sospetto. E gli ci volle tempo per dimostrare che aveva ragione, perché per i Pm era inammissibile un simile errore da parte loro! Ma alla fine ebbe ragione, e riuscì a liberare il padre. Riacquistò la libertà, ma un anno e mezzo all'inferno, le perdite commerciali e la diffamazione subita nel mercato, chi glieli rimborsava? Nessuno naturalmente!
La giustizia aveva solo fatto il proprio dovere! Siamo sicuri?