Nel Torino a partire dal 1973 si realizzò una rara congiunzione astrale, un qualcosa di eroico e di magico, unico dopo gli Invincibili; con l’arrivo di Ciccio Graziani, l’astro mancante d’altri due già nel Toro, Paolo Pulici dal 1967 e Claudio Sala dal 1969, si formò un trio composto da due Gemelli che segnavano goal grazie ad un Poeta che serviva loro palloni su un piatto d’argento.
Veder giocare i Gemelli con il Poeta, ed anche tutto il Torino, dava un senso di armonia, di determinazione ed i movimenti della squadra erano così sincronizzati da poter essere, apparentemente, facilmente replicati. Sembrava che il pallone scorresse su di un un filo che univa tutta la squadra; la sfera di cuoio, andando da un giocatore all’altro, trovava la sua logica in una sensibilità di movimenti in apparenza semplici, così naturali ed efficaci da depositare spesso il pallone in rete. Infatti, alle volte, si aveva la sensazione del goal prima che venisse realizzato, talmente l’azione era chiara: non poteva che finire col pallone in rete.

Così Paolino Pulici e Ciccio Graziani segnarono goal a valanghe su passaggi e invenzioni di Sala e dopo andavano a festeggiare sotto la Maratona che gli tributava il meritato tripudio.
Sala, invece, l’autore del magico cross da poeta dall’ala destra, dopo un goal lasciava le glorie ai Gemelli,
tornando a centrocampo immerso nella sua solitudine, pur avendo addosso anche lui gli occhi e l’ammirazione di chi ricordava l’ultimo dribbling o l’ultimo passaggio prima del goal e lo accompagnava con lo sguardo nella sua passeggiata solitaria.
Quindi non è possibile parlare di Gemelli del Goal senza il Poeta del Goal, ma occorre sempre tenere presente tre stelle allineate in una sola costellazione, come la Cintura di Orione.
Questa è un lampo della loro storia, partendo dall’arrivo di Graziani fino a quando tutti e tre, nel lasso di tempo dal 1980 (Cessione di Graziani e Sala) al 1983 (cessione di Pulici) lasciarono il Torino fisicamente, ma il loro sogno continuò nei cuori e nei ricordi degli appassionati granata.

Degli albori di Pulici abbiamo già scritto.
Aveva uno strapotere fisico eccezionale che nelle squadre giovanili gli consentiva di segnare valanghe di goal, ma che in Serie A, si vide subito non bastava. La sua stella brillò finalmente di luce propria dopo che Ussello (allenatore delle giovanili del Torino) su consenso di Giagnoni nel 1971-72 , dopo 10 giornate di digiuno dell’attaccante, tolse Pulici dalla prima squadra per farlo allenare e maturare sotto i suoi occhi, per limare e insegnare il mestiere e i fondamentali del Bomber a Paolino che, fino ad allora, ogni domenica sbagliava goal incredibili. Pulici non accettò di buon grado l’estromissione dalla prima squadra, seppur temporanea, ma ubbidì! Quando Pulici finì il training dedicato a lui, durato circa due mesi, tornò in squadra sentendosi un altro. Infatti aveva acquisito un repertorio da bomber consumato e finalmente segnava. Era diventato Puliciclone (come la fantasia di Brera lo battezzò).
Pulici era l’Idolo della Maratona
, e nessuna partita iniziava senza un coro di “Forza P-u-l-i-c-i! Forza P-u-l-i-c-i!”, analogamente la partita si concludeva allo stesso modo: un’iniezione di adrenalina per Pupi. Chi l’ha visto, se lo ricorda sicuramente nelle sue fughe sulla linea laterale del prato, volare come il vento accompagnato dagli incitamenti dei tifosi; quando segnava alzava i pugni al cielo ed in quel gesto c’era strapotere fisico, rabbia e voglia di goal.

Claudio Sala (Nato a Macherio (MB) - 8 settembre 1947) arrivò nel 1969 circa 2 anni dopo la scomparsa di Gigi Meroni,(1967). Venne dal Napoli per una cifra allora strepitosa: 470 milioni.
Nessuno poteva sostituire Gigi, un pittore, mentre Sala era un poeta, ma si fece onore. Il Presidente Pianelli da un anno faceva osservare questo giocatore, ma aveva relazioni contradditorie, finché fece di testa sua e, prima che Sala andasse alla Juve, in quel momento in trattativa, ma tentennava, versò quella bella cifra nelle casse del Napoli. Si racconta che l’assegno di Pianelli, il Napoli lo girò e fu girato ulteriormente dai cassieri di molte società sportive, perché erano gli unici soldi veri che venivano trattati nel calcio di allora.
Sala venne al Torino come fantasista n. 10, definito dai più un calciatore “atipico” quando non aveva ancora trovato la sua collocazione naturale. Edmondo Fabbri inventò la forbice con Pulici e Graziani dove Sala era la cerniera e doveva reggere anche il centrocampo. Ma un poeta non può fare anche il podista. In quella stagione i due Gemelli si affiatarono bene, incrociandosi in campo mentre Sala avanzava palla al piede disorientando completamente le difese avversarie.
Quando arrivò Radice nel 1975, conosceva bene Sala per averlo allenato al Monza, lo mise subito a fare l’ala destra numero 7. Così il trio iniziava il suo splendido cammino, in cui Sala il Poeta portava il pallone all’ultimo passaggio, grazie al suo estro e i Gemelli finalizzavano l’azione nel goal.
Quando divenne n. 7, Sala vide crescere la soddisfazione di far realizzare goal ai due gemelli, ma incominciò a sentirsi solo, come tutte le ali destre.
Abbiamo già detto della sua passeggiata in solitaria dopo i goal,(da lui stesso descritta recentemente in un’ intervista) ma c’è di più. Ci fu un poeta, Fernando Acitelli, vate del Calcio, che nella sua opera, “La solitudine dell’ala destra”, esprime molti concetti fra i quali:
Nel tempo in cui i numeri dicevano qualcosa, l’ala destra era il N. 7, unico a non seguire gli schemi perché tanto non li avrebbe capiti; tira poco in porta e la gente che non capisce gli dà del “tanto fumo e poco arrosto”. Non sa che il suo mestiere è di dialogare col pallone e fargli fare quello che gli chiede lui. Se fa un doppio passo è una riflessione astratta, che bisogna accettare, non capire, solo lui sa perché l’ha prima intuita e poi eseguita.
Questo significa “la solitudine del numero 7”.
Alle volte succedeva che fosse proprio Sala ad andare sotto la Curva Maratona per festeggiare un suo goal,
soprattutto se si trattava di una punizione a “Foglia morta” che teneva sempre nel cassetto sia come N.10 che come N.7. Allora la voglia di goal esplodeva dal fisco di Sala che l’emozione trasformava completamente in una maschera di gioia.

Graziani (Subiaco, 16 dicembre 1952) detto Cuor di Leone arrivò nel 1973 al Torino come centravanti, dopo essere stato per un anno in prestito all’Arezzo perché svolgesse il servizio militare.
Fu acquistato per comporre una coppia d’attacco ben assortita con Pulici e mai previsione fu così azzeccata. Arrivò al Torino con molta attesa, perché lo si sapeva del Toro, ma giocava altrove e quando finalmente si esibì davanti al pubblico di Torino, fu subito chiaro che ci si trovava di fronte a un giocatore da Toro: potente, tenace, agile, buon tiratore con entrambi i piedi e di testa, inoltre in seguito lo si vide sempre in forma, con condizione atletica smagliante. Si notò subito che, se subiva un fallo cattivo, sapeva farsi rispettare, pur rimanendo nel lecito.
Kevin Keegan lo definì: “uno di quei giocatori che fanno scaldare il pubblico con il goal. E’ forte, deciso, un centravanti all’ inglese: un tipo che bada al sodo, senza troppe storie.”
Tutti gli osservatori del Toro, fra cui Rampanti, videro in Graziani il compagno di squadra idele di Pulici, con il quale, secondo Serino, “faranno faville”.
Arrivò al Torino molto giovane e fece le sue bizze, domate da Giagnoni con cui ebbe in seguito un bel rapporto. 
Nella Coppa dei Campioni del 1976 il Torino il 3/11/1976 incontrò il Borussia, squadra tedesca, che all’andata a Torino aveva vinto per 2-1. Nel tentativo di recuperare, i granata subiscono tre espulsioni di cui l’ultima del portiere Castellini, reo di un atterramento fuori area di un avversario. Il portiere non poteva essere sostituito per il regolamento di allora e la situazione venutasi a creare, quindi Radice ordinò a Graziani di mettersi in porta. Francesco non si fece intimidire, indossò la maglia del portiere e si mise fra i pali. Il Toro giocava  8 contro 11, ma non subì reti, addirittura, anche se a risultato acquisito, gli spettatori tedeschi tifarono per lui che si esibì in alcuni interventi efficaci.
Mai una polemica ci fu veramente tra i due Gemelli che, in campo, si trovavano veramente all’unisono. L’umiltà di Graziani era proverbiale, così come la sua abilità e perspicacia nel comprendere, oltre che Pulici, anche le esigenze della squadra arretrando a dare una mano, se serviva.
Di lui vogliamo ricordare oltre che un goal, come verrà riportato alla fine dell’articolo, un cross, il piu importante del Torino dopo gli Invincibili. Un centrocampista effettua un lancio lungo verso Graziani appostato sulla limea di fondo, vicino al corner. Sbaglia lo stop e si allarga verso la bandierina del corner. A  quel punto vede Pulici all’incirca vicino al dischetto del rigore e lo serve con un cross basso (circa 45 cm. da terra) che Pulici intuisce di poter segnare solo se colpiva in tuffo la palla di testa, come fa e segna l’ 1-0  contro il Cesena, ed è scudetto!

Occorre anche ricordare almeno altri due protagonisti nel confezionare assist per i Gemelli del Goal: Zaccarelli (mezz’ala destra) e Pecci (regista del Torino), con un contributo non indifferente di passaggi smarcanti fornito ai due attaccanti da posizioni più centrali.
Con questi autentici Campioni, tutto il resto della squadra, a cominciare dal portiere Castellini (Giaguaro), tutta la difesa e il resto del centrocampo, il Torino svolse due campionati di eccellenza (1975 - 76 e 1976 – 77) dove vinse lo scudetto e arrivò secondo a 50 punti dietro la Juve per un punto.
Pulici e Graziani erano molto in sintonia; come ci ha spiegato Ciccio Graziani: Eravamo due giocatori complementari, che si integravano alla perfezione.” Non si intralciavano mai perché mentre uno faceva una cosa, l’altro faceva l’opposta con gesti d’intesa quasi impercettibili che permetteva loro di non parlare ma di capirsi in campo alla perfezione: dove uno lasciava spazio, l’altro l’occupava. Sala, vedendoli muovere, sapeva dove sarebbero andati a piazzarsi, così aveva più alternative per l’ultimo passaggio, che risultava essere perfettamente smarcante. Le combinazioni fra Sala Pulici e Graziani erano spesso giocate a occhi chiusi.

Non ci si può esimere dal descrivere almeno uno dei goals per ciascun gemello, il cui assist provenne da Claudio Sala.
Nella 1° Giornata del 1976-77 il 2 ottobre 2010 il Torino affronta la Sampdoria e tutti i goal del Torino avvengono nella prima mezz’ora.
Al 7° Minuto Sala da sinistra crossa sul secondo palo dove Pulici di testa appoggia a Graziani nell’area piccola verso la rete sull’angolo opposto, Graziani tocca la palla di testa e l’indirizza in rete: GOAL!
Il secondo goal,
corner da sinistra di Claudio Sala, irrompe di testa Graziani, deviazione quasi sulla porta: impressione del goal; invece è nuovamente calcio d’angolo. Si ripete l’azione con corner a destra battuto da Sala, testa di Graziani: GOAL! Esattamente come prima!
Il terzo Gol è di Pulici, azione personale, aggira un paio di difensori e con un tiro potente batte il portiere avversario: GOAL!

La storia dei Gemelli e del Poeta del Goal inizia il 3 gennaio 1974 sotto una pioggia battente col Cesena e termina con l’ultima rete di Graziani nel Toro contro il Brescia nella stagione 1980-81, quando il cielo pianse come quando giocarono la prima partita insieme. Complessivamente (fonte Torino FC Transfertmark) 327 goals, di cui 33 Sala, 122 Graziani, 172 Pulici (Primo marcatore del Torino di tutti i tempi).
Questi tre giocatori, prima di essere ceduti, tennero a galla il Torino anche dopo i due anni magici, per diversi anni, mentre la loro squadra ormai si reggeva su una società che non aveva più la forza economica di supportare la compagine calcistica in modo adeguato. Il Presidente Pianelli, autore della costruzione della grande squadra dello scudetto, afflitto da problemi economici e personali, pressato duramente da frange di tifosi, fu costretto a cedere la società al Cav, Sergio Rossi, il 21/05/82 appena 5 giorni dopo il 6°anniversario della conquista del suo scudetto (16/5/76).
In questo modo finì la fiaba del Poeta e dei Gemelli del Goal che insieme erano nel fiore degli anni, così forti da lasciare un segno indelebile nella memoria di chi li vide giocare, lottare e segnare!
Sic transit gloria mundi.

FVCG
“Maroso”