Atalanta - Cremonese di quest’ultimo weekend non è stata solo uno degli infiniti derby della Lombardia, è stata la partita di Emiliano Mondonico, un giorno segnato in rosso nel calendario altalenante del pallone, un giorno in cui non possiamo non aver pensato a lui, almeno per un momento.  L’occasione giusta per ricordarlo. 
Sono, la Cremonese e l’Atalanta, due squadre che hanno rappresentato una parte importante, la più importante, della sua fulgida carriera di provincia. Soprattutto la Cremonese: undici anni e mezzo complessivi, prima da giocatore e poi da allenatore. Già, anche da calciatore. Sì perché quando dici Mondonico dici “panchina”, dici “allenatore”; è un’antonomasia, il pensiero va subito a quel genuino gentiluomo baffuto che ha allenato per più di trent’anni, lasciando un’impronta indelebile nei cuori di tutti i tifosi italiani. Eppure, il giovane Mondonico di professione attaccante, è stato il miglior cannoniere di sempre della Cremonese, con 88 reti realizzate.

Emiliano nasce il 9 Marzo del 1947 a Rivolta d’Adda, piccolo paesino della provincia cremonese (nemmeno 10 mila abitanti), che si posa sulle rive dell’omonimo fiume e su cui domina la torre campanaria della Basilica dei SS. Maria Assunta e Sigismondo, che solletica il cielo nebbioso e segna le ore lente della provincia italiana.
Anche lì si pratica calcio come esercizio di quotidiana passione: la società calcistica cittadina è l'A.S.D. Rivoltana Calcio (fondata nel 1928), che oggi milita nel campionato di Prima Categoria lombarda (magari ne racconterò nella mia rubrichetta La domenica del Villaggio).  Ed è nelle giovanili della Rivoltana che Emiliano, dopo gli anni di “praticantato” all’oratorio, comincia a tirare i primi veri calci al pallone.
È bravo, il figlio dei Mondonico, “Quelli della trattoria, laggiù al fiume”, si comincia a mormorare tra le viuzze innevate del paese. 
I mormorii diventano poi, partita dopo partita, voci di popolo fino a quando il Dio Calcio lo premia definitivamente: nel 1966 viene ingaggiato dalla Cremonese, con cui gioca una stagione in Serie D e una in Serie C (è in quel limbo che i giallorossi a quel tempo vagano). Mondonico fa bene, molto bene, e viene ceduto al Torino (altra squadra importante della sua vita): è il campionato 1968-1969 ed Emiliano esordisce in Serie A con la maglia granata. Lì totalizza 14 presenze e due soli gol in due anni. Scende di categoria, va al Monza (23 presenze e 7 gol), poi ritorna in A con l’Atalanta e infine torna alla Cremonese. Dico “infine” perché lì gioca ben 7 stagioni, tra B e C, fino al suo ritiro, che avviene nel 1979.

Da qui, inizia un altro film: il Mondonico allenatore.
Un film che sembra uscito fuori dalla sapienza artistica di Federico Fellini. La carriera “panchinara” di Emiliano Mondonico è come un remake in salsa calcistica dell’Amarcord felliniano. La provincia che si sublima in un campo di calcio e raggiunge risultati metropolitani, financo cosmopoliti. La provincia sempliciona, esuberante, praticona e battagliera, piccola e gigantesca, illuminata più dalle lanterne che dai riflettori eppur rilucente, quella dei campioncini in erba, degli stadi piccoli e dei caffè che si riempiono alla domenica mattina; la provincia fatta di polvere ed erba fresca, di campetti sotto un campanile e di stradine senza tempo; la provincia del pallone, che alberga nelle serie minori e s’affaccia timida al calcio delle grandi. E soccombe, il più delle volte soccombe; con dignità, con la fierezza di esserci comunque, con la speranza di ritornarci, ma soccombe. Non sempre, però. Talvolta, tra le nebbie di un calcio senza soldi e senza firme, spunta qualche profeta che predica pallone allo stato puro, impartisce disciplina e sacrificio, pratica umiltà ma depreca la reverenza e fa del sudore e dell’ardore le armi  perfette per affrontare i giganti. 

È il calcio di provincia di Emiliano Mondonico.  È il mondo del Mondo. 

Inizia la sua carriera da allenatore nel 1979, come tecnico delle giovanili della Cremonese. Quindi, gli viene affidata la prima squadra grigiorossa, nel corso del campionato di Serie B 1981-1982. Rimane in sella alla squadra per diversi anni (fino all’86), ottenendo, nel 1983-1984, il ritorno dei lombardi in A, dopo 54 anni; però retrocede subito, 1984-1985 (l’anno dello storico dello scudetto del Verona, tanto per restare in tema felliniano). Passa al Como, nel campionato 86/87. Quel Como (dove militano il compianto Stefano Borgonovo, Marco Simone e a Pasquale Bruno) si piazza al nono posto. 

Da qui finisce il film e inizia l’epica.
Piotti Rossi Barcella Gentile Progna Fortunato Icardi Stromberg Bonetti Nicolini Garlini
È la formazione dell’Atalanta, dalla porta all’attacco, che il 20 Aprile del 1988 perde la semifinale di Coppa delle coppe. Già, una squadra di serie B che arriva in semifinale di coppa delle coppe! 
Nella stagione 1987-1988 Mondonico viene ingaggiato dai bergamaschi in Serie B e fa la storia. Dalla cadetteria ottiene immediatamente la promozione in massima categoria e guida la squadra bergamasca in un'esaltante esperienza in Coppa delle Coppe, conclusasi solo in semifinale, di fronte ai belgi del Malines, che poi vinceranno la competizione contro l'Ajax. Mondonico si consacra definitivamente. Poi ancora due stagioni in nerazzurro, nelle quali ottiene un sesto e un settimo piazzamento in A, con la qualificazione alla Coppa UEFA.

Poi il Torino. Una grande città, grande tradizione calcistica segnata da vecchi fasti, ma cuore di provincia, cuore granata. 
Tra il 1990 e il 1994 siede su quella panchina, in Serie A, e ottiene i migliori risultati della sua carriera. Già nella stagione di esordio porta i neopromossi piemontesi a un sorprendente quinto posto in campionato, che vale la qualificazione in Coppa UEFA. Nell'annata 1991-1992 il Torino migliora ulteriormente il piazzamento in massima serie, chiudendo al terzo posto; ancor più rilevante è il cammino in Europa, dove, dopo aver eliminato anche il Real Madrid in semifinale, raggiunge la finale di Coppa UEFA, persa a beneficio dell'Ajax, pur non conoscendo sconfitta nel doppio confronto ma solo per la regola dei gol in trasferta.
Ed è lì che si consuma il mito della sedia alzata in cielo: nella partita di ritorno, ad Amsterdam, Mondo, all’ennesimo “strafalcione” arbitrale, protesta verso il direttore di gara agitando in aria una seggiola; niente epiteti, nessuna offesa, solo la rabbia che sfocia in un gesto inconsueto e, a suo modo, signorile (per il quale rimedierà una giornata di squalifica, che tuttavia nel prosieguo della sua carriera di allenatore non avrà mai l'occasione di scontare).  Quell’uomo con la sedia tra le mani issate in alto è un dipinto di Guttuso, caotico e calmo, vero e impressionistico, come la Vucciria. In quel gesto c’è tutto il mondo del Mondo, c’è tutto il calcio che vorremmo. 

Nella stagione 1992-1993 il tecnico guida la squadra al nono posto in campionato e alla vittoria della Coppa Italia, tuttora l'ultimo trofeo della storia granata, superando nella doppia finale la Roma, nonostante subisca ben tre rigori nella sfida di ritorno all’Olimpico. Tale successo vale la qualificazione in Coppa delle Coppe per l'annata successiva, l'ultima del primo ciclo di Mondonico a Torino. L'avventura europea si chiude poi ai quarti di finale contro l'Arsenal, futuro vincitore dell'edizione.
Al termine del campionato, chiuso all'ottavo posto, Mondonico lascia il Torino. Torna quindi a far correre la Dea sui campi della massima serie, dove non ci son spighe da lasciare intatte ma gambe coriacee da far funzionare come stantuffi. Corre l’Atalanta di Mondo, corre dritta dritta verso la finale di Coppa Italia, persa contro la Fiorentina il 18 Maggio del 1996. E poi di nuovo a Torino, sempre sponda granata. Sono anni in cui Mondo ciondola tra successi e sconfitte, tra la A e la B, ma senza mai perdere il suo aplomb, tutto disegnato su quella faccia baffuta e gentile. 
Negative anche le esperienze del nuovo millennio col Napoli, che retrocede, e col Cosenza. 

Nel 2003 viene chiamato dalla Fiorentina, per riportare i gigliati nella massima serie. Obiettivo raggiunto. L’anno successivo, in seria A, la sua esperienza coi Viola dura poche giornate, entra in contrasto con la società e la storia finisce lì. Mondonico era fatto così! 
Si prende una pausa, fa l’opinionista, poi torna in panca. Torna in provincia, la sua provincia.  Il 29 gennaio del 2006 viene scelto dall'AlbinoLeffe, in Serie B, per sostituire Vincenzo Esposito; ottenuta la salvezza, rimane al timone della squadra azzurro-celeste anche per la stagione 2006-07, conclusa al decimo posto. Nella stagione 2007-2008 scende in Serie C1 per ritornare, dopo ventuno anni, alla sua Cremonese. Dopo la finale play-off persa contro il Cittadella, non viene confermato per la stagione successiva. Viene poi reingaggiato dalla squadra grigiorossa tra il 17 dicembre 2008, quando sostituisce Ivo Iaconi, e il 26 marzo 2009, giorno in cui rassegna le dimissioni. Il 28 settembre dello stesso anno ritorna sulla panchina dell'AlbinoLeffe, guidandola alla salvezza. Viene confermato anche per la stagione successiva, ma il 29 gennaio del 2011, con la compagine seriana sistemata in una posizione di metà classifica, è costretto a lasciare temporaneamente la panchina: un tumore all’addome lo costringe ad  affidare la panchina al suo vice, Daniele Fortunato.
Il successivo 14 febbraio, dopo essere stato operato, ritorna sulla panchina dei lombardi, che si salvano ai play-out. 

Si prende una pausa, per combattere il sarcoma. Fino al 30 Gennaio del 2012, giorno in cui viene ingaggiato dal Novara, per sostituire Attilio Tesser. E così Mondonico torna in serie A, dopo sette anni. Un ritorno amaro, per via della schizofrenia della dirigenza novarese, che lo esonera dopo sole sei partite, in cui colleziona una vittoria (contro l’Inter), due pareggi e tre sconfitte … mah! La carriera dell’allenatore più meravigliosamente provinciale della storia calcistica italiana finisce qui.  La sua vita finirà il 29 Marzo del 2018. Emiliano Mondonico muore all’età di 71 anni.  Quel giorno il calcio italiano si guardò allo specchio e scoprì “com’è difficile fermare le lacrime, quando sgorgano dall’anima”. 

Papà per vent’anni, gli ultimi della sua vita, ha dedicato tempo, spirito e possibilità economiche per aiutare tanti ex tossicodipendenti, ex alcolisti…
E dopo che mio padre scoprì di avere un tumore, cioè dal 2011, aumentò persino l’impegno. Dopo le operazioni chirurgiche, durante la degenza in ospedale, mi diceva: “Non vedo l’ora di tornare in mezzo a loro, hanno bisogno di me
”.

Clara Mondonico