Sono nato, cresciuto e vivo tutt'ora, in un paesino che si chiama Santa Maria di Sala, provincia di Venezia. Un paesino che senza google map non sapreste mai dove si trova. Un piccolo comune che negli anni 70/80 contava, comprese le frazioni, nemmeno diecimila abitanti. Situato a eque distanze tra Venezia, Padova e Treviso, è un paesetto di campagna, dove però stava crescendo un'importante zona industriale, tutt'ora in piena produzione, che vantava importanti aziende come Safilo, famosa per gli occhiali, la Speedline per i cerchioni in lega della Ferrari e di altre marche famose, e li vicino la San Benedetto per l'acqua e l'Aprilia. In quegli anni il paese di divideva, grossomodo, in tre settori, dove abitavo io, zona di case anni 60,costruite dai primi contadini che passarono a lavorare negli stabilimenti di porto Marghera o simili, quelli del centro, e quelli delle case popolari, che dicevano fossero brutte persone, in realtà era la classica diceria delle nonne di chiesa. Per noi ragazzini non c'erano distinzioni, entrati nel mondo della scuola l'unica distinzione netta era tra maschi e femmine. Noi maschi sempre col pallone e le femmine a giocare a salto con gli elastici e a cantare canzoncine stupide. La vita scorreva semplice e bella in quei tempi, anche senza i social. A mezzogiorno e mezzo finiva la scuola, arrivavi a casa dove c'era tua mamma ad aspettarti con il pranzo pronto, si perché in quel tempo le mamme stavano a casa e quindi non avevi la tata o qualche vicino di casa e un pasto di tramezzini o altro.

I POMERIGGI AL CAMPETTO - Strani periodi quelli eh? Dopo pranzo c'era un oretta di cartoni animati, Jegg robot d'acciaio, poi i compiti con la mamma accanto che magari stirava o si sedeva accanto, al termine via di corsa al campetto parrocchiale, la mamma con un occhiata ti faceva capire tutto, sapevi esattamente come dovevi comportarti e a che ora rientrare. La mamma intanto preparava la cena e sbrigava altre faccenda in attesa del rientro a casa mio e del babbo. Altra stranezza del tempo, non ho mai visto mia mamma andare a zumba, al solarium o a fare l'happy hour con le amiche, che strano. Al campetto ci si arrivava più o meno tutti insieme, incredibilmente anche senza smartphone e mille messaggini. Iniziava la partitella chi c'era contro chi c'era, quasi sempre ad una porta, e con la chiara regola Uefa che ogni tre calci d'angolo, avevi in dono un calcio di rigore. Dovevi stare principalmente attento a due cose, non sporcarti troppo nel fango perché in quei tempi non era prevista la doccia ogni giorno, e non rompere i vestiti altrimenti a casa erano guai. Qualche femminuccia di ritorno dall'oratorio passava dal campetto, e chissà perché in quei momenti tutti noi cercavamo il colpo di tacco, la rovesciata, il tiro al volo, come se loro sapessero carpire la meraviglia di tali gesti, però erano gli albori del rapporto, veline/giocatori. La fede in quelle zone era spartita equamente tra milanisti, interisti e juventini, ma eravamo tutti amici per la pelle. Riuscivamo a stare fuori tranquillamente senza essere geolocalizzati da qualche app dalle nostre mamme e sapevamo tornare a casa in orario senza la sveglia che suonava sul cellulare.

IL DERBY D'ITALIA - A casa trovavo babbo, tornato da lavoro, e mi siedevo con lui sul divano perché alle 18:00 c'era lo sport in TV. Notiziario sportivo della RAI. La domenica era speciale. Messa al mattino, pranzo coi nonni e al pomeriggio il campionato, altra stranezza ogni domenica tutte le partite si giocavano insieme contemporaneamente, e mio papà radiolina alla mano sul divano seguiamo tutto il calcio minuto per minuto, con i vari commenti. A proposito, mio papà è interista e io juventino, non siamo mai andati a fondo di questa faccenda ma così era, ma non è mai stato un problema tra noi. Quella domenica era anche più di una domenica, era il 25 aprile del 1981, e c'era Juve Inter, e per l'occasione vennero a trovarci dei parenti, tra i quali altri due interisti, un juventino e un milanista. La partita la seguimmo con la radiolina, tra un sussulto, una sigaretta, perché in quei tempi si fumava dentro le case, le mamme erano giù un giardino e noi "uomini" di sopra alla radiolina. Io e un mio cugino in salotto con una palla di spugna stavamo disputando il nostro derby d'Italia, e con l'orecchio sentivamo i commenti dei grandi. Non ricordo offese, insulti, polemiche, giusto qualche battutina e delle risate. A un quarto d'ora dalla fine segnò la Juve, Brady su calcio di rigore, mio papà si alzò e con un mezzo sorriso mi diede una pacca sulla spalla, sapevo che ovviamente non era felice, ma è mio padre e l'amore va oltre tutto. Al termine della giornata di campionato, le mamme prepararono le pizze in teglia per tutti, quella della Barilla scatola blu, e terminammo la domenica così, interisti juventini e milanisti insieme a tavola tra birre, pizza e risate. Buon Inter Juventus a tutti e che vinca il calcio.