Il Milan è ricascato in quello che, oramai, deve essere indicato come un suo difetto di fabbrica: ha lasciato in vita la preda moribonda, che si è ripresa e ha rischiato di strappargli punti. Contro il Genoa i rossoneri si sono trovati in vantaggio nei confronti di un avversario che attendeva solo il colpo di grazia, ma sono rimasti, come spesso accade loro, a metà strada, lasciando il Grifone in partita. Una volta subito il gol dell'ex Destro, hanno dato vita a un secondo tempo rusticano contro il Genoa, prevalendo nella roulette degli episodi, grazie se non altro a un'ammirevole capacità di soffrire. Anche quella può rivelarsi un punto di forza nelle vicissitudini dell'esistenza.

Il Milan è apparso subito sciolto, giocando con leggerezza e precisione finché, quasi come conseguenza naturale del suo bel gioco, ha sbloccato il risultato con Ante Tonino Rebic. Una palla filtrata dalla fascia destra ha trovato il croato sulla mancina, libero per una battuta non molto comoda. Rebic si è quasi deformato per coordinarsi al tiro, centrando l'angolo opposto con un sinistro secco. C'erano tutti gli estremi per chiudere la partita, in quanto il Grifone appariva spaesato, ma il Milan non affondava. I rossoneri, infatti, davano vita a un'accademia stucchevole, quasi che il raddoppio dovesse scendere dal cielo in un panierino ricamato. Il Genoa, dal canto suo, sembrava capace solo di randellare con cattiveria e attendere il raddoppio, che stava per arrivare con Leao. Il portoghese, però, aveva il torto di agganciare male il pallone decisivo, ma anche se avesse segnato, si sarebbe trattato di un episodio casuale. Per forza d'inerzia, il Genoa veniva avanti e, dopo un paio di punzacchiature che non svegliavano il Diavolo, segnava con Destro di testa su calcio d'angolo. Nell'occasione, Tomori non era impeccabile. Era l'ennesimo patatrac di una squadra che sembra incapace di sfruttare a pieno il proprio notevole potenziale.
Il Genoa, rimasto in vita e ringalluzzito dall'episodio, dava vita a un secondo tempo più convinto. Rebic si mangiava un gol ancora più netto di quello sbagliato nella prima frazione di gioco da Leao. Dal canto suo, Pioli si accorgeva che Kalulu, un po' stanco, stava soffrendo il neo-entrato Pijaca, ma che anche Saelemaekers era in bambola, visto che ostacolava un movimento di Kessie in area rossoblu. Leao era fisicamente a posto e avrebbe potuto coprire la fascia al posto del belga, ma poiché Pioli doveva far entrare Diaz per dimostrare che è un'ala destra (controllate le recenti dichiarazioni), faceva uscire anche l'attaccante portoghese. Entravano Dalot, Mandzukic e, ovviamente, Diaz. I primi due si rivelavano cambi azzeccati, perché il terzino limitava la freschezza di Pijaca, mentre Mandzukic entrava nell'azione del gol. Sul calcio d'angolo saltava, ma si accorgeva di poterla colpire solo all'indietro come un difensore, per cui abbassava la testa all'ultimo istante. Il giovane Scamacca andava in tilt e siglava di schiena la più classica delle autoreti. Quanto a Diaz, si impegnava a fondo, ma in 60 metri di fascia scompariva, pur dando l'anima. Con tutti i suoi difetti e pur non trovandosi benissimo a destra, Leao sarebbe stato più utile, in quanto le lunghe leve e il passo ampio gli avrebbero consentito di coprire la distanza.

Il Milan si chiudeva in difesa, perché aveva capito che l'abbrivio favorevole del primo tempo era sfumato e il Genoa continuava a crederci nonostante lo svantaggio. Il Diavolo si salvava su una papera in uscita di Donnarumma grazie a Kjaer e Tomori, che tenevano in piedi la squadra su una doppia battuta rossoblu a porta sguarnita. Alla fine, il fischio finale di Calvarese era una liberazione. Per quante difficoltà si sia procurato il Milan, comunque, non si dovrebbe parlare di una vittoria fortunata. In un certo senso, il Milan ha raccolto quello che la traversa di Kessie gli aveva negato contro la Sampdoria. E poi va sottolineata la capacità dei rossoneri di tenere il risultato con i denti soffrendo come una provinciale, un po' come a Oporto contro il Rio Ave.

Non si può più ignorare, tuttavia, che il Diavolo non finisce mai l'avversario. E' come un cacciatore troppo timido che si aspetta dalla preda ferita chi lo sa quale insidia e non osa avvicinarsi, ma spera che muoia da sé. Il problema è che, se la preda si riprende, quel cacciatore finisce per correre più rischi che avvicinandosi quando è moribonda. Infatti, una cosa è attaccare quando il rivale è in difficoltà, magari col morale sotto i tacchi, altra cosa è doverlo fare dopo che questi ha segnato e ha il morale alle stelle.

Un altro discorso è quello di Diaz. Come ho scritto sopra, non c'è nulla da dire sulla serietà e l'impegno del ragazzo, ma è un fatto che nei grandi spazi scompare, perché le leve corte e il passo limitato favoriscono lo spunto breve in 2-3 metri e non le scorribande sulla fascia come quelle di Saelemaekers. In un certo senso, il suo ingresso non ha apportato benefici alla squadra in fase di attacco, così come ha reso ancora più leggero il settore destro del Milan in fase difensiva. Giorni fa, Pioli aveva dichiarato che Diaz poteva fare l'ala destra e ha voluto dimostrarlo, con quali risultati lo hanno visto tutti.