Che cos’è un leader? È carisma, affidabilità, adrenalina quanto basta e, se possibile, un pizzico di talento naturale. Il leader è quello che non pretende il comando, sono gli altri a darglielo spontaneamente. È quello che si prende sulle spalle le responsabilità della sua intera squadra, che ne sia cosciente o meno, poco importa. Il leader è insomma quello che, nei momenti bui, tira fuori l’asso dalla manica e cerca di recuperare la situazione. È quello che quando entra in campo, battendo semplicemente le mani, rinsalda il morale ferito di tutti gli altri. È quello che ti porta a dire “siamo a posto, adesso c’è lui”. Il Milan è alla ricerca di questo leader da tempo, oramai. E pensare che, un tempo, questa società è stata in grado di sfornarne parecchi, nel giro di appena due decenni. Maldini, Pirlo, Abbiati, Gattuso. Per elencarli tutti ci vorrebbe un papiro medievale, di quelli che una volta srotolati percorrevano per il lungo l’intera stanza per il lungo. Tutti diversi, tutti efficaci nel loro essere una guida, un punto di riferimento, una luce in grado di brillare quando la notte si faceva più oscura. Non necessariamente bisogna essere simpatici o particolarmente dediti all’oratoria, per essere leader. A questi infatti basta uno sguardo, un cenno, una pacca sulla spalla per comunicare più di mille parole. È un uomo, prima ancora che un giocatore, che dovrebbe essere sempre presente in una squadra. Perché i fantomatici “progetti giovani”  possono essere belle speranze se, e solo se, al loro interno vi sono degli esempi che li possano guidare. Il rischio più grande che corre ogni sbarbato infatti, è per definizione quello di perdersi, di essere vittima delle proprie emozioni caotiche. Avete presente? Quel passare da uno stato di giubilo assoluto per una vittoria, a una depressione psicotica quando invece i risultati non sorridono. No, per carità la gioventù è bella perché energia pura, ma non si può lasciarla da sola. Va guidata, va indirizzata, va sostenuta.

Sospirando sento dunque nuovamente queste voci, questa volta provenienti dall’America, riguardo a un possibile, ma a mio avviso improbabile, ritorno di Zlatan Ibrahimovic al Milan. Poco fa, quando ho elencato alcuni degli ultimi leader rossoneri, ho fatto apposta a non segnalare lo svedese di origini slave. L’ho fatto solamente per mantenermi il biscottino più saporito per un secondo momento, ovvero questo. Ciò in quanto, se mi avete seguito nel discorso espresso in precedenza, Zlatan Ibrahimovic non solo è un leader, ma è a mio avviso il leader giusto per l’attuale momento del Milan. A discapito infatti di quanto abbia vinto, di come il suo carisma abbia effetto esclusivamente in campo nazionale, e non internazionale, io considero il titano di Malmö un campione. Questo non solo perché è uno che ancora oggi, nonostante i suoi 38 anni, ha ancora il potere di decidere buona parte delle partite. Questo soprattutto in quanto egli gioca tutte le partite, dalle amichevoli ai finali di stagione, totalmente al massimo. Lui non molla, i geni della rassegnazione e dell’arrendevolezza non si esprimono nel suo DNA. Una cosa che nemmeno il grande CR7 e Messi hanno, almeno per il mio modesto parere. Questi due sono più forti e talentuosi di Ibrahimovic, ma dal punto di vista del carattere e del carisma, manca a loro qualcosa, se messi a confronto con il gigante svedese. Mister Z è quello che, se ci giochi assieme ti manda in euforia, manco ti fossi fatto una striscia di coca. Ed è quello che, se invece ci giochi contro, chiunque tu sia, almeno un fremito su per la schiena te lo fa salire. Da una parte e dall’altra, la sua presenza non ti permette di sederti, di prenderti una boccata d’ossigeno. Devi correre, non hai altra scelta. È insomma quello che ti incute timore, ti mette stress, positivo o negativo che sia. Lui non è uno che subisce gli eventi, è uno che li divora. L’esatto contrario del Milan di oggi, dove la difficoltà aggredisce l’animo della squadra, nichilizzandolo. Zlatan questo non te lo permette, Dio solo sa come fa, ma è in grado di prendere il distress dei suoi compagni e tramutarlo in adrenalina.

Di campioni simili, anche se non identici, ce ne sono stati nella storia del calcio. Uno simile, ma ribadisco non identico, lo vorrei prendere dagli anni ’70 e da un luogo particolare come la Germania nell’epoca del Muro di Berlino. A breve ci sarà infatti la ricorrenza della sua famosa caduta, motivo per cui mi sembra giusto parlare oggi di un certo Franz Beckenbauer, il Kaiser, l’Imperatore. È il 1974, la Germania Ovest ospita il mondiale di calcio, forse il primo ad avere una valenza realmente globale, dal punto di vista dell’importanza. Nel girone dei padroni di casa, nessuno sa come, sono finiti i gemelli diversi della Germania Est. Chissà, forse l’uomo della Stasi addetto ai brogli si doveva essere addormentato durante il sorteggio, ma questa è un’altra storia. Ebbene, nel derby più improbabile della storia dei mondiali, i padroni di casa, nettamente favoriti alla vigilia, perdono clamorosamente per il gol, al ’77, del futuro ingegnere Sparwasser, di ruolo mezz’ala. La qualificazione ai quarti, per carità, è salva, ma i tedeschi occidentali escono dal campo mesti, vergognosi. Alcuni additeranno tale sconfitta come voluta dalla Germania Ovest, per finire nella parte del tabellone opposta a quella dell’Olanda. A vedere però gli occhi dei giocatori, non pare essere così, tanto che l’allenatore non spiccica una parola in conferenza stampa. A perdere la parola è dunque il Kaiser Franz Beckenbauer, il quale da vero leader dice poche, ma pesanti parole: “questa è la sconfitta che ci porterà a vincere le prossime quattro e alzare così la coppa del mondo”. Andrà proprio così. Leggenda addirittura vuole che il Kaiser, indispettito dalla depressione dei compagni, li porti a prendersi la sbornia più pesante della loro vita, affinché l’indomani l’emicrania non possa dare spazio ai ricordi della sconfitta. 

Sebbene in un modo diverso, con regole e atteggiamenti diversi, Zlatan Ibrahimovic è un po’ questo. Non conta l’allenatore che sta sulla panchina, se questi gli dà le chiavi dello spogliatoio. È lui il vero leader carismatico che guida la squadra fuori dai periodi bui. E per questo sospiravo, all’inizio di questo mio breve excursus. Non nego infatti che ieri sera tardi, dopo aver letto del suo possibile ritorno dagli States, sono quasi caduto dal divano, mentre attendevo che mia moglie mi cedesse il posto per la doccia, classico e simpatico problema che ha la maggior parte degli uomini sposati. Non nego nemmeno che la mia fantasia ha cominciato a viaggiare negli ampi campi dell’euforia, al solo pensarci. Così funziona infatti il cervello di noi tutti, si lascia abbindolare da qualsiasi cosa. Poi però è subentrata la mente, la freddezza logica, la quale cinicamente mi ha sussurrato quanto un simile ritorno, per quanto possibile, sia in realtà improbabile. Sospiro perché Zlatan per me non tornerà, o sarà molto difficile che lo faccia, mentre è proprio ciò di cui il Milan ha bisogno. Non tornerà forse perché, uno come lui, non si accontenta di giocare per il quinto o sesto posto, forse nemmeno per il quarto. Forse non tornerà perché lui, Mister Scudetto, vuole giocare solo per il titolo. Tutte questioni più che accettabili e comprensibili. Non accettabile però sarebbe vedere il Milan, la sua dirigenza per essere specifici, non fare di tutto per riportarlo a Milanello, anche se solo per una stagione e mezza. E su questo non ci sono e non ci saranno mai scuse. Se fosse infatti per una questione di soldi, non ci sarebbe presa in giro peggiore di questa, dopo anni passati a spenderne tanti, troppi, e pure male. Se fosse invece per una questione caratteriale, in quanto questa dirigenza non sarebbe in grado di gestire un impeto come quello di Mister Z neanche volendo, sarebbe una sconfitta ancor più grande. La definitiva ammissione che questa dirigenza non ha le competenze, per non dire altre parti del corpo posizionate sotto l’ombelico maschile, per guidare una società blasonata come il Milan. 

Per concludere, il Milan ha un grande bisogno di un leader, ne basta uno solo. Ha bisogno di qualcuno che ispiri profondamente questa squadra affranta, forse ancora troppo giovane. Di certo non si avrebbe da subito un gioco apprezzabile e spumeggiante. Quanto meno, avremmo però una diversa capacità di reazione, nei momenti buoni così come in quelli di difficoltà. E Zlatan Ibrahimovic in questo sarebbe perfetto. Se lui sarà mai intenzionato a tornare, per ora non ci è dato sapere. Ma, come minimo, una dirigenza seria e in cerca di una svolta un tentativo lo farebbe. 

Ennesimo sospiro, in chiusura. 

“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.” - John Quincy Adams