Oggi è un altro giorno, oggi è quel domani a cui Rossella O’Hara avrebbe guardato con un misto di paura e di speranza, quel domani su cui l’Italia intera si è tanto interrogata. 
Ma non è ancora il momento di voltar pagina, non ancora.
Oggi è un altro giorno, sì, ma è ancora il suo giorno. Ancora! 

Le esequie di Stato di Silvio Berlusconi sono appena terminate, tuttavia non finisce, almeno non in me, il desiderio intimo di ricordarlo, di “cantarne” le imprese, di fissare in alto il pensiero che se n’è andato un gigante. 
È come se tutto quello che è immediatamente seguito alla sua morte… le maratone televisive, i necrologi da ogni parte del mondo, gli attestati dei potenti della terra, i sontuosi funerali, la gente comune che piange… è come se tutto questo non sia stato l’ultimo saluto, ma un primissimo abbraccio, che promette d’essere stretto e lungo, forse eterno.

Ecco che allora voglio, qui, ricordarne le gesta da presidente del Milan; e quale modo migliore di farlo, se non attraverso i grandissimi campioni che, grazie a lui, hanno acceso luci abbacinanti in quel San Siro che pure alla luce è sempre stato abituato?

Silvio Berlusconi è stato presidente del Milan dal 20 febbraio del 1986 al 13 aprile del 2017. È stata un'era vincente come poche altre nella storia del calcio, che ha portato nella bacheca del Diavolo 8 scudetti, 5 Champions League, 2 Coppe intercontinentali e 1 mondiale per club, 7 Supercoppe italiane, 5 Supercoppe Uefa, 1 Coppa Italia.
Tanta acqua è passata sotto i ponti del Naviglio, fiumi di champagne hanno bagnato imprese memorabili, realizzate da calcolatori tra i migliori della storia. 
E i migliori undici? Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi? Proviamo a buttar giù una formazione, con un’avvertenza d’obbligo, però: stilare una formazione ideale del Milan berlusconiano è esercizio di pura sofistica pallonara, un ragionamento strettamente soggettivo, che esula da ogni pretesa di verità. 
È il mio personalissimo Milan dei Milan al tempo di Berlusconi. È la mia squadra perfetta, nell’imperfezione per antonomasia che è la scienza del calcio. 

Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi è l’alveare costruito pazientemente dal rampantismo visionario del Cavaliere e dalle sue api regine, che han cosparso di miele dolcissimo il gioco del calcio rendendolo fluido come non mai. 
Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi è il refrain di un’opera lunga tre decenni, ricca di acuti, assoli e arie. Gli acuti di attaccanti fenomenali, gli assoli di centrocampisti inventori di calcio, le arie di difensori svettanti e torreggianti. Risultato: una sinfonia maestosa. 
Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi è un concentrato di classe e cuore, mentalità e fantasia, visone di gioco e gioco innovativo. 
È, pure, una complicatissima e sanguinolenta conventio ad escludendum verso grandi campioni, che cedono il passo solo all’immensità e per questo non rientrano nel novero. 
Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi è leggenda che amoreggia con la storia, è pura essenza calcistica, è una mescolanza armoniosa tra interpreti di diversi momenti e sempre dello stesso principio: l’eccellenza da ricercare in ogni cosa. Un condensato di decenni diversi, fatti di atleti e allenatori, testimoni di un’ansia, sempre la stessa: vincere.
Il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi è una squadra equilibrata, portentosa, granitica. Imbattibile!
È il Milan della triade olandese, è il Milan di Maldini e di Baresi È il Milan di qualche brasilero, d’un centrocampo cinematografico, di un attacco fantasmagorico. 
È il Milan di un portiere venuto da una Terra lontana, Terra di spiagge, carnevali, samba e fantasia applicata al pallone quasi per diritto naturale; a dispetto delle leggi del calcio e della tradizione tricolore, a dispetto di Galli, Rossi bianchi e verdi. 
È il Milan di un altro verde oro, terzino destro per tradizione, pendolino per vocazione, che nessun Panucci o Tassotti o Zambrotta campione del mondo è mai riuscito ad eguagliare.
È il Milan d’una dinastia, quella dei Maldini, che in Paolo ebbe l’incontrastato padrone della fascia sinistra berlusconiana (ossimoro peggiore non poteva esserci), prima di “svernare” al centro ed essere, anche lì, tra i migliori al mando. Il Milan di quel numero 3 sottratto per sempre all’inverecondia di altre spalle. 
È il Milan dei difensori centrali italiani, di Baresi senza Costacurta e di Nesta senza dubbio (il marmoreo Desailly, Billy e Thiago se ne facciano una ragione).
È un Milan da premio Oscar a centrocampo: alla miglior regia davanti alla difesa; alle migliori interpretazioni a tutto campo; al miglior attore protagonista; e al miglior sonoro. Il Milan di Andrea Pirlo: il Federico Fellini del calcio, genio e regolatezza. Di Frank Rijkaard: lui faceva tutto, regista all’occorrenza, produttore di gioco, azione e adrenalina pura. Di Kakà: faccia d’angelo, a capo d’una banda dal pallone d’oro facile; violinista del Diavolo, che però si ripeteva, e ancora e ancora. Di Roberto Donadoni: estroso artista muto di pellicole senza tempo. 
Sì, proprio il Milan d’un centrocampo cinematografico, che ha visto tante altre star fare da comparsa, per un cast d’eccezione durato trent’anni: da Carletto Ancelotti a Fernando Redondo (meteora luminosissima), da Gennaro Gattuso al professor Seedorf, da David Beckham (per lui solo un cameo) a Manuel Rui Costa, passando per Boban, Ambrosini, Leonardo ed Albertini, l’inglese Wilkins e Chicco Evani (ci ho pure fatto la rima).
È il Milan di undici fenomenali apostoli del Dio pallone; e del dodicesimo Fenomeno blasfemo in rossonero, che giustappunto lascio fuori perché quel Dio non se l’abbia a male. È il Milan del Cigno e delle sue danze infinite, su un palcoscenico pur calcato dal semidio Sheva, dal Superpippo italiano, dal Presidente liberiano e dallo “zingaro” Ibra-cadabra. E dal Fenomeno di cui sopra. 
Ed è il Milan del puledro dalle trecce nere. Nero come Furia. Campione come le migliori furie rossonere, che qui non han dimora sol perché quando hanno inventato il calcio hanno avuto la cattiva idea di fermarsi a 11. 

Furie dalla classe cristallina, dai piedi fatati, dalla fantasia innata: Baggio, Savicevic, Ronaldinho, Cassano, Rivaldo. No, tutto questo non è un film, i fatti sono realmente accaduti è nessun riferimento ai personaggi è casuale. 
È proprio vero, le luci di San Siro al tempo di Silvio Berlusconi hanno avuto la brillantezza delle stelle, la scintilla dei geni, il colore dei soldi.  Tanti soldi, spesi bene però. 

Ecco il Milan dei Milan al tempo di Berlusconi:
Dida
Cafu  
Maldini 
Pirlo
Nesta 
Baresi
Donandoni 
Rjkard
Van Basten 
Kakà
Gullit 

L’allenatore? Arrigo Sacchi, wath else? 
Carletto e don Fabio capiranno...