Dieci erano i comandamenti di Mosè, dieci sono i punti di ciò che stravolgerà la fisionomia del calcio europeo, con un nuovo manifesto, il manifesto della SupeLega.
La prima cosa sorprendente è la quantità di squadre che vi dovrebbero partecipare. Quasi un centinaio, una piramide delle migliori squadre europee. Sul merito. Una sorta di nuovo castello che andrebbe in diretta competizione con la UEFA e che mira ad essere più allettante, a partire dalla questione economica, perchè in un calcio indebitato, come il nostro, saranno i soldi, sarà l'attrazione economica del progetto a fare la differenza.
Si arriverà a dover scegliere tra UEFA e SuperLega? Visti i terremoti in atto dal City, alla Juventus, la risposta sembra essere più che ovvia. Il monopolio del calcio europeo in una società liberista e capitalista come la nostra è oramai messo profondamente in discussione e la SuperLega altro non è che una conseguenza di tutto ciò. Anche perchè SuperLega e competizioni europee classiche del calcio nostrano sembrano proprio essere una fotocopia.
Ad esempio, si legge che i club partecipanti dovrebbero continuare a essere pienamente impegnati nei tornei nazionali come fanno oggi. Le partite minime da giocare sarebbero 14 a livello europeo. Un minimo di 14 partite europee garantite per stagione; si migliorerebbero notevolmente sia la stabilità che la prevedibilità degli introiti, si legge. Ma per far svolgere 14 partite a squadra, significa certamente una suddivisione in almeno una decina di gironi. Le competizioni europee per club dovrebbero essere gestite dai club, come avviene a livello nazionale, e non da parti terze che ne traggono vantaggio senza assumersi alcun rischio.

La SuperLega ha l'ambizione di diventare la migliore competizione calcistica del mondo senza dimenticare quello che oggi sembra essere un contorno, il calcio femminile, che nel progetto della SuperLega sembra avere un ruolo tutt'altro che marginale. La sostenibilità finanziaria del progetto passa dal principio di solidarietà, si parla di un importo minimo di 400 milioni di euro all’anno ai club non partecipanti, per la solidarietà di base e le cause sociali –  che sarebbe più del doppio del contributo proveniente dalle attuali competizioni europee per club – dovrebbe raggiungere questo obiettivo.

Sarà un manifesto fumoso, che finirà nel nulla? La sensazione è che indietro non si torna e che c'è la fermezza e la volontà di disegnare un nuovo modello per il calcio, una nuova architettura, che rivoluzionerà l'esistente ma alla fine altro non sarà che una "guerra" tra i signori assoluti del calcio.
Due regni, uno in fase calante, ed uno nascente, una battaglia feroce, che rischia di seminare macerie piuttosto che un nuovo calcio?