Quando nel 2019 da allenatore in seconda divenne il primo allenatore dell'Udinese, ci furono diverse perplessità in casa friulana. Si pensava all'ennesima operazione al risparmio dei Pozzo, ultimamente criticati in eccesso, eppure vanno diritti verso quota 30anni consecutivi dell'Udinese in A. Questo pare essere l'obiettivo minimo a cui si punta. L'Udinese ha uno degli stadi più belli d'Italia, ci furono battaglie vivaci, enormi, per il cambio del nome, da stadio Friuli a Dacia Arena, una rivoluzione, anche se per i tifosi e anche nelle telecronache o radiocronache è e rimarrà sempre solo stadio Friuli.

Ma ritorniano su Gotti. Da allenatore in seconda a primo allenatore dell'Udinese. Negli ultimi anni Gotti era stato secondo di Donadoni, a Parma e Bologna, di Sarri al Chelsea e poi di Tudor. Ha salvato l'Udinese e quest'anno ci riprova. La squadra è da metà classifica per il potenziale che avrebbe e se la giocherà fino alla fine. Ma quello che colpisce di Gotti è il suo modo di fare. Un gentleman del calcio italiano e di persone così nel calcio servivano e serviranno. Lui non è solo un mister, ma fa parte della squadra, è uno del gruppo. L'allenatore è sempre il primo a cadere, a volte l'unico capro espiatorio, anche perchè non si possono mica cambiare tutti i giocatori in squadra nella stagione in corso. La sua panchina è altalenante, dopo gli ultimi risultati tenaci contro Atalanta e Inter sicuramente ha un passo in più dentro l'Udinese che fuori dal progetto friulano. 

Quella di Gotti è una bella storia, bella storia di calcio, pochi allenatori in seconda hanno avuto l'onore e l'onere di guidare per due stagioni consecutive la prima squadra in A. Una promozione sul campo, conquistata sul campo, cose che non si vedevano nel calcio da tempo immemore.