12-9-1993

Caro Diario, oggi pomeriggio ho debuttato in serie A! Non mi pare vero. Sento ancora addosso l’andrenalina e l’emozione di questa fantastica giornata. Sicuramente stanotte non dormirò. E ci mancherebbe! Già il fatto che mister Trapattoni mi abbia convocato per la prima volta, non potrò mai scordarla. Io che sono un tifoso juventino fin da bambino.
Un sogno. Il mio sogno. Tutti mi hanno accolto bene, dai veterani all’ultimo arrivato.
Devo dire che fa effetto avere vicino un mito come Roberto Baggio. Lui è un campione, ha sempre un sorriso e una battuta per tutti. Prima di partire per lo stadio, il mister ci ha convocato per la riunione tattica, e io ero molto curioso di capire gli schemi e le indicazioni del Trap. Vedevo i miei compagni attenti e concentrati su quello che dovevano fare.
Durante il tragitto in pullman verso lo stadio Zaccheria, non volava una mosca. Il mister, con lo staff, erano seduti davanti, mentre i compagni avevano già i loro posti assegnati. Io stavo seduto vicino a Francesco Baldini, mio coetaneo, e anche lui come me è stato acquistato quest’estate. Quando con il pullman ci stavamo avvicinando allo stadio, c’era una marea di gente che ci acclamava. Pazzesco! Io e Francesco eravamo stupefatti, mentre i miei compagni si vedevano che erano più abituati a tanto entusiasmo prima di entrare negli stadi. Una volta scesi negli spogliatoi e dopo aver deposto le borse, siamo andati a vedere il campo. Faceva un gran caldo. Lo stadio era ancora abbastanza vuoto, ma per poco. Si sentiva il continuo rumoreggiare, e i primi cori già fuori dai cancelli. Io parlavo poco, però mi piaceva stare lì ad ascoltare gli altri. Andy Moeller e Jurgen Kohler parlavano tedesco tra di loro, con Julio Cesar che stava ascoltando in silenzio.
Chissà se stava capendo. Angelo Peruzzi, Sergio Porrini e Fabrizio Ravanelli stavano vicini tra di loro con le braccia incrociate che osservavano gli spalti. Io stavo nel gruppo con Angelo Di Livio, Antonio Conte, Moreno Torricelli, Roberto Baggio e Giancarlo Marocchi. Ogni tanto qualcuno abbozzava un sorriso, perché Angelo, che è arrivato dal Padova insieme a me, è un guascone. E’ come un fratello. Nonostante abbia 8 anni più di me, siamo entrati in sintonia e abbiamo fatto subito amicizia. Dopo pochi minuti, entrarono sul terreno anche i giocatori del Foggia. Vedo per primo Giovanni Stroppa, quello che ha segnato nella Coppa Intercontinentale tre anni prima. Chissà come deve esser stato giocare insieme a Van Basten, Gullit, Baresi, Maldini e tutti gli altri.
Mi sarebbe piaciuto fargli qualche domanda, ma non mi sembrava il caso di disturbarlo. C’è anche Bryan Roy, l’attaccante olandese. Lui viene dalla scuola Ajax. Quelli sì che son forti.

Il loro allenatore, Zeman, entrò con la sigaretta in bocca. Mi piace un sacco il suo modulo di gioco. Sa valorizzare gli attaccanti come nessun altro. Mi piacerebbe averlo come allenatore un giorno. Quando stavamo per rientrare, l’afflusso di gente stava iniziando a riempire le gradinate. Negli spogliatoi, quando il mister ha detto i numeri di maglia, pronunciando per ultimo “Sedici Del Piero”, ha cominciato a battermi forte il cuore. Ma non volevo darlo troppo a vedere.
Ero in mezzo a campioni. Sai che imbarazzo? Tutti si cambiavano in rigoroso silenzio. Il mister andava un po’ da tutti per dispensare consigli e pacche sulle spalle. Io ero troppo occupato a guardare gli altri, che mi sono cambiato per ultimo praticamente. Mentre i titolari si affrettavano ad andare in campo per il riscaldamento, noi panchinari siamo rimasti ancora un po’ nello spogliatoio a parlare, e poi ci siamo avviati verso il tunnel che conduceva al campo.
Lo stadio era stracolmo. Io non sapevo più dove guardare. Ogni posto era gremito. E mancava ancora mezz'ora abbondante. Mi sono messo a fare dei palleggi con Massimo Carrera, e nel frattempo guardavo i compagni che facevano esercizi di streching. Ad un quarto d’ora dall’inizio, il massaggiatore richiamò tutti per andare negli spogliatoi a prepararci. L’arbitro fece l’appello, e appena se ne andò facemmo un bell’urlo di carica. Eravamo pronti per andare in campo.
Nel tunnel, qualcuno dei nostri si saluta e si abbraccia con i giocatori del Foggia. Sopratutto Roby, che era il capitano. Insieme agli altri mi sono accomodato in panchina, vicino a Michelangelo Rampulla, il secondo portiere. Il Foggia partì lanciatissimo, e dopo pochi minuti l’arbitro annullò un gol a Roy. Meno male!
Il Trap tirò un sospiro di sollievo e cominciò con i suoi fischi. Devo dire che dal vivo sono tutta un’altra cosa rispetto alla tv. Sentivo gli insulti dei tifosi del Foggia dietro la nostra panchina, per il gol non dato. Roberto Galia, uno che è in squadra da 6 anni, sorrideva. “Non farci caso Alessandro, è la normalità.”
Poi eravamo già pronti a esultare, quando Roby davanti a Mancini si fa parare un tiro da distanza ravvicinata. E poco dopo anche Antonio si è divorato un gol a porta praticamente vuota.
Eravamo partiti malino, ma poi c’eravamo ripresi.

Finirono i primi quarantacinque minuti, e il Trap scappò subito negli spogliatoi. Noi intanto ci siamo messi a fare dei passaggi. Massimo Carrera mi ha detto che in tribuna c’era anche il presidente Boniperti. E mi ha raccontato di uno schetch che aveva fatto a loro a Maggio, dopo la partita che avevano perso 5-1 a Pescara nella penultima di campionato. S’incazzò talmente tanto per la figuraccia, che aveva deciso di togliere 25 milioni a testa, dal premio per la Coppa Uefa vinta appena due settimane prima. Mi ha detto che sui soldi con lui non si scherza e non te l’ha dà mai vinta.
Nel frattempo vedo i compagni che rientrano e noi ci sediamo. Nonostante erano quasi le cinque, il gran caldo me lo ricordo bene. Baggio si era involato verso la porta e stavolta ho pensato che era fatta, invece Mancini gli intercettò la palla.
Ero già pronto ad abbracciare i compagni in panchina. Invece, poco dopo, il Foggia segnò con Roy. Lo stadio era una bolgia. Il Trap sbuffava nervosamente. La stessa gente che dietro la panchina ci insultava per il gol annullato nel primo tempo, adesso in piena euforia aveva raddoppiato le offese. Mentre sono intento ad osservare il gioco, sperando nel pareggio, sento la voce del Trap: “Alessandro scaldati dai”. Non ci potevo credere. In fretta e furia mi sono tolto la tuta e ho cominciato a correre. Con la coda dell’occhio vedevo la gente che mi guardava e diceva qualcosa, ma non ci facevo caso. Ero troppo concentrato su quegli attimi incredibili e su cosa dovevo fare in campo. E cosa assurda, mi perdo anche il gol del pareggio.
Ravanelli segna mentre stavo facendo gli scatti verso la nostra porta. Porca miseria! Il mister, dopo pochi minuti, mi richiama e ordina di venire lì per il cambio. Mi levo velocemente la casacca e sento i compagni della panchina che mi incitano.
Il mister mi ha detto che mancavano 16 minuti e dovevo dare il massimo in attacco, che qualsiasi palla era da sfruttare e dare fastidio ai difensori.
Quando vidi Fabrizio venire verso di me per la sostituzione, mi vennero in mente, in poche frazioni di secondi, mille ricordi di partite disputate da piccolo, in cui immaginavo di giocarle con la maglia della Juve e facevo finta di essere nei grandi stadi.
E ora era diventata realtà.
Appena metto piede in campo, anche Roby mi incita a far il meglio possibile. Ho toccato un paio di palloni con qualche passaggio. Speravo mi arrivasse una palla buona per creare un’occasione, invece la partita finì così.
A differenza di alcuni miei compagni, non ho scambiato la maglia con nessun avversario. Metti caso che a fine stagione mi cedono, almeno me la tengo come ricordo dell’esordio in Serie A.
Il mister mi fa i complimenti. Non ho giocato molto, ma credo che siano sinceri. Volevo ringraziarlo per avermi messo in campo, ma mi sembrava eccessivo. Dopo che ci siamo cambiati, vedo che Trapattoni, Baggio e Ravanelli vengono intervistati dai giornalisti delle grandi testate giornalistiche. Li guardavo con ammirazione, sperando un giorno possa accadere anche a me. Prima di salire sul pullman ho chiamato mamma, papà e mio fratello Stefano, e sento che sono emozionati. Più di me, mi sa.
In pullman, prima di prendere posto vicino a Francesco, Roby mi dice “Bravo Ale, continua così che sarai dei nostri fisso. E magari segnerai a breve.” Io ho abbozzato un timido sorriso. Già aver giocato con loro era un sogno, se dovessi anche segnare non so cosa farei. Ma ora meglio non pensarci e farmi una bella dormita.


Io me lo sono immaginato cosi, quel Suo giorno.
Chissà se lui, ventisei anni dopo, poteva immaginarsi tutto il resto.