La mia famiglia arrivò alla grande Milano, sogno di tanti, nel 48. Veniva da Alessandria. Proprio dalla terra di Rivera.
Agli inizi degli anni 50 più o meno decenne il calcio non mi interessava affatto. La scintilla scocco' nel gennaio del 54 quando la RAI trasmise per la prima volta una partita della Nazionale. Italia-Egitto a San Siro con goleada azzurra. Vuoi per il mio spiccato senso patriottico, vuoi perché rimasi affascinato dal gioco, da allora il calcio è diventata passione ma anche lettura appassionata dello scrivere di calcio in particolare dello stile particolare e delle convinzioni tattiche di Gianni Brera.

Visto l'effetto, mio padre sempre tifoso dei suoi "grigi", ma essendo a Milano mi porto' allo stadio, proprio all'inizio del campionato 55/56. Poiché non era tifoso di Inter o Milan, molto democraticamente mi portò alla prima dell'Inter 18 settembre 55. Vittoria agevole interista sul Novara. Niente di entusiasmante per me. Succede.
La domenica successiva ancora allo stadio. Milan Samp. Goleada milanista. Stravolgimento emotivo. Chissà. Mi piacque moltissimo la maglia della Samp, ma mi prese quella maglia a righe, ma mi prese il pubblico. Totalmente diverso da quello della domenica precedente e allora capii che cosa voleva dire essere un "casciavit" oppure un "bauscia". Bauscia nel dialetto meneghino vuol dire sbavare ma anche assumere un atteggiamento spaccone, un poco gradasso. Il pubblico del Milan, usando un termine "ex-post", era decisamente "multietnico". Non si sentiva molto la parlata milanese e una certa ostentazione del dialetto. Molti avevano accenti del meridione, milanisti di affezione e quindi meno elitari dei tifosi interisti, più provenienti da classe agiate direi più  autoctone che abitavano, anche logisticamente all'interno della cerchia dei Navigli. Noi eravamo i "casciavit" appunto, operai, artigiani, non ancora quella "middle class" che esplode agli inizi degli anni '60 e che ha mescolato per sempre le carte.
Vivevamo in Piazza Firenze. Quando arrivammo a Milano c'era ancora una casa bombardata accanto alla nostra e quella era periferia con vicino la fabbrica dell'Alfa. Era anche l'origine della società calcistica Inter a stabilire una nascita più elitaria e progressista direi, tipica di un voler fare impresa e allargare gli orizzonti. L'Inter nasce da una scissione di soci milanisti che si oppongono alla maggioranza di limitare l'ingresso di altri giocatori stranieri. Una vocazione appunto Internazionale, e così si chiama, ante litteram.

Ma vengo a quel '58, il primo dei miei 10 anni da "cascivit".
Grandissima squadra quel Milan. Arriva José dal Brasile 58 che vedo alla TV, incantato, distruggere una Svezia di grandi campioni, molti del nostro Campionato. Nel Milan José trova grandi giocatori come Cesarone Maldini, Schiaffino straordinario e sopraffino uruguagio, Buffon, Grillo instancabile motorino argentino, Danova ala veloce di ottima classe ma anche Liddas reduce dalla sconfitta mondiale e Carletto Galli da poco giunto in scambio con Nordhal. Ma ci sono anche gregari ottimi, come Bean e Occhetta ed il primo dei grandi terzini sinistri iconici, un fluidifucante dalla falcata potente purtroppo non ottimale nel tiro, Zagatti uno dei pochi milanisti a vita.

Epica in quel campionato la lotta con la Viola, proprio come stasera. Allora al Comunale li battiamo 2 a 0, gol di José e Danova.
È una sfida decisiva che ci porta a vincere. Brera racconta la partita e la inserisce nelle sue 63 partite da salvare. Consiglio di recuperare quel libro, per chi oltre che tifoso vuol anche gustare il gioco fatto dagli avversari. E che viola! Campioni come Sarti, Robotti, Chiappella, Hamrin, e il divino Montuori la cui carriera fu stroncata da una pallonata presa in allenamento, giocatore di classe limpida e sopraffina.

Sono legato a questo decennio di "casciavit", sicuramente meno fulgido e straripante del Milan Berlusconiano, ma quello aveva il gusto di essere un "casciavit" che poi si è  perso completamente.
Foto omaggio per quella Fiorentina e per il suo giocatore straordinario.