Salve, sono Gian Luigi, tifoso milanista. Oggi non mi dedicherò ad analizzare risultati o andamenti di queste ultime settimane calcistiche, ma vorrei riflettere insieme ai lettori di come il calcio è mutato negli ultimi 30 anni. 

Ho l'età di quasi 36 anni ed ho iniziato a seguire le partite di calcio nella stagione calcistica 96/97, all’età di 12 anni con esattezza. In quegli anni per poter vedere in diretta la propria squadra e non si doveva andare allo stadio, infatti raramente nelle case degli italiani vi era un abbonamento con qualche piattaforma Televiva. Le reti televisive in questione erano “Telepiù” e “Stream” (dal 97), e solo i bar o locali generalmente avevano un abbonamento con tali società, sia per motivi legati alla passione calcistica, sia per accaparrarsi  una maggiore quantità di clientela. Inoltre ogni abbonamento riguardava una sola squadra, ragion per cui esso era tendenzialmente legato alla squadra della propria regione o provincia. Il metodo alternativo per poter seguire (non vedere) le partite, era quello di ascoltare le partite alla radio, metodo ancora oggi esistente, ma che allora abbracciava una grande porzione di utenze. Era bello vedere nelle piazze, negli oratori o in altri ritrovi, gruppi di amici esultare per un gol e ascoltare tutti insieme con grande concentrazione la partita/le partite alla radio. Quante radioline avrò visto volare per aria ed in seguito distrutte in seguito di un’esultanza... bei tempi!

Al momento attuale è un dato di fatto che in Italia il tasso di disoccupazione è molto alto e che il benessere economico è sminuito drasticamente rispetto al passato. Quindi  a questo punto una domanda mi sorge spontanea. Come mai oggigiorno la maggior parte degli italiani spende per potersi vedere le partite? Anche io ho effettuato tali sottoscrizioni, ma mi sono reso conto che spesso e volentieri dovevo addirittura rinunciare a qualche bene di prima necessità, come frutta e carne per esempio. Ma è giusto tutto questo? 

Ora abbiamo Sky, Mediaset Premium e Dazn, che permettono di poter addirittura vedere quasi tutte le partite, infatti esiste anche il cosiddetto “calcio spezzatino”, utile a fare tanti ascolti, ma a parer mio velenoso e capace di porre in disaccordo anche le stesse società di calcio. A differenza del passato non è più possibile emozionarsi, sperare o arrabbiarsi in contemporanea per i risultati di tutte le squadre (in quegli anni vi era il solo posticipo domenicale). Facendo una personale analisi mi sembra di constatare che abbonamenti, sponsor, bazar, ecc. abbiano  permesso di triplicare, se non quadruplicare, ingaggi e stipendi di dirigenti, allenatori, calciatori, direttori sportivi e così via. Non è più possibile vedere un giocatore che come Filippo Inzaghi o Alex Del Piero quasi quasi piangevano per un gol. Inoltre si è aggiunto il VAR, utile (forse) a risolvere le dubbie controversie calcistiche. Ma quanto era bello aspettare la moviola la sera per poter vedere in TV se quel rigore c’era o meno, o se vi era il fuorigioco o no? La tecnologia è molto utile, ma prima si era abituati ad un CALCIO NATURALE. Il calcio, sempre a parer mio, sta divenendo sempre più elettronico. 

Oggi un tifoso deve convivere col fatto che probabilmente un giocatore starà nella propria squadra del cuore solamente di passaggio; non sarà più possibile vedere giocatori rifiutare offerte di stipendio monstre, solamente per l’attaccamento alla maglia. Forse però la colpa è proprio mostra, di noi tifosi accaniti, che solo per poter vedere, amare e seguire la nostra squadra in diretta abbiamo creato una sorta di circolo vizioso e abbiamo trasformato il calcio in un bene di prima necessità. Intanto noi ci vuotiamo le tasche e loro fanno la bella vita...