A chi non è mai capitato di imbattersi nel fascino di un latin lover, ossia di colui che ama farsi piacere, che seduce le donne, che le vizia, fino a quando non dice basta. Le donne lo adorano e gli uomini lo invidiano, anche se i maschietti generalmente, prima di giungere alla donna giusta, hanno il vizietto di imbattersi nelle braccia di diverse amanti.  Il Don Giovanni è colui che si mostra romantico, colui che scrive sempre, che ama, che adora e che farebbe di tutto per raggiungere la sua amata; ed una volta conquistata la preda (si scusi il poco francesismo) scompare come se nulla fosse, con stile ed eleganza ovviamente. Il donnaiolo può ricadere a sua volta in alcune sottocategorie, ossia: narcisista, compulsivo, spirito libero, Peter Pan o lupo (quest'ultimo chiamato così, poiché codesto animale è famoso per l'abitudine di perdere il pelo ma non il vizio). Ma cosa si cela dietro l'aspetto tenebroso e complesso del desiderato amante dal cuore freddo?

Tale quesito sicuramente non se lo sono posti solamente dei semplici comuni mortali; infatti hanno dedicato tempo e studi anche diversi studiosi. Tra questi ultimi possono essere annoverati un certo Sigmund Freud, Otto Rank, Jonathan Miller, Giovanni Macchia e altri ancora. Non si starà qui a raccontare tutte le definizioni ed ipotesi che sono state proposte per la risoluzione del citato complesso psicologico. Le due analisi più interessanti sono senza dubbio quelle del filosofo (e chi più ne ha più ne metta) Freud e del neurologo Jonathan Miller.​ Per il primo la sindrome del Don Giovanni è racchiusa nella caratteristica dell'uomo sadico che non ha superato la fase edipica; invece per il secondo il problema, maschile o femminile che sia, è causato da un'angoscia di fondo, da un vuoto che bisogna in qualche modo colmare e da una rivalsa contro un'ingiustizia sociale od individuale, destinata tuttavia alla sconfitta.

Ora i lettori si staranno annoiando, poiché una domanda sorgerà loro spontanea: tutto questo cosa c'entra con il calcio? Forse sarà mia pazzia, forse no, eppure credo che possa essere compiuto un buon parallelismo tra i giocatori e le squadre in cui militano. Quante volte avremmo pensato: quel calciatore è mercenario; si sposta solo per i soldi, non gli frega nulla della maglia e cose simili. Per carità! Sono tutti pensieri giusti, o perlomeno, si può dire che sono pensieri che non possono essere considerati sbagliati

Però anche i Don Giovanni amano. Quanti uomini avranno visto tantissime ragazze, per poi abbindolarsi davanti a quella ragazza che per loro non è come le altre, che cattura il loro cuore; che per loro vale la pena di fermarsi. Improvvisamente divengono fedeli, hanno occhi solo per lei, la amano e non vogliono più andar via, vogliono stare lì accanto alla loro principessa, per tutta la vita. Ciò non è possibile per un calciatore, perché quest'ultimo al massimo può stare in una squadra solo fino a fine carriera, ma ciò non gli proibirà di amarla per tutta la vita. 

Ecco che ora penso che a molti di coloro che stanno leggendo, è subentrata nei loro pensieri la figura di un calciatore, che sicuramente ha girato diverse squadre, ma che quando è giunto ai piedi della squadra rossonera, ne ha subito il fascino e se ne è innamorato per sempre; proprio come un Don Giovanni che quando trova la donna giusta, resta catturato dagli occhi della sua futura amata. Eh si, tutti o quasi avranno pensato di sicuro al Leone di Malmoe. Una volta giunto ad alti livelli ha indossato la maglia di diverse squadre, Ajax, Juventus, Inter, Barcellona, Milan, Paris Saint-Germain, Manchester Utd, L.A. Galaxy per poi tornare alla sua vera amata: l'affascinante Milan. Proprio come succede a molti donnaioli, quando decidono di smettere di dedicarsi a più donne, per amarne solamente una, spesso la vita gli restituisce indietro i mali compiuti. Era l'estate del 2012 e la squadra meneghina dopo un campionato tutt'altro che fortunato (si pensi al gol/no gol di Muntari), si posizionò seconda; inoltre la posizione finanziaria della società, compresa quella del suo allora presidente, era davvero critica. La soluzione fu proprio quella di vendere il brasiliano Thiago Silva e lo svedese Zlatan Ibrahimovic. Ebbene sì, dopo che il gigante buono era stato sedotto e amato, venne in fretta abbandonato dalla sua amata. Non servirono nemmeno le promesse di Adriano Galliani, che fino all'ultimo gli promise la non cessione. Ibra ci rimase male, non parlò per un bel periodo con l'ex amministratore delegato e dovette cucirsi le ferite per poi ripartire.

Tutti i milanisti videro le reazioni di Ibra e videro soprattutto i suoi stati d'animo. Stava andando in una squadra superiore (per il denaro che poteva spendere) che poteva investire sul mercato; eppure non era contento. Voleva continuare a stare con la propria amata. Quindi penso, e credo che come il sottoscritto lo pensino tanti altri milanisti, che Zlatan nella sua lunga carriera si sia innamorato veramente di una sola squadra, il suo Milan. Ha sempre continuato a parlarne; il suo ritorno è stato sempre accostato ai colori rossoneri fino al suo ritorno. Una volta giunto a destinazione, da subito ha preso in mano le redini per onorare la sua amata e per cercare di portarla ai fasti di un tempo; quindi non è un'eresia dire che il dio Zlatan si sia allungato pure la carriera. Il suo amore sta dando in lui quegli stimoli che gli permettono di non fermarsi, che gli suggeriscono di allenarsi intensamente perché forse solo lui in questo momento può dare brio, adrenalina, cuore e motivazioni ad una squadra ancora giovane senza una guida spirituale. Non è un caso che con lui il cammino dei rossoneri si sia invertito e che tutti gli uomini comincino a pensare diversamente, come l'allenatore del resto.

Riprendendo il titolo si potrebbe benissimo azzardare una dolce definizione: Anche Zlatan sa scegliere la sua squadra. Ma fortunatamente una squadra può essere amata da più calciatori, che insieme possono combattere per un fine comune. Ora si sa benissimo che il calcio è cambiato rispetto al passato e che il dio denaro sa offuscare menti e tasche anche dei giocatori più sensibili. Quindi la rosa milanista non avendo una base composta da tanti campioni, deve appunto cercare un ingrediente magico che possa sopperire ai limiti presenti. Fortunatamente oltre ad Ibrahimovic, sia top player che innamorato della squadra, vi è un altro campione che sembra anch'esso spasimante della squadra meneghina, ossia Gigio Donnaruma, che spesso è entrato in crisi sia per le ricche offerte ricevute, sia per il rischio di una carriera che non gli possa permettere di vincere nulla; in effetti il Milan è da anni che è in caduta libera. Però è rimasto a lottare con la squadra e a cercare di dare tutto il possibile per poter risalire con essa in alto. Qui si deve aprire una parentesi; anche un campione, come una fidanzata, va saputa coccolare e saputa tenere; chi ha orecchie per intendere intenda. Poi degli altri giocatori, ancora mi pongo degli interrogativi e mi prendo tempo per riflettere. Vedo giocatori giovani, che a parer mio non sono ancora stati messi in condizione di poter scegliere poi così tanto di meglio. Una brezza al cuore mi giunge sempre quando leggo le parole d'amore del francese, ex Milan, Bakayoko. Sveglia Milan, sono questi i giocatori che devi prenderti e tenerti stretto. Poi non è che si sta dicendo che devono essere presi tutti quelli che amano la squadra, altrimenti dovrei essere tesserato anche io; ma non si discuta la forza del calciatore di origini ivoriane.

Per il resto, dopo tante smancerie ne approfitto per salutare tutti i cuori rossoneri, sperando di poter finalmente rivedere un mercato all'altezza che possa finalmente far sentire, sia a noi che al mondo, che il Milan sta tornando. Un abbraccio.