Sta facendo discutere il rinnovo di Ibra in rossonero. E la discussione non è campata in aria, visto che si tratta di un giocatore dalle indubbie qualità, ma anche oltre la quarantina. Non solo, ma è un giocatore reduce da un infortunio al ginocchio di quelli che, a volte, fanno chiudere la carriera ai ventenni. Le discussioni, tuttavia, al di là delle sostanza di ogni posizione, mi sembrano partire da un presupposto non corretto ovvero che il Milan abbia prolungato il rapporto con il calciatore, in quanto calciatore.

Quando, ed era la fine del 2019, i rossoneri si accordarono con Ibrahimovic, pensavano al calciatore, ma ci vedevano già, soprattutto Boban, l'uomo in grado di tenere insieme un gruppo ancora molto acerbo.

Ibra non è assolutamente facile da gestire per un tecnico e se ne accorse Guardiola parecchi anni fa, che pure lo aveva voluto a ogni costo al Barça. Lo stesso Rangnick non era entusiasta di allenare lo svedese. Per un allenatore, in sostanza, allenare Ibra è come allenare un dirigente che, nella migliore delle ipotesi, è un suo pari grado.

Non considerate il lato guascone del suo carattere, che è comune ad altri fenomeni del calcio come Maradona e George Best. Questi due, però, non hanno saputo gestirsi al meglio nella vita privata, pur essendo dei genietti del pallone. Ibra lo fa benissimo. Ibrahimovic a 42 anni non è ancora stanco di andare a letto presto, tenersi a dieta e allenarsi come un ragazzino che vuole fare carriera. Non è poi affetto da ansia sociale, perché ama fare gruppo, di cui comunque deve essere il leader, il punto di riferimento irrinunciabile.

L'avete capito, credo, che stiamo parlando di un team manager, sia pure sui generis. Un po' ingombrante, ma di un certo qual carisma. Parliamo di uno che vede la squadra come un gruppo che rema nella stessa direzione e che può anche vivere senza problemi in un mondo fortemente influenzado dai social, a patto però di non perdersi oltre il lecito nella giungla delle community, dei tweet e dei post.

Il Milan, al di là del fatto che Boban non sia più in società da tempo, vede nello svedese il team manager che, a contatto ogni giorno con i compagni, li guarda negli occhi e li tiene in riga. Lo farà ridendo e scherzando certo, come Pulcinella che, con questa tecnica, diceva la verità. Ma li terrà in riga. Il progetto è questo, insomma, anche se, come per l'innesto di un giocatore o un progetto tecnico, solo l'attuazione pratica dirà se l'idea è valida, oltre che affascinante sulla carta. Perché si gioca sui prati, magari sintetici, ma sempre sui prati e non sulla carta.

C'è anche un risvolto di immagine, nell'operazione. In un mondo, quello contemporaneo, che vive molto di immagine, lo svedese è l'uomo che ha vinto tanto, ma che è rimasto legato al Milan, tanto da tornarci e finirci la carriera. Di certo è un contraltare di Donnarumma, che ha dato l'impressione di lasciare i rossoneri come se scappasse da una prigione.

Non sforzatevi di analizzare l'aspetto tecnico del rinnovo. Non è inesistente, ma è secondario. Il Milan ha capito che Ibra si diverte ancora tanto a fare il calciatore e. per attrarlo verso il ruolo di team manager, ne farà un... team manager giocatore. Nel calcio britannico c'è la figura del giocatore che fa anche l'allenatore e il ruolo del giocatore svedese non se ne discosterà molto nello spirito.

Se mai, i fatti degli ultimi giorni rivelano perché il Milan è così lento nel trattare De Ketalaere con il Bruges. Lo testimonia il modo poco elegante con cui il Brugge ha rimandato Muriqi alla Lazio, dopo essersi accorto che 12 milioni di prezzo erano troppi. Il Bruges, infatti, sta dimostrando di essere un mercante all'antica, di quelli che trattavano in piazza gli affari e pesavano le monete per controllare che non fossero state limate. Secondo un' antica pratica, infatti, spesso le monete venivano limate per toglierne un po' di oro e, pertanto, i mercanti esperti le pesavano. Quando erano più leggere, pretendevano un sovrapprezzo. Del resto, la borsa valori è nata proprio a Bruges, nella piazza che fronteggiava il palazzo della famiglia De Bourse (alla francese) o Van Der Bourse (alla fiamminga). Lì mercanti e banchieri (il nome viene proprio dal banchetto su cui tenevano la pesa per le monete) si davano appuntamento da tutto il continente per trattare affari di grande importanza.

In sostanza, se i tifosi si chiedono cosa aspetta il Milan ad accontentare la squadra belga, alzando la posta fino ad accontentare richieste del venditore, dovrebbero anche capire che, una volta arrivati a quella cifra, il Bruges potrebbe dire: "Ma questo non era quello che chiedevo! Era quello che offriva il Leeds, a cui non lo avevo mica venduto.". Comincerebbero a chiedere la percentuale sulla rivendita, ma anche, non so, pranzo gratis al Savini di Milano per un certo numero di anni almeno una volta alla settimana e per tutta la dirigenza fiamminga. Forse altro ancora E' una trattativa complicata, che è stata impostata nonostante la consapevolezza di quanto sia rognosa la controparte, perché il giocatore piace molto. Da mercante di piazza all'antica, qual'è per tradizione cittadina, il Bruges potrebbe rivelarsi in qualsiasi istante davvero imprevedibile. E letale come gli scorpioni coi loro proverbiali colpi di coda.

Per passare ai rivali cittadini, i fatti stanno svelando poco a poco il bluff interista dei primi giorni di mercato. Partita subito, l'Inter ha preso Lukaku a condizioni molto onerose. Il prestito, infatti, avrà un costo e i nerazzurri si accolleranno per intero l'ingaggio monstre del belga (nonostante si sia cercato di far passare la vulgata che Lukaku si era ridotto le prebende). Fra un anno  l'Inter dovrà ricontrattare tutto, dal momento che si tratta di un prestito secco,  o ripartire da capo cercando altri attaccanti. Ha preso Bellanova e Asslani (acquisti del calibro di Adli e Pobega). ma non è riuscita a prendere Dybala, perché aveva già dovuto liquidare Vidal per mandarlo via, ma non è ancora riuscita a fare altrettanto con Sanchez. Inoltre, sta perdendo tempo su Bremer, per il quale c'è un'azione di disturbo molto forte della Juventus. I nerazzurri stanno perdendo tempo, infatti, perché pensavano di vendere Skrinjar per 70 milioni e il Psg non ne offre più di 50, visto che conosce le difficoltà economiche dei nerazzurri. Se non vendesse Skrinjar a 70 o anche a 60 milioni, l'Inter non potrebbe pagare Bremer 40 milioni. Che senso avrebbe? Privarsi di uno bravo già inserito per prenderne un altro, se pure bravo, che costa poco meno? L'Inter resta favorita su Bremer, perché c'è l'accordo col giocatore che la Juventus, invece, deve ancora trovare, ma l'affare si sta prolungando come le trattative del Milan per Sanches e per De Ketalaere.

In tal senso, fa bene la dirigenza del Milan a procedere senza guardare ciò che viene sbandierato sull'altra sponda del naviglio. Non è tutto ottone quello che luccica, vero, ma non è neanche tutto oro e c'è una certa rilevante quantità del vilissimo ottone.

Nel calcio mercato ci vuole tempestività, che è l'esatto contrario della fretta. Tempestività vuol dire cogliere l'occasione quando c'è, non buttarsi allo sbaraglio come il 600 della brigata di cavalleria leggera a Balaklava.