Tutti che parlano di Cristiano Ronaldo, Messi, Maradona, Pelé, sicuramente delle stelle del calcio che non verranno mai dimenticate, e che saranno sempre presenti nella memoria di questo sport.
Ma siamo sicuri che se questi signori fossero e fossero stati dei portieri sarebbero ricordati come lo sono ora? Siamo sicuri che se avessero svolto la loro mansione calcistica tra i pali avrebbero ricevuto così tanti premi e riconoscimenti? La risposta, come ci insegna la storia, i vari palmares degli atleti che hanno ricoperto questo ruolo, è no.
 

Da quello che si evince ancora oggi è che il campione, la stella che brilla più di tutte le altre dieci della formazione, è sempre l'attaccante. È paradossale il fatto che il Calcio sia uno sport di squadra, ma ad essere sempre sulla bocca di tutti, commentatori sportivi, tifosi, testate giornalistiche e tutto il mondo che ruota attorno al Football, siano sempre i giocatori che hanno un ruolo offensivo nel rettangolo di gioco. Tutto un tratto è come se il merito della vittoria di un Team in una partita sia solo merito di un giocatore, gli altri sono considerati uno sfondo.
Da una parte è comprensibile tutto questo, perché sono i cosiddetti Bomber, quasi sempre, ad insaccare la palla in rete, e nel calcio conta molto questo, anzi è lo scopo primario di questa disciplina. Ma non bisogna dimenticare che nello sport, come nella vita, il frutto di un successo è il risultato di una cooperazione, di vari elementi, di un mix di diversi fattori che produce un determinato risultato. Nella vita diventiamo ciò che siamo sicuramente per merito nostro, ma anche per le persone che ci circondano fin dalla nascita e ci accompagnano nella nostra formazione e percorso di crescita come individui, come attori sociali. Lo stesso vale per la costruzione di un edificio, per la produzione di un telefono, potremmo fare centinaia di esempi ma la sostanza sarebbe la stessa.
Per tornare al discorso calcistico, bisognerebbe cominciare ad investire di più nel riconoscimento del merito anche per gli altri componenti della squadra, uno su tutti è il ruolo del portiere

Vediamo ora, in un breve resoconto, quanta importanza e riconoscimenti sono stati attribuiti negli anni ai portiere ritenuti i più forti al mondo ( ai livelli di CR7, Messi, Pelé e Maradona per intenderci): 
Lev Yashin: nella sua carriera di sportivo si è distinto anche nell’hockey su ghiaccio, ma è nel calcio che ha trovato la sua fama mondiale: Yashin è il portiere più forte di sempre, e lo dice il fatto che è ancora oggi l’unico estremo difensore ad aver vinto il Pallone d’Oro.
- Gordon Bancks
: viene definito come il "miglior portiere ad aver mai difeso i pali dell’Inghilterra", e per spiegare questa affermazione basta dire che nell’unico Mondiale vinto dall’Inghilterra (1966) tra i pali c’era proprio lui.
- Dino Zoffil mitico Dino Zoff è stato senza ombra di dubbio uno dei portieri più forti della storia. Dopo le esperienze con Udinese e Mantova ha militato per 5 anni nel Napoli per poi passare alla Juventus e chiudere lì la sua carriera, all’età di 41 anni, dopo undici stagioni passate a difendere la porta bianconera. Con la Nazionale ha vinto gli Europei nel 1968 e i Mondiali nel 1982.
-Neuerin carriera ha vinto praticamente tutto, tra Bayern Monaco e Nazionale tedesca. Champions League e Mondiale i suoi trofei che spiccano di più, ma già ai tempi dello Schalke aveva fatto vedere le sue qualità.
-Peter Schmeichel: il danese si è affermato come uno dei migliori portieri della storia del calcio grazie alle sue vittorie con Manchester United e non solo. Di lui si ricorda anche lo straordinario Europeo vinto con la Danimarca nel 1992.
-Sepp Maier: è stata una bandiera tedesca del Bayern Monaco. Con il club ha vinto di tutto, con la Germania dell’Est ha avuto successo nell’Europeo del 1972 e nel Mondiale del 1974.
-Iker Casillas: è stato protagonista di straordinari successi ottenuti tra Real Madrid, Porto e Nazionale spagnola. Casillas sostanzialmente ha vinto tutto ciò che un calciatore può vincere in carriera. Con i Blancos ha conquistato tre Champions League, mentre con le Furie Rosse ha vinto per 4 anni consecutivi su scala internazionale: due Europei (2008 e 2012) e un Mondiale (2010) nella sua straordinaria bacheca.
- Edwin Van Der Sar: egli esplose nell’Ajax, dopo un’esperienza non proprio positiva alla Juventus, l’orange si è imposto in Inghilterra con le maglie di Fulham e soprattutto Manchester United. Con i Red Devils, insieme a campioni del calibro di Schole, Giggs e Ronaldo, ha fatto parte di una delle squadre più vincenti del recente passato.
-Peter Shilton: ancora oggi è il giocatore che è sceso in campo più volte con la Nazionale inglese (125), nel campionato inglese è sceso in campo ben 848 volte (record europeo). In carriera ha raggiunto quota 1000 partite all’età di 46 anni, per poi smettere a quasi 50 anni. È stato un portiere longevo e ovviamente fortissimo, che ha vinto il campionato inglese nel 1978 con il Notthingam Forrest.
- Gianluigi Buffon: secondo vincitore di un Mondiale con la Nazionale italiana: Buffon è una leggenda per i tifosi della Juventus e non, ha fatto gioire milioni di italiani. Super Gigi, all'età di 45 anni non ha ancora appeso i guanti al chiodo, e ancora dimostra di avere riflessi impressionanti con il suo Parma

Da queste excursus si può notare come il ruolo dell'estremo difensore sia stato poco riconosciuto negli anni. Il dato sui palloni d'oro dice tutto, visto che ne è stato assegnato solo uno in tutta la storia. Ma facendo un bilancio delle carriere sopraelencate è lampante che manchi qualcosa...

Lo stesso Gianpaolo Santoro in un suo libro dedicato ai portieri scrisse: "Una vita difficile quella fra i pali, che non conosce mai neanche l’adrenalinica gioia del gol. Anche quando para un rigore (e cioè evita una quasi rete) il merito normalmente non viene assegnato al numero uno. "Rigore parato, rigore sbagliato…" la saggezza popolare del calcio è implacabilmente cinica e spietata. Citazioni che ci danno consapevolezza che è un ruolo strano quello del portiere, ma altrettanto lo è la concezione della critica calcistica, perché? Come espresso qualche riga fa, è solito analizzare l'esito di una partita in termini di meriti e di demeriti: da una parte c'è l'attaccante, che se segna è l'uomo della giornata, il bomber che tutti vorrebbero, ma se non segna e sbaglia viene giustificato con delle scuse tra le più disparate; dall'altra, il portiere, sempre sovraesposto, senza nessuna giustificazione. I suoi errori sono evidenti e spesso gli restano addosso: se para è considerata una cosa normale e ordinaria, se sbaglia invece diventa automaticamente un “paperone” e la colpa, in caso di sconfitta, viene appellata esclusivamente alla sua figura.
Spesso quello che chiede a gran voce la società odierna è di avere un calcio ibrido, sia i termini di gioco, e quindi nella sua peculiarità principale, ovvero la dimensione ludica, ma anche dal punto di vista dei vari membri come quello della direzione del match dove finalmente si stanno raccogliendo i frutti sperati, con l'introduzione di arbitri donne alla direzione delle gare di calcio maschili. 
Ma c'è un altro aspetto che non dovrebbe passare inosservato: rammentare il genere di sport che è il calcio, e quindi di dare valore a tutti i componenti della squadra e di assegnare in alcune stagioni, ove vi siano la giuste motivazioni, dei premi, come il pallone d'oro, a chi lo merita davvero, senza guardare altro.

Ad oggi la concezione che si ha dei numero 1, poiché è questo il numero distintivo, tradizionale, in genere, per gli atleti che indossano i guantoni, come lo è per le leggende che indossano, quasi sempre, il numero 10, è che quel numero sia solo un carattere numerico che figura dietro la maglia, poiché ai fini della valorizzazione individuale possiamo constatare che conta ben poco.
I numeri parlano chiaro? Non sempre!