La Galleria dei ricordi rossoneri

 

I miti che hanno guidato il destino (VI° capitolo)

 

Non è pensabile che una leggenda possa finire. Le vicende storiche del Milan hanno conosciuto momenti in cui ci si è inorgogliti per i risultati raggiunti, ma altre vicende ci hanno portato alla delusione, allo sgomento, ma non per questo dobbiamo abbandonare il nostro entusiasmo e la speranza di ritornare a sorridere. Oggi è un momento brutto per i nostri colori, nuvole oscure si stagliano all'orizzonte rossonero, tanto da considerare sfiduciata la proprietà attuale e la figura di Gazidis demandata a ripristinare il ritorno della nostra gloria e delle nostre tradizioni tra le grandi del calcio.

La passeggiata nella galleria dei quadri d'autore propone in questo VI° capitolo dei nomi che, di diritto, dobbiamo elevarli alla stregua di un mito, capaci di forzare il destino della storia rossonera, primo tra tutti Gianni Rivera, la luce che illuminò sempre il cammino rossonero. I nostri ricordi dunque ci autorizzano a credere che la leggenda rossonera non potrà finire così come si prospetta oggi, verrà il tempo della resurrezione. Nell'attesa che ciò avvenga, esaminiamo i profili dei grandi giocatori contenuti in questo capitolo.

 

 

PATO Alexandre Rodrigues da Silva

 

Quando giunse a Milano nell'estate del 2007, come tutti i Brasiliani di grosso spessore, Pato fece scalpore, poiché era ancora un ragazzo diciassettenne. Nativo di Pato Branco il 2 settembre 1989, il ragazzo brasiliano con un passato di tutto rispetto tra le giovanili vincendo il campionato under 20 e la classifica dei cannonieri disputò la Coppa del mondo per Club. In quella gara realizzò una rete contro la squadra del Al Ahli (all'età di 17 anni e 102 giorni), ciò gli consentì di battere il record di Pelè il quale, segnando il primo goal ai mondiali del 1958, detenne il record per il marcatore più giovane (17 anni e 239 giorni) in una partita ufficiale Fifa. Pato esordì con grande successo in maglia rossonera, mostrando i suoi scatti, i suoi abili dribbling e le caratteristiche progressioni che culminarono il più delle volte con dei gran goal potenti e precisi. Per rispetto dei regolamenti Fifa sull'ingaggio dei minorenni, Pato pur allenandosi regolarmente con i compagni a Milanello, dovette attendere il mercato di Gennaio 2008 per ufficializzare il suo tesseramento. La sua prima partita la disputò a S. Siro contro il Napoli segnando il primo goal rossonero. Esordì pure in Champions a Londra contro l'Arsenal il 20 febbraio. Chiuse la prima stagione di cinque mesi segnando 9 reti in 20 partite. La stagione successiva giocò segnando 18 reti e risultando il miglior marcatore rossonero di quell'anno. Ricordo ancora con emozione i due goal inflitti al Real Madrid allo stadio Bernabeu nell'ottobre del 2009, ma a causa di problemi fisici, Pato chiuse la stagione segnando solo 14 goal. La stagione 2010/2011 fu quella dello scudetto quando in coppia con Ibrahimovic, il brasiliano segnò dei goal importanti durante il campionato, come ad esempio la doppietta realizzata all'Inter di cui il primo dei due goal avvenne dopo 40 secondi dall'inizio. Fu quello il preludio per il successo finale di un campionato vinto con due giornate di anticipo. Stessa cosa avvenne al Bernabeu contro il Barcellona di Guardiola dove il brasiliano segnò una rete lampo. Le successive stagioni si rivelarono fallimentari per i troppi infortuni che funestarono la frequenza in campionato del brasiliano. Costretto a giocare di rado infatti nelle due stagioni 2011/12 e 2012/13 il brasiliano giocò solamente 25 partite in totale e molte delle quali senza poterle completare. La sua carriera rossonera si concluse disputando 5 stagioni e segnando 63 goal in 150 partite.

Il suo palmares in rossonero è il seguente: 1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana

 

 

PIRLO Andrea

Andrea Pirlo classe 1979 soprannominato da alcuni “il metronomo” o anche “il maestro” da altri, fu quel giocatore che fece le fortune della Nazionale, della Juventus, ma soprattutto del Milan. In rossonero Andrea visse il momento migliore della sua carriera dal 2001 al 2011 vincendo tutto. Per la storia del calcio è considerato uno dei migliori registi di tutti i tempi. In SudAmerica gli dedicarono titoli e onorificenze, persino il nome preso in prestito per intitolare una rete televisiva importante la quale trasmette partite di calcio da tutto il mondo: “Pirlo TV”.

Andrea si accostò da bambino al calcio e nella Voluntas di Brescia fu notato da alcuni osservatori che lo portarono tra le giovanili agonistiche del Brescia. Pirlo ebbe sin dall'inizio discrete attitudini di centrocampista nella zona nevralgica del campo. Dal 1992 al 1996 frequentò tutta la trafila delle categorie giovanili fino all'inserimento in prima squadra nel 1995 e giocando con ottimi risultati di rendimento in qualità di trequartista. In occasione del torneo di fine agosto “Memorial Scirea” riservato alla categoria giovanissimi, ammirai un ragazzino quattordicenne dalla tribuna, capace di eseguire virtuosismi che confermarono in futuro le mie previsioni. Fu l'Inter ad accaparrarselo prelevandolo dal Brescia nel 1998, ma in quella stagione lo fece giocare poco. I tecnici neroazzurri lo posteggiarono allora a Reggio Calabria per fargli fare le ossa, ma durante la stagione successiva lo ripresero. Nel campionato 2000/2001, Pirlo non trovò molto spazio, giocò soltanto 4 partite poiché la dirigenza interista, pur credendo di aver trovato il nuovo Beccalossi, non ebbe la pazienza di attendere la sua esplosione. Fu restituito al Brescia dove Pirlo trovò Carlo Mazzone ad allenarlo. Il tecnico affiancandolo a Baggio lo fece giocare in una posizione più arretrata e dai suoi piedi partirono meravigliosi assist per il “divin codino”. Disputò un gran campionato ma il destino avverso ancora una volta gli si accanì contro. Andrea patì un serio infortunio al metatarso del piede che lo obbligò a stare più di due mesi lontano dai campi di gioco. Il Milan si fece avanti e ritenne di acquistare il giovane Andrea nel 2001 dal momento che Ancelotti non potè contare sull'apporto di Gattuso e Ambrosini entrambi infortunati. Venne utilizzato davanti alla difesa e Pirlo da quel momento divenne un mito. Le sue giocate intelligenti, i suoi assist, il suo intuito e la sua spiccata attitudine a dettare i tempi sciorinando un'impeccabile regia, fecero la fortuna dei rossoneri. Non ci fu un'azione in cui le iniziative di Pirlo non portarono beneficio alla squadra, scaturendo successi continui in Campionato e in Champions. Pirlo sfruttò anche la sua predisposizione nel calciare divinamente le punizioni e i rigori. Un mito che condusse il Milan alla conquista di tutti gli obiettivi preposti. Andrea Pirlo militò nel Milan per 10 stagioni in cui collezionò 401presenze segnando 41 goal. Il suo palmares in maglia rossonera è il seguente:

2 Scudetti, 2 Coppe Italia, 1 supercoppa Italiana, 2 Champions League, 2 Supercoppe UEFA,

1 Coppa del mondo per Club

 

Gli eroi si ricordano, i miti non moriranno mai”

 

 

PRATI Pierino

Classe 1946, Prati fu soprannominato affettuosamente dalla tifoseria “Pierino la peste” perchè fu un attaccante pronto ad approfittare delle situazioni favorevoli che si presentarono in area di rigore. Non perdonò mai le incertezze degli avversari raccogliendo palloni vaganti da scagliare in rete con il suo tiro pronto e deciso. Attaccante di razza, Pierino rappresentò per il Milan il finalizzatore ideale per sfruttare i lanci e le intuizioni del grande Rivera, il quale lo mise sempre in condizione di realizzare goal sfruttando il suo tiro potente e i suoi assestati colpi di testa.

Pierino Prati iniziò a giocare nelle giovanili del Milan distinguendosi per le sue doti tecniche, poi fu dato in prestito alla Salernitana nel 1965 e al Savona nel 1966, ma rientrò definitivamente tra i rossoneri nella stagione 1967/68 contribuendo particolarmente alla conquista dello scudetto. Nello stesso anno Prati si rese protagonista in Coppa Coppe vincendo il torneo, ma fece ancora meglio conquistando la Coppa dei Campioni l'anno successivo quando in finale contro l'Ajax realizzò una tripletta indimenticabile da grande bomber, anche per merito dell'apporto straordinario fornito dai suoi compagni di squadra. Nello stesso anno il Milan conquistò pure la Coppa Intercontinentale e il forte giocatore rossonero completò quelle due magiche stagioni segnando in totale 43 reti in 78 partite. Disputò altri campionati conquistando altri trofei importanti e giocando fino alla stagione 1972/73. Dall'anno successivo in poi si trasferì alla Roma dove in 4 stagioni realizzò 41 reti in 110 presenze. Prati terminò la sua carriera giocando un anno a Firenze e poi 3 stagioni al Savona, chiudendo nel 1981 prima di dedicarsi alla carriera di allenatore alla guida di società in varie categorie minori. Il suo palmares in maglia rossonera vanta 102 goal realizzati in 209 presenze nelle 6 stagioni trascorse conquistando: 1 Scudetto, 2 Coppe Italia, 1 Coppa dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe e 1 Coppa Intercontinentale

 

 

RIJKAARD Frank

Franklin Edmundo Rijkaard, nato ad Amsterdam nel 1962, fu un grande centrocampista di razza, abile nella costruzione del gioco per il senso tattico e per le doti tecniche di grande spessore. Infaticabile nei recuperi, abile colpitore di testa ed efficace nelle incursioni d'attacco, esibendo un tiro forte e preciso quando se ne richiedeva la necessità. Egli giunse al Milan nel 1988 in virtù della clausola approvata nel campionato di serie A, che promosse la presenza del terzo straniero a partire dalla stagione 1988/89. Rijkaard trovò in maglia rossonera i due connazionali Gullit e Van Basten con i quali formò il trio dei tulipani olandesi. Si aprì per il Milan un ciclo che regalò vittorie e la conquista di trofei passati alla storia rossonera. Infatti la squadra reduce dallo scudetto conquistato l'anno precedente, disputò un biennio irripetibile vincendo 2 Coppe dei campioni, 2 Supercoppe Uefa e 2 Coppe Intercontinentali. Frank diede un contributo straordinario ai successi segnando il goal in finale di Coppa Campioni al Benfica e fornendo una prestazione strepitosa a Tokyo segnando una doppietta contro l'Olimpia di Asuncion nella finale che decretò i rossoneri Campioni del mondo nel 1990 per la seconda volta consecutiva. In quell'occasione fu premiato come miglior giocatore della Coppa Intercontinentale. Nell'economia del gioco rossonero, Rijkard fu il motore pulsante di quella squadra guidata da Sacchi che seppe entusiasmare il mondo intero.

Frank occupò il terzo posto sul podio per l'assegnazione del “Pallone d'oro” nel 1988 preceduto dai compagni di squadra VanBasten e Gullit e nel 1989 sempre dai compagni di squadra Van Basten e Baresi. Nelle 5 eccezionali stagioni che Rijkard condivise con i compagni della famiglia rossonera, fu benvoluto da tutti. Egli per il suo carattere gioviale e aperto, offrì sempre la massima disponibilità al dialogo.

Terminò la sua permanenza al Milan nel 1993 ritornando all'Ajax dove, da ragazzino, mosse i suoi primi calci tra le categorie giovanili. Tra i lancieri disputò 80 partite nelle 2 ultime stagioni segnando 13 goal e vincendo entrambi i campionati ed entrambe le 2 supercoppe d'Olanda. Si ritirò dal calcio giocato da protagonista vincente, un campione le cui gesta furono tramandate alle giovani future promesse. Rijkaard non abbandonò del tutto il calcio, perchè scelse di intraprendere la carriera di allenatore iniziando in Olanda e proseguendo al Barcellona, al Galatasaray e in Arabia Saudita. Anche da allenatore, la sua natura vincente emerse conquistando titoli e campionati.

Il suo palmares indossando la maglia rossonera per 5 stagioni con 201 presenze e 26 goal:

2 Scudetti, 2 Supercoppe Italiane, 2 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe UEFA, 2 Coppe Intercontinentali

 

Il tempo non sconfiggerà mai gli eroi, essi apparterranno alla leggenda per diventare un mito”

 

 

RIVERA Giovanni detto Gianni

Nato nel 1943 ad Alessandria, Gianni Rivera si accostò al calcio nelle giovanili della sua città natale. Non ancora sedicenne esordì in serie A facendosi ammirare dai tecnici delle principali società nazionali. Sin da giovanissimo fu in possesso di una tecnica di gioco straordinaria, dotato di un particolare tocco di palla egli fu capace di trasformare sempre il suo tiro in una carezza, prerogativa di esclusivo appannaggio dei fuoriclasse della sua epoca come: Pelè, Schiaffino, Di Stefano, Eusebio, Sivori, Beckenbauer, Best e Cruijff.

Rivera giunse al Milan caldeggiato proprio da Schiaffino, il quale si accorse che il giovane possedeva un bagaglio tecnico di lusso. Così nel partire trasferendosi alla Roma, Schiaffino gli lasciò in eredità la maglia numero 10 oltre ad alcuni consigli di natura tattica e di strategia da adottare in campo. Rivera assorbì pure le movenze in campo del SudAmericano e fu in tutto e per tutto il suo successore in maglia rossonera. Iniziò così per Rivera quel lungo cammino nel Milan che lo vide brillare per 19 anni come protagonista assoluto con la sua mitica maglia numero 10. Sotto la guida di Nereo Rocco che Rivera considerò come un suo secondo padre, il “golden boy” del calcio italiano costituì un fortissimo centrocampo che si avvalse della presenza di Dino Sani, della spinta propulsiva di Benitez e Trapattoni con la collaborazione delle ali Bruno Mora e Pivatelli sulle fasce esterne. Rivera occupò una posizione in campo fra i 2 brasiliani Dino Sani mezzala arretrata e Altafini centravanti perforante e punta di riferimento nello schieramento dell'attacco rossonero. Dopo lo scudetto vinto nel '62, il Milan disputò la Coppa dei Campioni nel '63 anno in cui i rossoneri, per primi nella storia del calcio italiano portarono la Coppa delle grandi orecchie in Italia. Rivera si consacrò in quella occasione grande fuoriclasse e assist-man lanciando a rete Altafini che seppe realizzare le 2 reti per vincere quell'edizione della Coppa europea. Rivera non ancora ventenne entrò a far parte dell'elite dei grandi campioni del calcio che tutto il mondo ci invidiò nel corso degli anni. Gianni Rivera fu protagonista anche in nazionale, costituendo una delle colonne portanti dei moschettieri che il tecnico Fulvio Bernardini selezionò per rinnovare la schiera dei giocatori azzurri in cerca di riscatto dopo il fallimentare mondiale cileno del 1962. Anche in Nazionale Rivera fornì ottime prestazioni sciorinando il suo acume tecnico e la sua classe di eccelso giocatore.

Sir Alf Ramsey tecnico della nazionale inglese, dopo la sconfitta subita contro la nazionale Italiana, interrogato per esprimere chi fossero stati i 4 migliori giocatori del calcio italiano rispose: “Rivera, Rivera, Rivera e Rivera”. Un modo originale ed emblematico per evidenziare la valenza tecnica del nostro giocatore. Nel 1964 a seguito della partenza di Dino Sani, Gipo Viani pensò che il ruolo di regista arretrato fosse affidato al “golden boy” il quale fu scettico ad occupare quella posizione poco consona alle sue attitudini di regista suggeritore offensivo. Seguirono un paio d'anni in cui il rossonero smarrì la sua vena offensiva, Rivera fu spostato addirittura nel ruolo di ala destra ma, ovviamente con scarsi risultati fino al 1967 quando fu eletto il nuovo presidente Franco Carraro. Venne richiamato Rocco per guidare pattuglia rossonera. Il “paron” affidò il ruolo di responsabilità a Rivera riportandolo nella sua posizione abituale, convinto che intorno al fuoriclasse abbisognassero centrocampisti di quantità più che di qualità. Il nuovo Milan si avvalse della collaborazione di Lodetti che sostituì lo svogliato inglese Jimmy Greaves, fu innestato nel ruolo di ala destra lo svedese Hamrin e nel ruolo di punta il corpulento brasiliano Sormani e il giovane Pierino Prati che ebbe un'intesa straordinaria con Rivera. Queste mosse di Rocco furono essenziali per ottenere il giusto rendimento da parte dei protagonisti. Un cocktail ben amalgamato che fruttò la conquista dello scudetto, Coppa delle Coppe Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Fu il nuovo miracolo di Rocco. I critici dissero di Gianni, dopo le parecchie perplessità avanzate precedentemente, che finalmente egli aveva trovato la giusta maturazione. Io penso invece che il fuoriclasse riportato nel suo ruolo naturale fu messo nelle condizioni ideali per esprimere al massimo tutto il suo talento. Questi exploit gli garantirono il riconoscimento generale da parte della stampa con l'assegnazione del “Pallone d'oro” nel 1969, primo giocatore italiano a ricevere l'ambito trofeo internazionale. Rivera fu protagonista ai mondiali in Messico disputando un torneo all'insegna della classe che ne contraddistinse la sua partecipazione. Ci fu la polemica per il ballottaggio tra lui e Sandrino Mazzola, con il famoso e singolare inserimento negli ultimi 5 minuti della gara a risultato ormai acquisito. Nella polemica entrarono a far parte anche motivazioni politiche oltre a quelle dirigenziali. Ciò innescò un processo “antiriveriano” che si manifestò negli anni '70 scatenando la reazione dei sostenitori rossoneri e dello stesso Rivera. Le accuse lanciate alla FIGC non rimasero fini a sé stesse e malgrado si fosse creato il partito difensivista nei confronti del giocatore da una piccola parte della stampa di allora, si creò una sorta di nemesi che si ripercosse nei confronti della squadra rossonera. La fatal Verona fu l'esempio di questo ostracismo atto a danneggiare la figura del capitano di tante battaglie. Rivera lanciò pesanti accuse al designatore degli arbitri Campanati e si guadagnò una squalifica di oltre tre mesi. Non bastarono gli anni successivi a spegnere questo fuoco di polemiche che Rivera non ebbe timore a lanciare  ulteriori accuse circostanziate nei confronti del potere dirigenziale della FIGC, nemmeno nei confronti della classe arbitrale e nemmeno nei confronti della stampa che remava contro le idee del coraggioso giocatore. Ebbe contrasti pure con l'allora presidente rossonero Albino Buticchi. Dopo il susseguirsi di altri presidenti, Rivera ormai trentaseienne sotto la guida di Liedholm vinse nel 1979 lo scudetto numero 10 del Milan, la stella da appuntare sulle maglie rossonere a conclusione della sua irripetibile carriera. Rivera fece un timido tentativo assumendo la vice presidenza che gli affidò Felice Colombo nuovo presidente del Milan. Rivera mantenne la carica fino al 1986 prima dell'avvento provvidenziale di Silvio Berlusconi. Dopo iniziò la sua carriera politica che ha continuato fino ad oggi, dopo alterne vicende sostenute nell'assunzione di vari importanti incarichi.

Il suo palmares vanta 658 partite e 164 goal in 19 stagioni in cui vinse i seguenti titoli e trofei:

3 scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe,

1 Coppa Intercontinentale

Rivera vinse la classifica dei cannonieri in campionato 1 volta mentre la conquistò 2 volte in Coppa Italia. Oltre al riconoscimento del “Pallone d'oro” ebbe numerosi attestati di stima internazionali da parte della Fifa e della Uefa.

 

Un mio grande cruccio personale è sempre stato quello di aver constatato pochi riconoscimenti e scarsa considerazione per Rivera da parte della tifoseria Italiana non Milanista. Probabilmente ciò lo si deve imputare a una sorta di antipatia e invidia nei suoi confronti. Credo di affermare che questi sentimenti siano prevalsi ingiustamente prendendo il sopravvento rispetto alla sportività...

 

I miti ce li propone la storia, perchè essi dovranno alloggiare nell'Olimpo della leggenda.

 

 

RONALDINHO Ronaldo de Assis Moreira

Nato a Porto Alegre nel 1980, Ronaldinho dopo 2 titoli mondiali conquistati con la sua nazionale (1 titolo con l'under 17 e l'altro con la Nazionale maggiore), 1 Champions League con il Barcellona e il Pallone d'oro ricevuto nel 2005, giunse a Milano nel 2008, accolto con grande entusiasmo dal popolo rossonero. La sua indiscutibile classe, i suoi tocchi di palla da funambolo e i suoi scatti seguiti da finte e dribbling ubriacanti conquistarono i tifosi che riposero molto affidamento in lui. Ronaldinho offrì un saggio delle sue qualità tecniche segnando dei goal spettacolari ma soprattutto degli assist provvidenziali. Nella seconda parte del campionato Ancelotti lo impiegò meno del solito a causa di un calo fisico-atletico consistente. Registrò 36 presenze in tutta la stagione segnando 10 goal. Nello stesso anno vinse il “Golden Foot” assegnatogli dalla Fifa. Nella stagione successiva riuscì a giocare con più continuità, collezionando 43 presenze e 15 goal. A fine campionato risultò il miglior assist-man della stagione per aver servito ai compagni 12 decisivi assist. Nel 2010/2011 il Milan affidò la panchina ad Allegri. Il tecnico toscano (che vinse lo scudetto in quella stagione) concesse poco spazio al brasiliano a causa di una delle tante uscite notturne del fantasista, pertanto all'apertura del mercato invernale nel gennaio del 2011, il “Gaucho” preferì ritornare in Brasile definitivamente. Ronaldinho collezionò 95 presenze segnando 26 goal in 2 stagioni e mezza.

Al Milan non vinse nulla, ma può essere fiero di aver indossato la maglia rossonera numero 80!

 

 

RONALDO Luis Nazario de Lima

Ronaldo fu soprannominato “il Fenomeno”, considerato tra i più forti attaccanti della storia, è stato sicuramente il più forte della sua generazione e certamente il più sfortunato in quel periodo vissuto, giocando un calcio veramente da fenomeno! Tutti i difensori del mondo che lo affrontarono dissero che non fu mai possibile fermarlo se non triplicando la marcatura in maniera organizzata. “Ronnie” come affettuosamente fu chiamato dai suoi fans si espresse al massimo delle sue potenzialità sia in Nazionale come pure al Barcellona e all'Inter. Nel 1996 fu acquistato dal Barcellona che lo prelevò dal PSV Eindhoven. In Spagna Ronaldo esplose tutta la sua carica agonistica dando spettacolo con le sue inarrestabili progressioni, le sue finte e i suoi dribbling furono oggetto di ammirazione in tutto il mondo e dobbiamo dare il merito alla società Inter se gli appassionati di calcio italiani hanno potuto ammirare “ de visu “ il fenomeno brasiliano. La società nerazzurra lo acquistò nel 1997, Ronaldo ci deliziò con le sue serpentine e i suoi goal travolgenti. In quell'anno vinse la Coppa Uefa e gli fu assegnato il Pallone d'oro. Il triennio successivo all'Inter lo visse nell'altalenante angoscia di infortuni che devastarono il suo fisico, ricordo con tanto dispiacere il momento in cui , allo stadio Olimpico di Roma, Ronaldo uscì in barella piangendo per la disperazione e il dolore. Quello fu l'ultimo atto che il destino gli riservò dando l'addio all'ultima giornata di campionato.  Sicuramente avrebbe meritato una sorte migliore! Purtroppo il suo addio al nostro calcio italiano avvenne nel 2002 quando l'allenatore Hector Cuper non capì che sarebbe stato utile recuperare Ronaldo dal lato morale e quindi, il rapporto contrastato indusse il fuoriclasse a cambiare casacca. Andò a Madrid e con il Real fece in tempo a conquistare il titolo di campione nazionale e il suo secondo Pallone d'oro. Non fu facile per Ronaldo fare i conti con i continui infortuni che gli impedirono di continuare con regolarità il proseguimento degli impegni in campionato e in Champions. Nel gennaio del 2007 il Milan lo convinse a tentare una nuova avventura in Italia e il brasiliano accettò. Si presentò in maglia rossonera con un evidente aumento di peso che limitò il suo rendimento in campo, ma non gli impedì di esibirsi nei suoi “numeri” che lo resero celebre. Disputò la stagione da febbraio a maggio realizzando 7 goal in 14 presenze. Durante la stagione successiva però oltre a vari infortuni di diversa natura, Ronaldo subì la rottura del tendine rotuleo. Fu operato con successo ma obbligato dai medici ad osservare un lungo periodo di riposo cautelativo. Fu l'addio definitivo al calcio Italiano, chiudendo la carriera anche al Milan con 20 presenze e 9 goal.

Mourinho interpellato in un recente passato per esprimere chi fosse più forte tra Messi e Cristiano Ronaldo, non ebbe alcun dubbio nel rispondere “ No, il più forte è il fenomeno”

 

Effettivamente c'è da credere che, se non fosse stato vittima dei drammatici infortuni che hanno funestato la sua carriera, Ronaldo sicuramente avrebbe potuto essere un giocatore ancora più forte di quello che effettivamente è stato!

Chiudo questo capitolo riportando una dichiarazione di Cannavaro sull'illustre collega brasiliano:

 

Per la mia generazione Ronaldo è stato quello che Maradona o Pelè erano per le precedenti. Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Sembrava un extraterrestre”

 

 

nostalgico rossonero

 

 

P.S. Copertina gentilmente offerta dall'artista e pittore contemporaneo Calatino-a-Interland, a lui va il mio ringraziamento per il suo nobile e graditissimo gesto di amicizia!

 

Prossimo appuntamento al VII° capitolo in cui saranno descritti i profili di: Rosato, Rossi, Rui Costa, Sani, Savicevic, Schiaffino, Schevchenko

 

Memorandum. Nei capitoli precedenti sono stati descritti i profili dei seguenti giocatori:

Capitolo I°: Abbiati, Albertini, Albertosi, Altafini, Ambrosini, Ancelotti, Angelillo, Anquilletti, Baggio, Baresi

Capitolo II°: Benetti, Bierhoff, Bigon, Boban, Buriani, Cafu, Chiarugi, Combin, Costacurta, Cudicini, Desailly, Dida

Capitolo III°: Donnarumma, Donadoni, Evani, Galli Filippo, Galli Giovanni, Gattuso, Ghezzi, Gren, Gullit, Hamrin

Capitolo IV°: Ibrahimovic, Inzaghi, Kakà, Kaladze, Liedholm, Lodetti, Maldera

Capitolo V°: Maldini Cesare, Maldini Paolo, Massaro, Mora, Nesta, Nordahl, Novellino, Papin