Povera serie B, che brutta fine. Almeno per ora. Ma anche in passato alcune cose sono cambiate nell’organizzazione del cosiddetto torneo cadetto. Il 6 luglio 1930, al termine di un torrido pomeriggio di sport, il Casale, squadra di Casale Monferrato (Alessandria) vince infatti la prima edizione della serie B a girone unico. Per arrivare a quel risultato ci sono voluti anni e si è reso necessario il superamento di un caos normativo tipicamente italiano, grazie al quale ogni interpretazione può diventare più o meno plausibile, più o meno arbitraria.

UNIFICARE L’ITALIA DEL CALCIO. A Prima Guerra Mondiale terminata, in un’Italia che riprende a giocare al calcio per dimenticare i disastri del conflitto, nel 1921 si tenta di dare un carattere nazionale alla serie B. Quel carattere che in fondo nemmeno la Serie maggiore in quel momento ancora conosce, presa com’è nelle spire dei localismi geografici che non permettono a Nord, Centro e Sud di entrare in contatto agonistico se non al termine di ogni “stagione regolare”. Nasce all’inizio degli anni 20 il Progetto Pozzo, creato proprio da Vittorio Pozzo, futuro allenatore della plurivincente Nazionale Italiana. Il Progetto intende contemperare per la prima volta in modo organico le istanze localistiche e una dimensione unitaria come già in quegli anni avviene in Inghilterra (non soltanto per quanto concerne la Serie B britannica) e forma di fatto la prima bozza di quello che anni più tardi passerà alla storia come il campionato a girone unico. Nel 1926 la Carta di Viareggio trasforma il campionato italiano in Divisione Nazionale, scalando di conseguenza il nome delle categorie minori, con la Seconda Divisione che assume l'etichetta di Prima Divisione: ma non è l'unico cambiamento, perché i due enti che in quell’epoca gestiscono il torneo, Lega Nord e Lega Sud, vengono riuniti dopo anni di lotte territoriali divenendo il nazionale Direttorio Divisioni Superiori.

IL REGIME FASCISTA, secondo gli ideali nazionalistici, è interessato a superare la dicotomia che aveva caratterizzato il mondo del calcio fin dalle sue origini in Italia, arrivando a un campionato esteso sull'intero territorio nazionale. Il nuovo regolamento prevede l'abolizione della finale, un appuntamento che negli ultimi anni si era dimostrato ingestibile sotto il profilo dell'ordine pubblico. Ebbene sì, la violenza negli stadi nel nostro Paese non è appannaggio soltanto del dopoguerra.

LO SCUDETTO sarebbe stato assegnato tramite un piccolo torneo da 6 squadre, che avrebbe avuto inoltre il pregio di abbozzare per la prima volta una classifica, un metro di misura delle forze in campo sul medio-lungo periodo. Per le squadre eliminate dalle finali viene invece introdotto uno specifico trofeo di consolazione: la Coppa CONI. Due gironi interregionali da 10 squadre ciascuno, di cui le prime tre classificate accedono alla fase finale, mentre le ultime due vengono retrocesse. Lo scudetto viene assegnato alla vincitrice del raggruppamento finale composto dalle 6 squadre meglio classificate nei raggruppamenti di appartenenza. Ma per dare concreta applicazione alla Carta di Viareggio ci vuole una mano politica forte. L’assemblato di quelle cinque dita  appartiene al gerarca Leandro Arpinati. Arpinati, romagnolo ed ex socialista come Mussolini, appartenente ai Fasci di Combattimento nel 1919 e camerata della prima ora, è ritenuto dal Duce il personaggio adatto. L’imperativo è mettere ordine e ridimensionare microcosmi di potere già stratificati e che appaiono difficili da scardinare anche per una dittatura. E in effetti il gerarca riesce a ottenere risultati importanti, anche grazie alla carica di Presidente della FIGC tra il 1926 e il 1933 (nel periodo 1931-33 sarà anche Presidente del CONI). A Leandro Arpinati si deve in quegli anni anche l’avere punito un episodio di corruzione che getta un’ombra sulla moralità dello sport in quell’Italia tutta onore e romana volontà. Grazie all’intervento del vertice FIGC, il Torino si vede revocare lo scudetto 1926-27. Il risultato di un derby con la Juventus appare il frutto del rapporto fra concussi e collusi. Dunque un esempio va pur dato, anche se le punizioni effettive, al netto della retorica di regime, saranno blande e annacquate.

SEBBENE ARPINATI sia notoriamente tifoso del Bologna, terminato secondo nella classifica finale, per evitare voci maligne si opta per una soluzione drastica e tutto sommato coraggiosa: quel campionato non ha un vincitore e quindi rimane non assegnato. Al di là di questo episodio, è Arpinati a concretizzare le istanze del progetto Pozzo, della Carta di Viareggio e a stabilire i requisiti per giocare in serie A o nella categoria inferiore. Tant’è che il campionato italiano 1929-30 è il primo a girone unico anche per la serie B. La prima edizione della B assembla le squadre classificate dal decimo al sedicesimo posto nei due gironi in cui era stato diviso il campionato precedente, oltre a Spezia, Parma e Monfalconese C.N.T., vincitrici dei tre gironi di Prima Divisione Nord 1928-29, e al Lecce, che dopo uno spareggio vinto contro il Taranto si era aggiudicato la Prima Divisione Sud. Sia pure con qualche forzatura e più di una decisione d’imperio, da questo momento il nord e il sud calcistici si sfidano senza aspettare la fase finale del torneo. Il 6 ottobre del 1929 16 squadre sono pronte ad affrontarsi nel doppio confronto andata/ritorno. Al termine della stagione, le prime due classificate salgono di categoria. La vittoria vale due punti, il pareggio uno. La sconfitta invece non dà punti. La serie B italiana non risulta soltanto espressione della provincia geografica. È presente la Fiorentina, per esempio, ma anche il Venezia. Si è garantita il diritto di disputare il campionato cadetto anche una squadra di Genova: si chiama La Dominante e nasce dalla fusione dell’Andrea Doria e della Sampierdarenese. Praticamente, una “Sampdoria ante litteram” che a fine stagione viene costretta dalle autorità fasciste a fondersi con la Corniglianese, assumendo la denominazione di Liguria. Di lì a poco, il Venezia si chiamerà invece La Serenissima.

PARTECIPA A QUELL’EDIZIONE anche la Fiumana (per esteso, Unione Sportiva Fiumana), squadra di Fiume, oggi Rijeka, Croazia. Fin dall’inizio Casale e Legnano sembrano avere una marcia in più. Non perché in assoluto siano le più forti, ma probabilmente perché sono le squadre che meglio hanno recepito la nuova logica. Tant’è che le due formazioni vanno quasi sempre a braccetto. Solo La Dominante sembra reggere il passo delle due capoliste, specie quando il 9 marzo 1930 batte per 4-0 il Casale. Ma è una gioia platonica, una soddisfazione più di principio che di sostanza. A poco vale poi la vittoria dei genovesi sul Legnano all’ultima giornata, il 6 luglio di 88 anni fa. Quella domenica i giochi sono ormai fatti. Il Casale vince in Toscana per 1-0 contro la Pistoiese e termina in testa, mentre il Legnano può anche lasciare l’intera posta agli avversari perché ha già entrambi i piedi in serie A. Retrocedono Biellese, Reggiana, Prato e proprio la Fiumana (che dal 1945 non sarà più una squadra di calcio italiana). Sono ancora lontani i tempi odierni degli eventuali play-off e dei play-out con tante formazioni pronte a giocarsi uno dei tre posti a disposizione per salire in A. Ma alla luce del caos che sta coinvolgendo la serie B italiana, chissà che il regolamento stesso non possa essere vittima/protagonista di ulteriori modifiche. Intanto cominciamo a capire se le squadre saranno definitivamente 19 o no, che già sarebbe un ottimo risultato.

Diego Mariottini