Quel giorno nasce una stella, una delle più lucenti di ogni tempo. Sono le sette di sera di domenica 1° maggio 2005 e al Camp Nou di Barcellona la squadra di casa affronta l’Albacete. Un ostacolo considerato trascurabile nella rincorsa al titolo numero 17 nella storia della “Primera Divisiòn” spagnola. È il classico “testacoda” tra la prima e l’ultima in classifica. Allora come oggi il Barça è una squadra fortissima e in quella stagione annovera campioni come Eto’o, Ronaldinho, il difensore Puyol, il centrocampista portoghese Deco, il giovane Iniesta e perfino un Demetrio Albertini al suo ultimo anno da professionista. Tutta gente che ha con il pallone un rapporto privilegiato.

IN LINEA TEORICA la partita non dovrebbe avere storia, troppa è la disparità tra le forze in campo. Troppi i punti di distanza tra la squadra catalana e l’Albacete. Ma l’Albacete Balompiè (questo è il nome per esteso della società calcistica) non è disposta a fare la parte della lepre in un club di cacciatori esperti e spietati. Per di più è una squadra della Castiglia e per i castigliani non c’è mai un buon motivo per rendere la vita semplice a una formazione catalana, specie se si tratta dei blaugrana. Malgrado l’orgoglio di piccola ma irriducibile realtà del calcio spagnolo, l’Albacete è abituata a fare i punti presso le mura amiche, l’Estadio Carlos Belmonte. Dunque è impensabile che dalla trasferta in uno dei templi del calcio mondiali l’ultima in classifica possa uscire indenne.

LA SERA DEL 1 MAGGIO 2005 la squadra di casa entra in campo con la seguente formazione: Valdés, Belletti, Puyol , Oleguer, Gio, Márquez, Iniesta , Giuly, Deco, Ronaldinho, Eto'o. L’allenatore è l’olandese Frank Rijkaard, un ex grande campione che sta imponendo poco alla volta la sua visione del calcio anche in una piazza esigente e di palato fino. Con Rijkaard siedono in panchina giocatori come il secondo portiere Jorquera, Albertini, Thiago Motta, Fernando Navarro, Gerard e Sylvinho. L’ultimo a comporre la lista dei sostituti è il più giovane e il più piccolo di statura. È un ragazzo argentino ancora minorenne e dall’aria timida. Di nome si chiama Lionel Andrès ma per tutti, dal presidente ai magazzinieri, è semplicemente Leo. Leo Messi.

LA MACCHINA DELL’87. Il ragazzino è considerato potenzialmente un fenomeno, un giocatore dalle capacità infinite, ma molti osservatori hanno su di lui qualche perplessità. È piccolo di statura e appare gracile di costituzione. Uno così –sentenziano in molti- nel calcio moderno non può avere spazio, anche se ha grandi numeri tecnici. Leo nasce a Rosario, in Argentina, nel 1987 ed è figlio di Jorge Horacio Messi, operaio di un'acciaieria, e di Celia María Cuccittini, donna delle pulizie. Lionel Andrès Messi Cuccittini è di chiare origini italiane. Il suo trisavolo Angelo Messi è emigrato da Recanati a Rosario nel 1883 e il bisavolo Angelo è di Ancona. Soprannominato la Pulga (in italiano la Pulce), per via della sua statura ma anche per la sua velocità, inizia a giocare a calcio all'età di quattro anni nel Grandoli, squadra allenata dal padre dove viene inizialmente soprannominato La macchina dell'87. Il signor Jorge Horacio decide di farlo giocare con i ragazzini di 6 anni e «alla seconda palla iniziò a dribblare come se avesse sempre giocato». È un immenso talento naturale che va affinato e reso funzionale alla squadra. Nel 1995, all’età di 8 anni, gioca qualche partita con la maglia del Central Córdoba, per poi passare al Newell's Old Boys, dove esordisce realizzando 4 reti. A 9 anni debutta in un campo a 11. Tutto sembra procedere per il meglio, ma all'età di 11 anni al bambino Leo viene diagnosticata una forma di ipopituitarismo (deficienza di secrezione di somatotropina).  In pratica si tratta di un deficit ormonale che non fa crescere in altezza e che può creare disfunzioni a livello sessuale.

TRASFERIMENTO. Il Newell's naviga in pessime acque e non riesce a pagare le cure, il River Plate mostra interesse nei suoi confronti, ma non ha abbastanza denaro per pagargli le cure necessarie. Servono 900 dollari al mese. A un certo punto è il Barcellona a interessarsi al suo talento. L’occhio lungo è quello del direttore sportivo Carles Rexach, che lo vede giocare in un provino. Rexach, ex giocatore del Barça negli anni 70 ai tempi di Johann Cruijff, è il primo a guardare oltre le apparenze dimesse del ragazzo e riesce ad assicurarsi le prestazioni sportive del giovane Messi, rendendosi disponibile a pagargli le cure qualora si fosse trasferito in Spagna. Narra la leggenda che non avendo a disposizione carta su cui scrivere, Rexach faccia firmare al calciatore argentino il contratto su un tovagliolo di carta. Messi arriva a Barcellona assieme alla famiglia, venendo aggregato alle formazioni giovanili dei blaugrana. Il primo contratto ufficiale è datato 1º marzo 2001. L'arrivo in Spagna è facilitato dal fatto che Messi abbia alcuni cugini a Lleida, in Catalogna. Comincia la sua carriera con il Barcellona a 13 anni giocando con l'Infantil B e il Cadete B e A dal 2000 al 2003, segnando 37 gol in 30 partite. Nel 2002 Leo Messi fa un provino con il Como di Enrico Preziosi, ma l’esito è negativo. Un dirigente riconosce il talento del ragazzo ma mostra il pollice in basso. Quel Messi lì, è troppo gracile, figuriamoci se può cavarsela contro gente di 1,90 che è grossa il doppio di lui. Ma il quindicenne Leo non si perde d’animo e non si spaventa di proseguire tutta la trafila nelle giovanili blaugrana.  Gioca con la Juvenil A e i risultati si cominciano a vedere: 21 gol in 14 partite. Viene poi aggregato alla terza squadra, il Barcellona C, quarta categoria spagnola. Debutta in partite ufficiali il 29 novembre 2003 nella gara interna contro l'Europa, terminata 2-1 in favore dei padroni di casa. Il 4 gennaio 2004, in casa del Gramenet B, arriva la prima rete ufficiale della carriera, assieme alla prima tripletta personale, che decide l'incontro per 3-2. Il 17 dello stesso mese decide con una rete la sfida interna contro il Palafrugell, finita 2-1. L'8 febbraio seguente, nella sfida in casa del Badalona, terminata in pareggio per 1-1, sigla la 5ª e ultima rete nella squadra, prima di passare, in marzo, alla seconda squadra, il Barcellona B. Chiude la prima esperienza in carriera con 10 presenze e 5 reti.

DA QUESTO MOMENTO è come se qualcosa si sia improvvisamente sbloccato e come se un ragazzino di talento abbia conquistato all’improvviso i crismi della visibilità esterna. Esordisce nel Barcellona B, squadra di secondo livello del campionato spagnolo. È il 6 marzo 2004 e la partita è la gara interna contro il Mataró. Il Barcellona B vince 1-0 ma il gol partita non è di Messi. Termina questa prima breve stagione con la nuova squadra totalizzando 5 presenze. La stagione seguente il ragazzo viene ritenuto pronto per l'esordio in prima squadra. È il 16 ottobre 2004 e l’avversaria è addirittura l’Espanyol. Esordire in un derby è un’esperienza particolarmente forte, ma Messi affronta quella partita con la calma interiore di chi è consapevole del proprio talento e sa che, in fondo, per sfondare è solo questione di tempo. Quell’esordio lo rende il terzo giocatore più giovane a vestire la maglia del Barcellona e il più giovane a esordire nella Liga (record battuto solo dall'ex compagno di squadra Bojan Krkić nel settembre del 2007). Il 7 dicembre seguente esordisce in Champions League, nella sconfitta esterna per 2-0 patita contro i russi dello Shakhtar Donetsk.

HA GIA’ GIOCATO qualche partita nella Liga, dunque, quando quel 1° maggio 2005 siede in panchina contro l’Albacete. La partita, che dovrebbe essere una passeggiata, si rivela invece una fatica enorme per la squadra di casa. La difesa avversaria risponde colpo su colpo e ci vuole il lampo di un fuoriclasse come il camerunense Eto’o per portare il Barcellona in vantaggio a metà della ripresa. Da quel momento la partita si trascina verso la fine, l’Albacete ha fatto tutto il possibile ma dopo il gol di Eto’o non sembra avere più le forze per reagire. È il minuto 86 e Rijkaard chiama il cambio. Esce proprio Samuel Eto’o ed entra la pulce Messi con la maglia numero 30. Ci sono 4 minuti più recupero per dimostrare alla gente del Camp Nou il proprio valore.  Passa soltanto un minuto e “la pulce” riceve da Ronaldinho una palla filtrante a centro area. Messi alza un pallonetto di pregevole fattura, è un colpo da campioni ma l’arbitro annulla la rete per fuorigioco. Forse il numero 30 è in posizione regolare ma il punteggio non cambia. Passa un altro minuto e Messi, 18 anni meno un mese, inventa una giocata sulla fascia sinistra. Si invola verso il fondo e con il suo piede preferito, il mancino, cerca di mettere Iniesta in condizione di segnare il gol della tranquillità. Nulla da fare, la difesa dell’Albacete riesce a rinviare. Proprio in quel momento l’assistente dell’arbitro assegna 3 minuti di recupero e il Barcellona tiene palla. Messi conquista un pallone scomodo a centrocampo, riesce ad addomesticarlo e se ne libera servendo all’indietro Ronaldinho. L’asso brasiliano, proprio come in occasione del gol annullato pochi istanti prima, serve di nuovo Messi a centro area. La punta blaugrana guarda il portiere e tenta di nuovo il colpo. Anche stavolta è un pallonetto ma sulla regolarità della posizione non ci sono dubbi. Al gol della pulce lo stadio esplode. Il pubblico è in delirio per quel gioiello balistico. I dirigenti catalani non credono a se stessi, quel ragazzo è davvero un campione.

FINISCE 2-0 per il Barcellona ma quel giorno inizia una delle storie di calcio più belle di tutti i tempi. La pulce Messi ha ancora 31 anni, figuriamoci quante altre storie avrà scritto (o riscritto) a fine carriera.

Diego Mariottini