Non sempre 10 è il risultato di 5+5. Nel caso di Roberto Baggio è bello immaginare il suo numero 10 come la somma di 1+9. Una somma che tende però a dare 9 e ½, come più volte è stato definito nella sua carriera di calciatore. Un tempo lungo quasi 20 anni durante il quale il ragazzo di Caldogno diventa nel mondo uno dei marchi distintivi del Paese d’origine. Italiani=spaghetti, pizza, mandolino e…Baggio. Con la differenza che la pizza e gli spaghetti li sanno fare quasi tutti (il mandolino è uno strumento desueto nell’uso che meriterebbe un discorso a parte), di Roby Baggio invece ce n’è uno. Una storia calcistica che inizia esattamente 32 anni fa. È il 21 settembre 1986 e fa il suo esordio in serie A un ragazzino veneto destinato a ridefinire il ruolo di attaccante nel calcio italiano. La partita è Fiorentina-Sampdoria e finisce 2-0 per i Viola. Baggio non fa gol ma da quel momento un nuovo campione è in rampa di lancio. Un campione atipico, come il modo di stare in campo del futuro “divin Codino”.

IL BELLO DEL GOL. Roby Baggio ha sempre sfruttato un privilegio, anzi, un dono: quello di rendere bello ciò che per gli altri significava pura efficacia. L’estetica al servizio della ragion pratica è il tratto distintivo di un giocatore che da sempre ha diviso la critica in due: ammiratori sfrenati da una parte, critici severi dall’altra. Un talento che inizia a esprimersi nelle giovanili dalla squadra del paese di nascita, Caldogno, piccola realtà in provincia di Vicenza. Classe 1967, il giovane Roberto è talento innato, istintivo, per certi versi ineducato (come il diretto interessato confesserà a carriera terminata). Ma talmente grande, il talento, da ridefinire i parametri del giocare al calcio dalla trequarti in poi. A prescindere dal risultato finale. Il pomeriggio di domenica 21 settembre 1986, i tifosi vedono per l prima volta all’opera un giocatore acquistato da poco dal Vicenza che non ha ancora una collocazione tattica ben individuata ma che ha già fatto vedere numeri di alta scuola e gol in Coppa Italia. Nell’occasione il mattatore è l’argentino Ramon Diaz, che con una doppietta piega nel finale le resistenze della Sampdoria, ma quel ragazzo di 19 anni, neanche in grandi condizioni fisiiche dopo un lungo infortunio, desta grande impressione. E con un pubblico esigente (e a volte la parola esigente rasenta l’eufemismo) come quello fiorentino, non è davvero poco.

CLASSE E FORZA DI VOLONTA’. All’inizio la sua è la storia di un ragazzo come tanti. Molti sogni, capacità di giocare al calcio, grinta di andare fino in fondo ma qualità effettiva ancora tutta da dimostrare. Perché è soprattutto quella che gli allenatori vogliono vedere ed è quella che ai loro occhi distingue un buon giocatore da un campione. Qualcuno in effetti deve proprio vedere qualcosa di speciale in quel ragazzino di nome Roberto, non particolarmente alto e nemmeno robusto. È in effetti minuto, mingherlino e quando il fisico non aiuta bisogna compensare con 2 qualità ineludibili: classe e forza di volontà. Se ne accorgono quelli del Caldogno. Il ragazzino ha due piedi d’oro è capace di giocate impensabili per gli altri e, al di là di un’aria trasognata, quasi assente, la grinta richiesta c’è. Non è un caso se il Vicenza ne acquista il cartellino per 500mila lire nel 1980, quando Roberto Baggio ha 13 anni.

PICCOLO GENIO AL LAVORO. Si mette subito in luce nelle formazioni giovanili, segnando negli anni 110 gol in 120 presenze. A volte manca qualcuno per infortunio e lo chiamano ad allenarsi con la prima squadra. Ritornato nelle giovanili, la squadra dei Beretti è seguita da circa 1000 spettatori durante gli incontri. Tale risultato gli permette di debuttare in prima squadra il 5 giugno 1983 all'ultima giornata del campionato di Serie C1, L.R. Vicenza-Piacenza (0-1), entrando nel secondo tempo. Un anno più tardi, il 3 giugno 1984, segna su rigore il primo gol da professionista nella partita vinta 3-0 contro il Brescia. I suoi numeri in campo cominciano a lasciare il segno e gli osservatori di molte squadre segnano sul proprio taccuino il nome di quel piccolo fenomeno ancora da inquadrare sul piano tattico. È talmente bravo che l’allenatore della prima squadra Bruno Giorgi gli dà la grande occasione: in vista della stagione 1984/85 lo aggrega e lo fa giocare in pianta stabile. Risultato: 12 reti in 29 partite disputate e il Vicenza risale in serie B. il finale di stagione ha però una coda spiacevole. Il 5 maggio 1985 Baggio subisce un grave infortunio destro l ginocchio durante la partita con il Rimini. Vengono compromessi il legamento antriore crociato e il menisco. La tempistica per il rientro è devastante: ci vorrà quasi un anno per tornare in campo, se tutto va bene.

ABBI FEDE. Sono i momenti in cui deve è necessario essere campioni soprattutto dentro di sé. Avere forza, pazienza. Fede, in certi casi. Il diciottenne Roberto Baggio piomba in una grave crisi personale, su quel ginocchio è caduto sopra il mondo intero. La fede è ciò che aiuta la forza di volontà e tiene in piedi l’individuo. Ma se fede, speranza e carità rappresentano il tridente d’attacco del cristianesimo, grazie al buddhismo il ragazzo trova la giusta centratura su se stesso. Il punto di equilibrio molto personale fra testa, cuore e gambe. Due gambe, di cui una da rimettere in sesto. Ma fede è anche radice semantica di fiducia e per andare avanti bisogna pur fidarsi degli altri. Del professor Bousquets, che lo opera in Francia. Di Carlo Vittori ed Elio Locatelli, due dottori specializzati nel potenziamento muscolare in atletica leggera, che seguono il ripotenziamento dei muscoli lesi. Loro ci mettono esperienza e professionalità, Roberto Baggio la voglia di non mollare. Ha solo 18 anni e non può finire così.

ABILE, ARRUOLATO. Nel frattempo la Fiorentina è arrivata prima di tutti. Malgrado l’infortunio e tutte le incertezze legate alla convalescenza ila società viola crede nel ragazzo e non rescinde il contratto. A febbraio 1986 un giovane attaccante dal sorriso mite ma dallo sguardo di ferro è di nuovo in campo. Partecipa con la sua nuova squadra al Torneo di Viareggio. In estate lo staff medico viola considera il giocatore del tutto recuperato, dunque pronto a esordire in Serie A. la Fiorentina 1986/87 è una squadra alla ricerca di un punto d’equilibrio fra gioventù ed esperienza. Nella rosa ci sono 3 campioni del mondo sul viale del tramonto, Gentile, Oriali e Antognoni, più altri che hanno conosciuto la Nazionale come Paolo Conti e Aldo Maldera. In attacco c’è un campione come l’argentino Ramon Diaz, che è fuori dal giro della “Albiceleste” (si dice) per contrasti caratteriali con Maradona. Ad abbassare l’età media del gruppo ci sono un centrocampista di prospettiva come Nicola Berti e una punta affidabile come Paolo Monelli. E poi c’è lui, la grande incognita. Di Baggio si dicono tante belle cose ma deve ancora dimostrare tutto. E lui lo fa. La Fiorentina inizia male la Coppa Italia venendo eliminata già nel girone iniziale. Dopo l’inattesa sconfitta contro la Casertana, seguono due pareggi incolori contro Pescara e Arezzo. Ma il 3 settembre Baggio si sente in gran forma e la sua doppietta contro l’Empoli rappresenta per i tifosi un primo assaggio delle sue qualità.

ESORDIO SENZA GOL. Domenica 21 settembre 1986, tutto è pronto per l’esordio. La curiosità intorno a lui è grande, se la società lo ha tenuto malgrado l’infortunio dovrà pur esserci una ragione. La prima di campionato non è andata. I viola hanno perso ad Avellino e l’allenatore Bersellini decide di provare Baggio contro la Sampdoria. La partita la risolve Ramon Diaz ma Baggio fa buona impressione. Gioca anche la domenica successiva a Brescia. La Fiorentina guadagna un punto ma perde di nuovo il ragazzo. Altro infortunio, altro intervento, altro lungo stop. Il ginocchio è sempre quello destro. Rientra in campo a fine stagione, una stagione affatto soddisfacente per la Fiorentina. Metà classifica, qualche infamia, nessuna lode.

RIENTRO CON GOL. Ma alla fine della stagione, almeno un motivo per sorridere i tifosi viola lo hanno. Roberto Baggio è tornato nuovamente in campo e ha ripreso a giocare con continuità. Segno buono, il ginocchio destro ha ritrovato il suo equilibrio funzionale. E poi, a fine stagione, c’è anche la soddisfazione più bella: il primo gol in serie A. viene segnato in una domenica molto particolare. È il 10 maggio 1987 e la partita è Napoli-Fiorentina. Quel giorno Maradona e compagni vincono lo scudetto, ma a rovinare parzialmente la festa provvede un ragazzo appena ventenne alla quarta presenza, con una punizione magistrale. Una di quelle che di norma “el pibe de oro” e non altri, trasforma in gol. Finisce 1-1 ma il Napoli è ugualmente campione d’Italia. È da quel colpo magistrale che finisce una storia e ne inizia un’altra. La Juventus, il Pallone d’Oro, la Nazionale, la notorietà su scala planetaria sono tutti conseguenze di quel gol. Un momento che sancisce il passaggio a un’altra dimensione, a un’altra età. L’età adulta di Roberto Baggio.

Diego Mariottini