Contrordine compagni, si torna all’antico. Terza coppa europea dalla stagione 2021/2022. A dirlo in questi giorni non è l’uomo della strada ma una delle persone più accreditate a prendere una decisione del genere. Andrea Agnelli infatti non è soltanto il presidente della Juventus, ma anche quello dell’ECA (European Club Association). E l’ECA è l’organismo preposto a stabilire quale sarà il futuro del calcio continentale, assieme all’UEFA. È importante, l’ECA, tanto quanto è poco conosciuta al grande pubblico. Vediamo di capire meglio di cosa si occupa e quali sono le prospettive generali per le prossime stagioni. Una breve incursione nel posto in cui si profila il domani del calcio.

C’ERA UNA VOLTA il G-14, l’organismo costituito dalle formazioni più forti e più influenti d’Europa, nato con lo scopo di difendere gli interessi dei club appartenenti alla confederazione della UEFA. Di tutti i club? Sarà, ma non sembra proprio. Siamo all’inizio del terzo millennio e nell’anno 2000 le gerarchie effettive del pallone sembrano dire che qualcuno è rimasto fuori dalla porta della stanza che conta. Forse i parametri non sono quelli, forse si bada ad aspetti più puramente finanziari o ai rispettivi bacini di utenza. Magari si dà importanza al blasone passato/presente e ai trofei in bacheca, ma se è così, allora che cosa ci sta a fare il Paris Saint-Germain che (tanto per dire) non ha mai vinto la Coppa dei Campioni? E se invece il parametro non è quello e si va ai valori del momento, perché lasciare fuori la Lazio di Sergio Cragnotti, detentrice dell’ultima Coppa delle Coppe e vincitrice (in quel momento) dell’ultima Supercoppa Europea? Perché non c’è il pluridecorato Parma di quegli anni e perché non saranno presenti in seguito i turchi del Galatasaray, successori della Lazio sul tetto d’Europa? Misteri del cosmo.

COMITATO RISTRETTO. Sta di fatto che 14 squadre, 14 presidenti, decidono per tutti come se fosse un po’ una riunione di carbonari. Ci sono due olandesi, Ajax e PSV Eindhoven; due spagnole, le immancabili Barcellona e Real Madrid; due tedesche, Bayern Monaco e Borussia Dortmund; tre italiane, Juventus, Milan e Inter; due francesi, Paris Saint-Germain e Olympique Marsiglia; due inglesi, Liverpool e Manchester United; una portoghese, il Porto (che non è ancora il Porto di José Mourinho). Totale 14. Due anni più tardi, forse per riequilibrare una sproporzione numerica in quel momento a favore degli italiani, entrano Arsenal, Valencia, Bayern Leverkusen e Olympique Lione. Inglesi, spagnoli, tedeschi e francesi possono dirsi soddisfatti e meglio rappresentati nell’ambito del processo decisionale. Le 18 squadre del nuovo Gotha potevano vantare un palmarès complessivo di 250 campionati nazionali. Inoltre, nelle otto edizioni della Champions League svoltesi durante l'esistenza dell'organizzazione, a parte il Saint-Germain, le squadre appartenenti all’ex G-14 (ora 18) hanno sempre vinto il trofeo (l'unico club non affiliato al G-14 riuscito ad arrivare in finale della massima competizione europea è stato il Monaco nella stagione 2003-2004).

CONTRA BLATTER. Sono gli anni in cui il potere globale del pallone ha la faccia di un colonnello svizzero. Joseph Blatter ha motivo di temere una così forte sinergia a livello continentale, se un monarca condivide il potere che monarca è? E le schermaglie iniziali non tardano a trasformarsi in azioni legali. Nell'aprile del 2004 il G-18 apre un'inchiesta preliminare ai danni della FIFA. Secondo le accuse, la Federazione Internazionale obbliga i calciatori dei club a partecipare alle competizioni internazionali senza riconoscere loro compensi salariali o indennizzi a seguito di infortuni. Può sembrare più un pretesto per manifestare potere che un atto di umana sensibilità, ma tant’è. Alle lamentele esposte dall'organizzazione risponde Blatter in prima persona, respingendo ogni tipo di accusa. È soltanto l’inizio. Nel settembre 2005 la task force europea cita a giudizio la FIFA in seguito all’infortunio occorso calciatore marocchino Abdelmajid Oulmers nel novembre del 2004: il centrocampista dello Charleroi si rompe il legamento crociato del ginocchio destro durante un'amichevole internazionale contro il Burkina Faso ed è costretto a uno stop di circa otto mesi, impedendo così al suo club di appartenenza di poterlo schierare regolarmente in campo. La squadra belga, che prima dell'infortunio di Oulmers si trovava in testa al campionato, chiude la stagione al quinto posto in classifica, non riuscendo così a qualificarsi alle coppe europee. Da qui il contenzioso. Una storia per certi versi simile (ma senza strascichi legali) può essere considerata quella di Alessandro Nesta. Ai Mondiali del 1998 il difensore subisce una grave incidente durante Italia-Austria, privando il club di appartenenza di uno dei giocatori più importanti per quasi tutta la stagione successiva. Ma la guerra non conviene a nessuno, meglio scendere a patti e venirsi incontro. Il G-18 viene sciolto il 15 gennaio 2008, quando i club appartenenti all'organizzazione siglano, a Zurigo, un accordo con la FIFA e con la UEFA che prevede contributi finanziari ai calciatori partecipanti ai tornei internazionali maggiori (Europei e Mondiali). Scoppia la pace, scoppia anche il G-18. Al suo posto viene creato l’ECA (European Club Association), che riunisce anche il Forum dei Club Europei UEFA. Se a gennaio 2008 è tutto pronto, la prima riunione operativa si svolge in luglio, a Nyon. Svizzera, tanto per cambiare. In quell’occasione viene nominato Presidente l’ex stella del Bayern Monaco Karl-Heinz Rummenigge.

L’ASSOCIAZIONE DEI CLUB EUROPEI è stata riconosciuta come organizzazione indipendente che rappresenta gli interessi dei club nell'ambito europeo, sulla falsariga del G-14, poi G-18. In base all'accordo, la UEFA ha accettato di stanziare ogni quattro anni un importo derivato dalle entrate dal Campionato Europeo per la federazione e per le società che hanno contribuito al successo dell'evento. L'importo di destinazione da trasferire per l'Euro 2008 è stato di 43,5 milioni di euro (62,8 milioni di dollari), con i pagamenti di circa 4 000 euro effettuati in base alla regola "al giorno per ogni giocatore al torneo". Si prevede inoltre di stabilire una serie di impegni per i club da parte della UEFA e della FIFA, compresi i contributi finanziari per la partecipazione dei giocatori nel Campionato Europeo e nel Campionato Mondiale, soggetti all'approvazione dei rispettivi organi. In qualche modo, le vecchie problematiche sono state sanate. Non in modo perfetto, ma diciamo che la pluralità di interessi tende essa stessa a fare democrazia. Nel marzo 2012 la ECA e la UEFA hanno firmato un protocollo relativo al periodo 2012-2018. Il memorandum è stato firmato dal Presidente Karl-Heinz Rummenigge e dall’allora Presidente della UEFA Michel Platini, considerato dai maligni come il braccio operativo di Blatter. L’obiettivo era quello di armonizzare il più possibile gli impegni delle Nazionali e il calcio dei club, nel rispetto delle esigenze delle parti in causa. Il nuovo accordo ha sostituito l'accordo del 2008 ed è rimasto in vigore fino alla metà di quest’anno. Gli aspetti fondamentali del nuovo accordo sono importanti e riguardano principalmente il calendario competizioni internazionali, l’assicurazione degli stipendi dei calciatori (con una voce dedicata in particolare all’aspetto infortunistico), un’equa distribuzione dei profitti derivati dalle varie edizioni dei Campionati Europei. Programma ampio e ambizioso, non c’è che dire. Dal 2017 il posto di Rummenigge è stato preso da Andrea Agnelli.

ED E’ STATO PROPRIO LUI, il presidente della Juventus, a fare un annuncio che ha preso parzialmente in contropiede molti: come nel passato, le Coppe Europee torneranno a essere 3. Tutto sta ora a trovare il format giusto. La soluzione più sensata (e forse più gradita ai fan di un calcio dal sapore antico) sarebbe un onesto ritorno al futuro. Rispristinare di fatto la Coppa delle Coppe, anche per concedere maggiore lustro alle Coppe Nazionali dei singoli Paesi europei. L'appuntamento con la nuova Coppa è quindi per la stagione agonistica 2021/2022. Se, come si prevede, la proposta andrà a regime, il numero delle le squadre impegnate nei tornei continentali salirà a 96, come anticipato proprio da Agnelli alla recente riunione di Spalato dell’ECA. La nuova competizione potrebbe nascere da una costola dell'Europa League, che verrebbe così sdoppiata in due tornei, probabilmente più brevi, meno logoranti per chi scende in campo e meno impegnativi anche sul piano economico. Resta soltanto un quesito aperto: se si riconosce validità a una soluzione del genere, allora perché aver cancellato la Coppa delle Coppe all’alba del terzo millennio? Misteri del calcio probabilmente destinati a rimanere tali.

Diego Mariottini