43 anni fa, nella stessa domenica calcistica, avvengono due fatti consegnati alla storia. E sono entrambi concatenati l’uno all’altro. È il 27 aprile del 1975 e la Juventus si sta avviando a vincere il suo scudetto numero 16. Quel pomeriggio al Comunale i bianconeri affrontano la Lazio campione in carica. Alla quartultima giornata del girone di ritorno i biancocelesti rappresentano per Causio, Bettega e gli altri forse l’ultima montagna da scalare prima del titolo. Alla corte dell’avvocato Agnelli, la concorrenza in attacco non manca, dunque c’è sempre almeno una punta costretta a sedere in panchina controvoglia. L’allenatore è Carlo Parola, quello della celeberrima rovesciata che fa da copertina all’album delle figurine Panini. Parola è considerato un tecnico preparato ma forse non abbastanza severo nel gestire i rapporti, complessi in verità, all’interno dello spogliatoio bianconero di quegli anni.

PROBLEMI DI SPOGLIATOIO. C’è in particolare un attaccante con il quale il tecnico sembra proprio non avere feeling, Pietro Anastasi. Il risultato è quasi scontato: il tandem d’attacco con il maggior numero di presenze è Altafini-Bettega, con il giovane Damiani e gli esperti Causio e Capello a supporto. Eppure Anastasi ha una storia calcistica di spessore, in qualsiasi altra squadra italiana sarebbe titolare senza discussione. Anche quella domenica “Pietruzzo” guarda la partita tra le riserve. Nello stesso momento in cui le formazioni di Juventus e Lazio scendono in campo per il secondo tempo parte la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto”. A quei tempi non esisteva la pay tv, dunque occhio non vede ma orecchio ascolta.

ENRICO AMERI siede nella cabina RAI per commentare in diretta radiofonica il big match della dodicesima di ritorno, mentre Sandro Ciotti è alle prese con il confronto casalingo del Napoli (principale inseguitrice della Juventus) contro l’Inter. A volte anche il calcio ha le sue “sliding doors”, ma anche i suoi episodi paralleli. Ma torniamo per un attimo in campo, anzi in panchina. Anastasi è seduto lì e si può immaginare quali pensieri lo attraversino in quei momenti. Lui, campione d’Europa all’età di 20 anni e goleador di razza, al quale viene preferito uno che è, sì, ancora un ottimo giocatore, ma che è ormai da tempo sul viale del tramonto, il 37enne José Altafini. 10° del primo tempo. Calcio d'angolo di Causio, testa di Altafini che sovrasta Oddi e palla in gol. Ed è proprio il gol del “vecio” a rendere i pensieri di Anastasi, se possibile, ancora più cupi. La verità è che quella domenica la squadra di casa spadroneggia su un’avversaria che sembra ancora in stato confusionale. All’allenatore Tommaso Maestrelli è stato riscontrato un tumore e ha dovuto lasciare la panchina al suo vice Bob Lovati. La notizia della malattia taglia completamente le gambe alla formazione romana, incapace di reagire al più nefasto degli eventi possibili. Ma al di là di tutto, la Juventus è incontenibile e se il primo tempo si chiude sul minimo vantaggio per i bianconeri è dovuto all’imprecisione degli attaccanti. In particolare Bettega sembra avere la testa altrove e sbaglia un paio di gol davvero fatti. Ameri prende appunti e si prepara a commentare la ripresa.

NEL FRATTEMPO anche la prima frazione di Napoli-Inter termina 1-0 per la squadra di casa, come testimonia fedelmente Sandro Ciotti. Al fischio finale del primo tempo, Anastasi rientra con gli altri nello spogliatoio. Ha una storia calcistica e umana di tutto rispetto, Pietro Anastasi. Sono anni che vive al Nord ma è siciliano, catanese di nascita. Ha 7 fratelli e viene da una famiglia poverissima. Cambia la sua vita grazie al fatto di saper giocare al calcio. Viene scoperto quasi per caso da un talent-scout del Varese e la sua capacità di andare in rete fa sì che l’industriale Giovanni Borghi lo porti nella città lombarda. Un anno in serie B e poi l’esordio in A nel 1967, sempre con la matricola Varese. 11 gol stagionali (di cui 3 segnati proprio alla Juventus) e poi il passaggio alla in bianconero. Per molti Anastasi è una sorta di eroe proletario, lo stereotipato paradigma dell’emigrato che riscatta lontano da casa una condizione sociale, economica e quasi esistenziale. La verità è che la fame è fame e che “Pietruzzo” ha la fortuna di avere una qualità per la quale si è pagati molto bene. E poi, l’attaccante la sua fame la trasferisce in campo: vuole farsi apprezzare, ma soprattutto smania per fare gol. E’ la fame che fa di Anastasi uno dei riferimenti non solo della Juventus ma anche della nazionale italiana, in anni in cui la concorrenza è spietata e i campioni al centro dell’attacco abbondano. Nel suo palmarès non ci sono trofei internazionali di club, ma qualche particolare soddisfazione non manca. Per esempio è capocannoniere (con 10 reti) della Coppa delle Fiere nell’ultima edizione disputata, quella 1970/71. È sua l’ultima rete in assoluto segnata (contro il Leeds) in un trofeo poi dismesso e che oggi l’UEFA non riconosce ai fini delle certificazioni europee.

MA INTANTO le squadre sono rientrate in campo. La Juventus è sempre in vantaggio per 1-0 sulla Lazio ed Enrico Ameri ha messo la cuffia all’orecchio e il microfono per commentare la ripresa è acceso. La Juventus continua a dominare una Lazio mai in partita, ma il gol della tranquillità proprio non vuole arrivare. Nel frattempo il risultato di Napoli-Inter cambia in continuazione. Al 12° della ripresa Clerici, bissando il gol del primo tempo, porta il Napoli sul 2-0. Poi Mariani accorcia le distanze per l’Inter. A metà ripresa Braglia porta a due i gol di distanza, ma pochi minuti dopo Boninsegna porta il risultato sul 3-2. Nemmeno a farlo apposta, tutte le volte che allo Stadio San Paolo c’è un gol, in quel momento Ameri sta commentando Juventus-Lazio. Motivo per cui Sandro Ciotti è costretto a interrompere regolarmente il collega, come da prassi di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Non c’è premeditazione di alcun tipo da parte di Ciotti ma tanto basta in quell’occasione per fare innervosire Ameri, il quale conclude la descrizione di un'azione della Lazio in fretta e furia e poi ripassa la linea a Fuorigrotta. Il potenziometro del microfono a Torino non è chiuso e si sente in modo abbastanza nitido una frase stizzita: Ma come si fa a essere così coglioni?.

CALMA OLIMPICA. Nel sentirsi apostrofato Sandro Ciotti ha un sussulto ma il suo autocontrollo è sovrano. Un po’ perché è un grandissimo professionista, un po’ perché i due, malgrado qualche scaramuccia ogni tanto, sono amici. Ameri si rende conto di essere stato ascoltato da milioni di ascoltatori e cerca di riparare dicendo di aver dovuto respingere un tifoso della Lazio, un esagitato, che stava cercando di entrare nella cabina RAI. È la prima e ultima parola fuori posto nella straordinaria carriera di un narratore sportivo radiofonico che ha fatto e farà scuola per sempre. Nel frattempo la partita di Torino prosegue con lo stesso risultato. Mancano 20 minuti alla fine e Parola fa segno ad Anastasi di togliersi la tuta. In teoria dovrebbe uscire Altafini ma Bettega è in giornata troppo negativa per rimanere in campo. Al 71° la sostituzione si concretizza e la punta catanese, numero 13 alle spalle, va a fare coppia con il vecchio José. La Juventus continua ad attaccare e Ciotti non ha più motivi per interrompere il collega. Napoli-Inter resta sul 3-2 e così finirà.

MINUTO 80, Anastasi è in campo e fino a quel momento ha toccato pochissimi palloni, a parte un tiro dalla tre quarti abbastanza insidioso. Ha meno di un quarto d’ora per creare “problemi” al suo allenatore. Con un’azione ubriacante, degna del miglior Garrincha, Causio, grazie anche a qualche rimpallo favorevole, semina tutti sulla fascia destra e punta l’area di rigore avversaria. Sul cross rasoterra all’indietro interviene Anastasi a centro area. Anticipo pieno sul marcatore avversario, giusta torsione con il corpo e nulla da fare per il portiere della Lazio Pulici. Per la parte bianconera del Comunale è una liberazione. Passano due minuti e Anastasi si ripete. L’azione parte da un calcio d’angolo. Su un cross dal fondo di Capello irrompe il numero 13, sempre a centro area. La conclusione è perfetta e imparabile. Sul primo gol viene preso d’anticipo Oddi, sulla rete del 3-0 il malcapitato è Wilson. Ma il meglio deve ancora arrivare. Passa poco più di un minuto e per “Pietruzzo” è l’apoteosi. L’esterno Viola, in campo con il numero 7 al posto dell’indisponibile Damiani, recupera palla in area avversaria su un incerto Re Cecconi e calibra un pallonetto che si stampa sulla traversa. Il primo ad arrivare di testa sul pallone è ancora una volta Anastasi e stavolta il pallone finisce sul palo. Sulla ribattuta è lo stesso centravanti a siglare il gol del 4-0 definitivo. Con tre reti segnate in poco più di 4 minuti e per giunta da subentrato, l’attaccante bianconero stabilisce un record mai superato e del quale non vi è memoria nella storia del campionato italiano. Un “unicum” come la parolaccia di Enrico Ameri. Il tutto nella stessa data.

Diego Mariottini