"Hi Stan, you're 32, do you think you can make it for another couple of years?" (“Ciao Stan, hai 32 anni, pensi di farcela per un altro paio di stagioni?”) Diventare sir a 50 anni per meriti sportivi e non per aver vinto una guerra. Non era mai successo prima, accade poco più di secolo fa. È il 23 febbraio 1965. Quel giorno la regina Elisabetta d’Inghilterra nomina "commendatore" dell'Ordine dell'Impero britannico il calciatore Stanley Matthews, ala destra di straordinaria genialità. Sebbene sia un fatto inconsueto, nessuno grida allo scandalo. Il nuovo sir è un distinto signore (di cui si sa poco, perché allora i calciatori non erano tronisti e non usavano Twitter) che, incredibile a dirsi, ha smesso di giocare ai massimi livelli da pochi giorni.

LA FORZA DEL DESTINO. Quando il 26 ottobre dello stesso anno i Beatles ricevono la stessa onorificenza, all’improvviso l’opinione pubblica si spacca in due. Per la grande gloria del calcio inglese, il 23 febbraio è una data ricorrente. Nel 2000, proprio quel giorno, Stanley Matthews muore. È nato nel sobborgo di Hanley, a Stoke-on-Trent, Inghilterra centro-settentrionale, il 1° febbraio 1915 e in un ospedale di Stoke è morto. Ha appena compiuto 85 anni, soffriva da tempo di cuore, ma era convinto che sarebbe arrivato a 90. Stoke-on-Trent, tranquilla località a nord-est dell'Inghilterra, nelle Midlands. Attualmente la cittadina conta quasi 300 mila abitanti e ha visto nascere anche il cantante Robbie Williams e il leader dei Motorhead, Lemmy. Per tutti, Matthews è stato ed è "the wizard of the dribble", il mago del dribbling. Come saltava l'uomo lui, forse nessun altro. Una cosa che non sempre viene ricordata del fuoriclasse inglese è il fatto di essere stato il primo giocatore in assoluto ad aggiudicarsi il "Pallone d'oro" nella storia del trofeo.

STANLEY BY NUMBERS. È il 1956, e il vincitore ha 41 anni suonati. Altri dati peculiari sono invece ben noti: 322 partite nello Stoke City (dal 1929 al 1946 e dal 1961 al 1965, con 54 gol), 379 nel Blackpool (dal 1947 al 1961) e 17 reti più una Coppa d' Inghilterra. In tutto 701 gare, 54 presenze (e 11 gol) nella Nazionale inglese. Non un grande goleador ma un assistman eccezionale. Un ruolo fondamentale, nella carriera di Matthews, lo ha il padre, barbiere e pugile dilettante (oltre 300 incontri) e fanatico della preparazione atletica. Racconta anni dopo il campione: "Aveva capito subito che sarei diventato un buon calciatore, e mi aveva imposto già da piccolo il suo regime di allenamento, ginnastica al mattino presto con la finestra spalancata".

IL RE DEL DRIBBLING. Punto di forza dell'Inghilterra che non voleva partecipare ai Mondiali per via del suo superiority complex verso le altre Nazionali, Stanley Matthews è protagonista di epiche sfide con l'Italia, la squadra che il Mondiale lo aveva vinto davvero. A cominciare da quella di Highbury, 14 novembre 1934, 3-2 per i bianchi, per finire con lo 0-4 di Torino, 16 maggio 1948, con il famoso gol di Mortensen con tiro d’esterno a giro quasi dalla linea di fondo. Un balzo all'indietro di un secolo esatto, fino al 1° febbraio 1915. Quel giorno la rituale, monotona e fastidiosa pioggerellina bagna l’Inghilterra centrale ma la famiglia Matthews ha altro cui pensare: è appena nato Stanley. Quello tra il calcio e il ragazzino è un amore a prima vista e senza dubbio ricambiato, ma c’è anche un altro sentimento a spingere Stan a migliorarsi: l'amore per la squadra locale, lo Stoke City. È bravo, ne è consapevole ma mantiene sempre una grande umiltà, senza dare mai nulla per scontato o acquisito. Grazie al talento e alla grande applicazione supera gli avversari con una semplicità e una velocità tali da sembrare quasi un giocatore del terzo millennio. Un Ronaldinho molto british, meno attoriale ma altrettanto efficace. Dribbling contro dribbling in un francobollo di campo, un'altra finta e via, il gioco è già ripartito. Lo Stoke City lo tessera senza pensarci due volte e il ragazzo gioca la prima partita in Premier League a 17 anni.

HI STAN. Passano due anni e si aprono anche le porte della Nazionale. Non segna molto ma fa segnare tantissimo. Quando Matthews ha la palla, tutto può accadere. Ha solo un piede, il destro, ma con quello fa tutto e lo fa divinamente bene. La sua è una carriera fantastica, il suo nome in pochi anni è nell’Empireo. Tutto questo, sebbene il "wizard" non giochi in una squadra di primo livello, come potrebbe essere il Liverpool o il Manchester United. Infatti il palmarès personale langue: zeru tituli direbbe qualcuno. Poi un giorno del 1947…"Ciao Stan, hai 32 anni, secondo me un paio di stagioni ad alto livello riesci ancora a giocarle, vuoi venire al Blackpool?" È più o meno ciò che gli dice Joe Smith, il manager dei Tangerines (i Mandarini, come vengono chiamati i giocatori che indossano la maglia arancione del Blackpool, nda). Lui accetta e dà vita a una nuova avventura. Ha 32 anni, per l’appunto, ma l'apice lo raggiunge qualche anno dopo, a 38. Ancora non sa, non ha la palla di cristallo, ma giocherà da professionista ancora per 18 anni. Con il Blackpool arriva il suo unico titolo di squadra.

UNO TITULO. È il 2 maggio del 1953 ed è in palio la Coppa più importante d'Inghilterra, la FA CUP. Forse anche più importante dello scudetto, per i sudditi di Sua Maestà. Dopo che il Blackpool era arrivato vicino alla vittoria in due occasioni, si ripresenta la chance di giocare una finale, questa volta contro il Bolton. Dopo 75 secondi il Bolton passa in vantaggio, dopo 20 minuti dall'inizio ha già raddoppiato. Sembra finita. Poi arriva la rete della speranza per il Blackpool a pochi secondi dalla pausa. Negli spogliatoi Stanley, leader indiscusso del gruppo, cerca di caricare i suoi, vuole fare l'impresa, intende vincere, anche se fino a quel momento ha combinato poco. Il secondo tempo ricomincia, ma è subito rete del Bolton. Passano i minuti e non succede nulla. Matthews gioca male, sbaglia i passaggi fondamentali, a un certo punto appare quasi rassegnato. Il pubblico lo capisce e inizia a incitarlo con forza. Gli fa sentire il suo appoggio. Lui è lì, un po’ fermo sulle gambe dopo l'ennesimo sprint non andato a buon fine, ma Wembley lo acclama. Minuto 68. Riceve palla, prende un avversario in velocità, disorienta l'ultimo difensore e serve una bellissima palla in area per Mortensen. E’3-2, rinasce la speranza. Intanto le lancette dell'orologio continuano a scorrere in maniera inesorabile, fino all'89°: calcio piazzato e Mortensen, ancora lui, realizza la rete del pareggio. Wembley è in delirio. Tutto, a un minuto dalla fine sembra indicare i tempi supplementari fra Bolton e Blackpool.

QUELLO CHE NON TI ASPETTI. L’arbitro sta per fischiare la fine, quando la palla arriva nuovamente tra i piedi di Matthews. Il “wizard of dribble” parte in velocità, arriva sul fondo e serve un pallone perfetto per Perry che non deve fare altro che appoggiarla in rete. Incredibilmente Perry sbaglia. L'arbitro nel frattempo si mette il fischietto in bocca e consulta l’orologio. Sta proprio per fischiare ma la sfera è ancora in possesso del Blackpool. Dunque il referee lascia giocare l’ultima palla. Bell serve Lofthouse che, come fosse basket, affida l'ultimo possesso al giocatore più forte. Il pubblico segue con passione e in piena fibrillazione l'ultima azione. Matthews, rinato nell'ultima mezz'ora, crea scompiglio in area e lancia di nuovo sui piedi di Perry. Ancora una volta il pallone è solo da spingere in rete. Bill Perry questa volta non sbaglia. Per un attimo il pubblico resta immobile, quasi incredulo, poi, quando vede che l’arbitro convalida, esplode. Vince il Blackpool. Vince Stanley Matthews. Una piccola città del nord, più o meno equidistante fra Liverpool e Manchester, vive un giorno di gloria, uno di quelli che gli inglesi ancora studiano sui libri di storia del calcio.

TOP. Nel 1961 il figliol prodigo torna allo Stoke City. Grazie alle giocate di un campione sempre verde, eternamente decisivo e mai arrogante, la squadra fa di nuovo ritorno in First Division. L'ultima partita di Stanley Matthews nella massima divisione inglese all'età di 50 anni, proprio con la maglia biancorossa dello Stoke nel 1965, rappresenta un record tuttora imbattuto. Senz’altro in Inghilterra, ma quasi certamente nel mondo intero.

Diego Mariottini