Le chiamano favole e non lo sono. A ben vedere, nella vicenda calcistica di Gianfranco Zola di fiabesco c’è poco. C’è invece tanto sacrificio, tanta classe, una voglia di arrivare che ad altri è mancata, un grande senso della realtà. La realtà di chi mette tutto se stesso al servizio di un talento superiore. Senza presunzione, senza mai una dichiarazione fuori posto, anteponendo sempre i fatti alle parole. Sono tanti i ragazzi che, pur con grandi capacità tecniche, non ce l’hanno fatta, vedendo svanire poco alla volta il proprio sogno di calciatore: un po’ per sfortuna, un po’ per lacune caratteriali, talvolta per spocchia o anche per aver imboccato le strade sbagliate. La storia di Gianfranco Zola da Oliena, classe 1966, è quella di chi invece ce l’ha fatta a dispetto di tutto, malgrado un fisico non esattamente gladiatorio. È una storia fatta di umiltà, della capacità di adattarsi e di rimettersi ogni volta in discussione, di saper partire per ritornare al momento che conta. Una storia nella quale i due estremi coincidono. Una storia che inizia e finisce in Sardegna.

DA OLIENA CON FURORE – Siamo nei primissimi anni 80 e il giovane Gianfranco ha le idee chiare: vuole essere un calciatore. È piccolino di statura ma con il pallone fa quello che vuole. Se davvero intende vincere, la Corrasi di Oliena non può fare a meno di lui. È una mezzapunta “con licenza di uccidere” e molte saranno in quegli anni le sue vittime sportive. Non ha santi in Paradiso, Gianfranco Zola, dunque è costretto a fare la gavetta senza scorciatoie. Tant’è che a 20 anni, dopo avere militato per due stagioni nella Nuorese, il meglio che gli possa capitare è giocare nella Torres, con la quale ottiene la promozione dalla serie C2 alla C1. Sembra una carriera da “fenomeno locale” e nulla più, perché a 23 anni non gioca ancora nel calcio che conta e comincia a essere tardi. Ma in campo è sempre protagonista e qualcuno che conta si accorge finalmente di lui.

NAPOLI - È il 1989 e quel qualcuno è Luciano Moggi. Moggi intuisce le grandi potenzialità di Zola, vedendo in lui addirittura l’erede di Diego Armando Maradona. Il Cagliari invece lo aveva scartato perché troppo gracilino. A Napoli fa subito amicizia con Diego Armando Maradona. Il tamburino sardo si affezionerà in modo particolare a Maradona e a Careca, grazie ai quali si integra fin dal primo giorno: «Chi ama il calcio non poteva non amare Maradona. Al primo giorno di ritiro il suo benvenuto è stato questo: “Finalmente ne hanno comprato uno più basso di me”. Non so se fosse così, ma non aveva importanza. Se era normale che io guardassi Diego con gli occhi spalancati, specie quando calciava le punizioni, non era così scontato che lui fosse tanto disponibile con me. Era una leggenda vivente ma non si dava arie, era semplice, diretto, disponibile. Per la mia maturazione è stato fondamentale conoscerlo, ma ho imparato tanto anche da Careca». Ed è proprio a Zola che viene data la maglia numero 10 del Napoli quando, nel 1991, si rompe per sempre (e sorvoliamo sui motivi) il sodalizio fra “el pibe de oro” e la società partenopea. Ma nel frattempo, sia pure da riserva, con 18 presenze e 2 gol, nel 1990 l’ultimo arrivato contribuisce al secondo scudetto del Napoli, l’unico della sua carriera. Nel campionato 1991-92 la squadra è allenata da Claudio Ranieri: il nuovo numero 10 è ormai titolare, anzi gioca tutte la partite e i suoi 12 gol alla fine del torneo aprono la strada a un quarto posto che a inizio stagione pochi avrebbero pronosticato. Nel frattempo Azeglio Vicini ha aperto a Zola le porte della Nazionale: l’esordio è datato 13 novembre 1991 ed è una partita che conta. A Genova si gioca Italia-Norvegia, valevole per le qualificazioni per gli Europei di Svezia 1992. Non è un esordio fortunato, l’Italia non va oltre il pareggio ma la colpa non è certo di chi esordisce quel giorno. Il campionato 1992-93 non è felice: sono sempre 12 le realizzazioni della mezzapunta del Napoli, ma la squadra non va oltre l’11° posto. È anche l’ultima stagione di Zola. La società se la passa male e cerca di fare cassa con i pezzi pregiati. I tifosi napoletani vedranno in quel trasferimento un tradimento ma Zola motiverà il suo addio da par suo, spiegando con estrema chiarezza che l’allontanamento era stato dettato dalle scelte della società.

PARMA– Al Parma, senza il peso dell’eredità di Maradona e della situazione economica del Napoli, Zola diventa una volta per tutte un giocatore di livello internazionale. Le sue giocate, ma anche la sua tenacia nei momenti importanti, portano la squadra emiliana a conquistare Supercoppa Europea e Coppa Uefa. Dalla stagione 1995-1996, Zola trova tuttavia sempre meno spazio in squadra a causa dell'arrivo del bulgaro Stoichkov che occupa la sua stessa posizione in campo, causando un dualismo tattico difficilmente risolvibile. Nel 1996 arriva sulla panchina del Parma il tecnico Carlo Ancelotti. Con il modulo 4-4-2. Ancelotti posiziona Zola esterno sinistro di centrocampo, lasciando in attacco Crespo e Chiesa. Zola conclude la sua esperienza al Parma, dopo avere disputato 102 gare di campionato e realizzato 49 gol. Sta per aprirsi un altro capitolo della sua storia, forse il più importante.

GO BLUES – Ad approfittare del dissidio fra lui Parma è la squadra londinese del Chelsea. Per la somma di 12,5 miliardi di lire la società di Callisto Tanzi lo lascia andare e Zola raggiunge Gianluca Vialli in Premier League. Al termine della prima stagione in Inghilterra, “Magic Box”, come ora lo chiamano i tifosi, si toglie una doppia soddisfazione vincendo la F.A. Cup e aggiudicandosi il titolo di miglior giocatore del campionato. Ma il bello deve ancora venire, perché è la stagione 1997-98 quella che lo consegna alla storia del cacio inglese: in un solo anno la squadra (guidata da Vialli nella doppia mansione di allenatore-giocatore) Zola vince la Coppa di Lega Inglese, la Coppa delle Coppe e la Supercoppa UEFA. Proprio nella finale di Coppa delle Coppe contro lo Stoccarda, Zola è protagonista nonostante non parta nell'11 titolare. Entrato in campo a 19 minuti dalla fine, “Magic Box” impiega solo 20 secondi a segnare il gol che vale la vittoria ai danni della formazione tedesca. Nel 2000 arriveranno per lui anche il trionfo nella Coppa d’Inghilterra e nella Community Shield. Al termine dell’esperienza londinese (1996-2003), Gianfranco Zola, vero ambasciatore del calcio italiano oltremanica, avrà collezionato 229 presenze e 59 reti.

LA NAZIONALE – E’ forse il paragrafo più chiaroscurale di questa storia. Il bottino di 10 reti in 35 presenze non è male, ma da lui ci si sarebbe atteso di più. Ma ognuno ha la sua croce e Zola ne ha addirittura due: Roberto Baggio e Alessandro Del Piero. Anche se il paragone, sotto il profilo tecnico, regge, Baggio è più elegante, mentre Del Piero è più decisivo. Per di più, in quegli anni Enrico Chiesa sta crescendo nella considerazione generale. L’esperienza al Mondiale 1994 è breve: subentrato nella gara degli ottavi contro la Nigeria, Zola è in campo per 12 minuti e poi viene espulso a causa di un contrasto di gioco inesistente. La successiva squalifica per due turni chiude di fatto la sua partecipazione, anche perché nel frattempo Baggio sta facendo miracoli al posto suo. Il 25 marzo 1995 mette a segno i suoi primi gol in Nazionale, realizzando una doppietta nella gara contro l'Estonia (4-1) disputata a Salerno. Viene convocato per l'Europeo 1996 ma nemmeno quella è un’esperienza felice. Nella partita contro la Germania (0-0), fallisce un rigore decisivo per il passaggio ai quarti di finale e gli Azzurri sono eliminati. Ma almeno una bella soddisfazione in Nazionale c’è. Il 12 febbraio 1997 Zola segna il gol che dà all'Italia la vittoria contro l'Inghilterra allo stadio di Wembley, nel corso di un incontro valido per le qualificazioni al Mondiale '98. In quello stesso anno Zola gioca anche la sua ultima partita in Nazionale, (l'11 ottobre a Roma nuovamente contro l'Inghilterra). Il CT Maldini preferisce andare ai Mondiali di Francia con Del Piero e Baggio.

GET BACK - nella stagione 2003-2004 Zola rientra in Italia e fa una scelta di cuore, ma anche di testa: il Cagliari si trova in serie B ma per lui non è un problema. Non è la sua Barbagia ma è pur sempre la sua regione. Firma un biennale con in calce una promessa precisa: riportare la squadra sarda in serie A e -perché no - in zone tranquille della classifica. A 37 anni compiuti è una decisione per certi versi azzardata, per altri ben calcolata. E i risultati arrivano, perché al primo colpo è subito promozione. 13 realizzazioni in 43 partite, una buona media gol ma soprattutto un utilizzo massiccio in campo, per un “vecchietto terribile” come lui. Proprio mentre sta riportando in Cagliari in A, giunge dall’Inghilterra una notizia fantastica: Zola è nominato Membro dell'Ordine dell'Impero Britannico dalla regina Elisabetta. Per gli inglesi lui è un esempio universale di correttezza e di dedizione. È un grande calciatore e un uomo “with the balls”. Sebbene il Chelsea non abbia ufficialmente ritirato la maglia numero 25, nessun giocatore dopo Zola ha più indossato quella maglia. Il ritiro ufficiale di uno dei più grandi calciatori italiani di sempre avviene al termine del campionato 2004/2005. L’ultimo acuto avviene contro la Juventus. Il 29 maggio 2005 il Cagliari perde 4-2 ma Zola segna una doppietta che strappa l’applauso anche ai tifosi avversari. La standing ovation a fine partita tributata a Gianfranco Zola anche da parte di chi non tifa Cagliari vale più di chilometri d’inchiostro.

Diego Mariottini