La Juve supera una arrembante Fiorentina che va alla conclusione con una quantità industriale di tentativi. Sfodera una difesa di emergenza senza i suoi brasiliani che resiste benissimo e ancora una volta sorgono le solite questioni sulla vittoria morale o meno. Il calcio ha una legge, a mio avviso, fondamentale: vince sempre chi gioca meglio. Questo può valere anche se ti chiudono in difesa e poi vinci per una distrazione oppure per una unica azione letale. Se si considera questo modo di vedere le cose, chi perde non può sicuramente appellarsi al fatto che attacchi come un disperato oppure che il portiere che è un giocatore come un altro si supera in certi interventi. Lasciamo perdere gli errori esterni, Se sono in buona fede fanno parte del gioco. Juve e Inter vincono comunque contro due squadre che giocano a calcio ma che perdono per loro irrimediabili errori. E quindi meritano di perdere. Dura lex sed lex.
Ne commette due la Dea e ne commette uno la Viola. Le grandi squadre sono grandi proprio perché anche se sbagli una volta ti puniscono e poi non ti consentono di rimediare.
Padovan in suo intervento argomenta che tali vittorie alla fine non soddisfano nemmeno i tifosi. Non mi sento molto d'accordo nel senso che ai tifosi penso interessi una cosa fondamentalmente, vincere non solo una partita ma soprattutto vincere un campionato magari, anche di “corto muso”, secondo la filosofia di Allegri. E se questa filosofia ti porta a vincere un campionato con il Milan, un secondo posto ancora con il Milan e ben 5 campionati consecutivi con la Juve probabilmente in questo tipo di atteggiamento qualcosa di buono deve pur esserci. E i tifosi ricordano i campionanti vinti e non si ricordano se per vincere hai giocato meglio o peggio.
Occorre sottolineare che Allegri nei suoi 6 vinti solo una volta trova un secondo che, secondo il suddetto parametro, è di pochissimo superiore, peraltro, ed è, guarda caso con Spalletti, recente ultimo vincitore dominante e sempre in perfetto accordo con il suddetto parametro. Mentre vincere un campionato quando i numeri sembrano dare indicazioni controverse con il mio sistema di giudizio che ho spiegato in diversi interventi, potrebbe magari smentirne la validità, ma da un esame più approfondito, se ne può tranquillamente concludere che l'eccezione alla fine sembra confermare la regola. Il parametro, lo ricordo, è il semplice rapporto tra la differenza reti e le partite giocate. E quando il campionato alla fine vede delle situazioni anomale almeno per le prime due arrivate in cui il parametro della seconda risulta superiore alla prima, la risposta, e cerco di dimostrarlo, non è nel fatto che questo sistema di valutazione non funzioni sempre al 100 per cento, nulla mai funziona al 100 per 100 lo dice anche un genio come Einstein, ma invece nel fatto che con la regolarità si può vincere un campionato anche con valori inferiori e facendo soprattutto valere il “corto muso”. Nessun dubbio quando invece i parametri scalano esattamente in discesa cosa che si verifica per circa l'80% dei casi in tutti i campionati e per qualunque numero di partite. Se questa è la percentuale riscontrabile sui 76 campionati giocati dal 1946, vuol dire che questo semplice “Uovo di Colombo” una certa validità deve pur averla.
Ho esaminato un poco più in profondità due campionati distanti tra loro nel tempo, ma giova ricordare che il passato insegna sempre.  Due campionati che presentano un secondo arrivato con numeri migliori del primo. Hanno pure la caratteristica di chiudersi sul filo di lana, e di “corto muso” come dice Allegri che s'intende pure di cavalli. Il primo è quello del '66-'67, sicuramente ricordato come infausto dai tifosi intersiti. L'Inter, e penso sia il ricordo dei tifosi che lo hanno visstuto, “sembra” perderlo addirittura all'ultima giornata. In verità lo perde un poco di tempo prima dell'ultima partita persa con il Mantova. Si affrontano due Herrera, il mitico Helenio interista e un quasi sconosciuto Heriberto, nel senso che non viene dal Real Madrid ma dall'Elche, non certo un club di primissimo piano, un paraguaiano che allenerà pure l'Inter dove conquista un secondo posto, nel 69 70 salvo poi essere sostituito alla 5a giornata nel campionato successivo. Helenio, poi è il dominatore mediatico della piazza calcistica milanese, perché Rocco, che “xe omo” se ne va dal suo Milan e mantiene la sua promessa verbale strappata, in un momento di malinconia, cosa che gli accadde spesso nella sua vita, dal grande presidente Pianelli per sedersi stranito sulla panca del Toro. Con lui altrettanto stranito in campo Cesarone Maldini e forse noi tifosi ancora di più a vederceli contro. Altri tempi, in cui le parole contavano assai. E' uno scontro tra un calcio frizzante del “taca la bala” di Helenio e quello molto più essenziale, geometrico, piuttosto rigido di Heriberto. Uno che, come si dice a Milan “sta schisc” vola basso. Lo stare schisci è cosa che auguro al molto bistrattato Pioli contro i parigini stasera. Heriberto lo vince con uno 0,74 contro un ben più consistente 0, 94 di Helenio. Helenio è un poco meno votato all'attacco che nei primi tempi ma rinnova goleade con calcio che infiammano i tifosi. Magari si infiammano un poco meno i tifosi juventini, anche allora, come dice Padovan, ma sarà poi vero quando alla fine si vince e si scorda tutto?E' sempre l'Inter di una grande difesa. I quattro moschettieri invincibili Burgch, Guarnieri, Picchi Facchetti. C'è un Bedin settepolmoni. Con lui Domenchini ara il campo in decine di volte con la sua falcata incessante. Mazzola è sempre il razzente folletto dallo scatto bruciante. Corso sempre tra i cedibili, è ancora una volta cancellato dal Presidente, ma il suo sinistro divino incanta sempre e comunque. In mezzo un vecchio brasiliano dalle gambe da cavallerizzo, Vinicio, ora non più feroce nei primi metri, ma di grande intelligenza tattica e di piedi buonissimi, sempre grande di testa e nei calci da fermo.
Dall'altra c'è una Juve decisamente e stranamente più operaia e che si sposa perfettamente alla conduzione del paraguaiano. Leoncini Gori Bercellino, Salvadore e Castano non sono al livello interista ma comnque è una difesa tosta e di altissimo valore.. Del Sol non è Suarez, ma corre come un dannato e Cinesinho non è Corso, anche se ha giocate raffinate. Stacchini e Menichelli sono però ali veloci che lottano e tornano. Non ha un grande centravanti anche se De Paoli e Zigoni si danno da fare. La Juve chiude infatti con 44 gol e soli 19 subiti mentre l'Inter ne fa ben 15 in più con 22 reti subite in fondo non tante di più. E allora? Perché l'Inter non lo vince a mani basse quello scudetto?
Partono forte i nerazzurri, nel giro di 7 giornate hanno già segnato la bellezza di 18 gol. E' il calcio champagne di Helenio. Molto inferiore Heriberto solo 10. L'Inter ha 3 punti di vantaggio alle settima. Lanciatissima, ma la “Nave del Deserto” Heriberto ha una sua marcia di molti “corto muso” I più 3 vengono lentamente assorbiti ma l'Inter ha un sussulto e alla 23 è addirittura ancora a +4. Lo 0 a 0 non esiste a casa di Helenio, o si vince o si perde. In 23 giornate 5 pareggi. Per Heriberto sono ben 11 i pareggi. Ne rosicchia subito 2 e quando alla 28 L'inter ritorna a 4 vincendo contro il Venezia con un emozionante 3 a 2 e la Juve cade in casa con il Bologna. Si pensa che il gioco interista alla fine paghi. Molti cronisti definiscono “noioso” il gioco della Juve. Ricorda qualcosa? Addirittura alla 30 il Milan vince a Torino e tutto si decide allo scontro diretto. Alla 31 Heriberto, nel derby d'Italia vince ancora di corto muso 1 a 0. Da lì l'Inter sente il fiato sul collo. Non riesce più a vincere. mentre sempre di misura Heriberto avanza inesorabile fino al -1 della 33. Se noi milanisti abbiamo avuto la fatal Verona, sicuramente prima della nostra c'è una fatal Mantova per i cugini. Di misura Heriberto batte la Lazio e l'Inter perde sul filo di lana. A cosa è servito il suo calcio champagne di ben 6 vittorie con 3 e più gol di scarto rispetto alle sole due della Juve?. Alla fine prevale la regolarità nei pareggi, 13 della Juve contro i 10 dell'Inter e 10 vittorie con 1 gol di scarto contro le 8 dell'Inter. Si equivalgono abbastanza le vittorie con 2 gol di scarto. 6 per la Juve e 5 per l'Inter. Considerando che in ballo ci sono i due punti e che l'Inter perde 5 volte contro le 3 della Juve. Sono i pareggi, le maggiori vittorie di stretta misura, in poche parole regolarità e passo costante, che alla fine, ovviamente con lo scontro diretto ti fanno vincere. Quindi l'Inter perde lo scudetto prima della sua caduta finale, lo perde sulla mancanza di regolarità e su partite perse che non compensano le sonanti vittorie con più di 3 gol di scarto. Non è poi nemmeno che nelle due squadre ci sia un capocannoniere, perché è Gigi Riva il bomber principe di quel campionato, quindi tutto si risolve nella semplice costanza oppure nella vittoria di misura come sta facendo ora la Juve anche se gli esteti del bel gioco storcono la bocca, ma forse non i tifosi.

Il secondo campionato che considero è davvero epico, non solo perché è una vera titanica lotta tra due grandissime squadre, ma pure tra due allenatori con matrice comune ma di idee totalmente opposte.
E' il campionato '76-'77, forse uno dei più belli in assoluto, per la lotta che lo ha caratterizzato e per il valore dei contendenti in panca e sul campo. Il Presidente Pianelli, uno dei più grandi e classici presidenti del nostro calcio, compie un miracolo e rispolvera un mito. L'anno precedente i tifosi granata non credono ai loro occhi, perché dopo 27 anni ritrovano “Il Grande Torino”. Siede un poco di Milan sulla panca del Toro. Gigi Radice da Cesano Maderno, un brianzolo molto nordico dagli occhi di ghiaccio. Da Rocco prende l'abilità di assemblare una squadra di quasi semisconosciuti, di riciclarne altri in ruoli diversi , pure da serie inferiori e di metterli in unione perfetta con grandi campioni. Ma il suo tributo rocchiano finisce lì, perché se c'è uno che ha fatto per primo in Italia il calcio totale e il pressing a tutto campo , non è il Vate di Fusignano, ma è lui il Gigi dagli occhi cerulei. La sua squadra è un capolavoro, un insieme che fa luccicare di lacrime e di ricordi i tifosi che ricordano il Toro che fu. In porta c'è Castellini, un gatto di grande forza e dinamicità, Si inventa tale Caporale come libero di grande maestria, Santin e Salvadori sono terzini che attaccano e difendono, Fluidificano. Al centro in difesa Mozzini, un Kim ante litteram. Patrizio Sala l'operaio dai piedi buoni che pressa a centrocampo, Pecci il geometra talentuoso alla Lobotka o alla Calha di oggi, di raffinata visione e tecnica, Zaccarelli uno Zielinski di piede buono e pure abile al tiro. E davanti due cannonieri unici, una coppia principe, forse unica in tutta la storia del calcio del dopoguerra. Graziani, buono in tutto di piede e di testa e Pulici ciclonico, un Leao più continuo. Non si è mai celebrata, direi quasi dimenticata la innovazione di Radice, facendola passare quasi in secondo piano rispetto a quella, molto più celebrata, di Sacchi, sicuramente importante, ma il copyright non è il suo anche se ha aggiunto qualche variante, sul pressing e soprattutto sulla preparazione fisica e mentale. L'anno precedente Radice vince senza discussione sulla Juve ordinata di Parola. La Juve si batte bene, va vicino al Toro. Fa 46 gol contro i 49 del Toro, incassa 26 gol contro i 22 del Toro. I miei numeri non mentono in questo caso. Non è certo una Juve qualsiasi beninteso. Zoff Scirea Morini Gentile Furino Causio Anastasi Bettega Capello una grande squadra che non ce la fa comunque con il genio di Gigi.
Ci vuole un ritocco da grande direttore d'orchestra. Un altro colpo di genio tipico dell'Avvocato che anticipa il colpo del suo rivale industriale di qualche anno dopo. Pesca un altro milanista, passato di striscio in una panchina piuttosto trafficata quell'anno al Milan, un certo Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino. L'Avvocato, da quel grande Capitano d'Industria che è, non caccia i suoi guerrieri Vycpalek e Parola, li risistema per far spazio con grande maestria manageriale al nuovo arrivato. Anche lui viene dalla scuola di Rocco, ma di idee opposte al suo compagno Gigi.
Se Radice sta in fondo solo a se stesso, Trap sta molto vicino a Rocco. Vince con atteggiamento rigoroso, con occupazione geometrica e precisa degli spazi. Segna 50 gol un gol in meno del Toro e ne incassa addirittura 6 in più del suo antico compagno. E come fa a vincere? In un campionato epico forse uno dei più belli dove si scontrano non solo due grandissime squadre ma pure due filosofie di gioco, seppur di stessa matrice, Radice strappa pure 3 punti su 4 a Trap  negli scontri diretti. E allora? Vincono ancora le vittorie di corto muso, dieci della Juve contro 8 del Toro, le vittorie a 2 reti di scarto sono quasi pari 6 della Juve contro le 5 del Toro ma dove si vede come il gioco scintillante di Radice si schianta contro il muro del Trap sono le vittorie con più di 3 gol, 2 sole della Juve e ben 6 del Toro. Trap il pragmatico vince sul visionario Radice. Toro è avanti fino alla 17 con un derby vinto seccamente con punteggio inglese. Trap è sempre dietro ma alla 18esima lo supera. Vince in casa “di corto muso” su un certo non irresistibile Foggia mentre il Toro cade a Roma. Arriva contro la Roma imbattuto e da lì non passa più avanti. Come un botolo a cui non puoi strappare l'osso che tiene in bocca Trap lo fa affiancare in un paio di occasioni ma mai più superare. Il suo +1 resiste fino alla fine. Per il Toro è un lampo. Radice arriva ancora terzo nel 77 78, ma la sua magia svanisce.
Il Grande Toro è però ritornato in campo ancora una volta. Radice scompare dal grande palmares del nostro campionato e bisogna aspettare un'altra “intuizione” manageriale e una simile tecnica da parte di Sacchi. Ma il padre putativo di tutte le battaglie è però sempre lui, Rocco e il suo allievo ideale di strada ne fa eccome... purtroppo non più da noi.