Che bella la foto postata da Theo Hernandez! Niente primi piani da star, niente super femmine avvenenti, nessun pollice in sù sullo sfondo di un trofeo, niente Lamborghini, rap coi compagni, momenti da spogliatoio, allenamenti avveniristici e cose del genere.
No. Theo tiene in braccio il suo bambino, mentre gli augura buon compleanno. 
È una foto bellissima, è la parte più vera della favolosa vita d’un campione. In bianco e nero, eppure luminosissima.
L’amore di un padre, la tenerezza di un bambino al suo primo anno di vita, l’incontro armonioso di due corpi e un’anima. 
Sì, però … “Figlt adda muri",
Ci sono persone che in bianco e nero ci vivono, pensano, agiscono, scrivono, tifano. E non c’è nulla di luminoso in loro. 
Vergognatevi, pseudo tifosi napoletani!
Vergognatevi!

I BAMBINI NON SI TOCCANO 

Questa volta avete passato il segno, avete superato il limite della decenza, avete rovistato nello schifo delle vostre menti marce. 
Pensavamo di averle viste tutte, le negazioni della civiltà. Tutte: dai Bu all’avversario di colore alle imprecazioni delle più disparate, dalle bestemmie in libertà, agl’immondi improperi all’indirizzo dell’arbitro, dalle idiote allusioni sessiste alle offese a mamme e mogli, dai vulcani che sommergano di lava una città a un atleta che deve morire, dai fumogeni alle risse, dai coltelli alle spranghe, dalle diffide ai Daspo, dai motorini che cadono giù da una curva alle invasioni “smutandanti” di fine stagione.
Tutto! Avete fatto tutto. Ci avete fatto vomitare di tutto.
Ma questa volta no, questa volta ci avete fatto vomitare l’anima, avete oltrepassato ogni limite; per l’ennesima volta siete scesi all’inferno, ma questa volta avete raggiunto il punto più basso, da cui non si ritorna. 
Theo Hernandez non vi ha fatto niente,
è solo un campione che ha la colpa di vestire una maglia diversa da quella per cui voi fate il tifo. E niente, ma proprio niente vi ha fatto il suo bambino. 
I BAMBINI NON SI TOCCANO

Deve morire! Siete arrivati ad augurare a un padre la morte del suo piccolo. Ma cosa siete? Ma quale surrogato di melma liquida scorre nelle vostre vene? Ma quale aria fetida filtra dai vostri polmoni? Che bevete? Che mangiate? Dove dormite? Cosa siete? Quanto becerume c’è nei vostri cuori?
E quanto siete cretini? No, non siete cretini. Basta con questa storia dei cretini! Troppo facile e troppo comodo derubricare il tutto a cretinaggine. Perché un cretino lo perdoni, l’immortalità no. Non siete perdonabili. Neppure il più pio dei cristiani può perdonare quella frase. 
I BAMBINI NON SI TOCCANO 

E non c’entra niente il calcio, non c’entra niente la rivalità, il Napoli, il Milan, Hernandez… siete, tristemente e semplicemente, la parte malata della nostra società. Quella parte di società che odia di default. Che non legge un libro nemmeno sotto tortura. Che passa ore col cellulare in mano a digitare scemenze. Che mescola alla rinfusa principi e valori con idee estreme e false ideologie e ne fa un frullato di cavolate da propinare agli altri. Che è anti sistema perché esserlo è l’unico modo per “esserci”. Che “fa della televisione il suo guru” e vive dal divano la sua ennesima serie. Quella parte di società iper social e asociale. Che va allo stadio per sfogare frustrazioni mai troppo represse mai troppo sfogate. Vi intendete di scarpe ma non avete percorsi da immaginare, seguire, tracciare; amate gli orologi ma non vi preoccupate delle ore vuote che scandiscono le vostre giornate; impazzite per le auto e sapete solo invidiare chi ce le ha. Guardate una foto di Theo Hernandez col suo bambino e postate le peggiori nequizie.
I BAMBINI NON SI TOCCANO 

“Sit ruij sciem tu e chillu cos e figlt": un’altra delle perle di schifezza postate sotto quella foto. Siete il manifesto scolorito del circo degli orrori, appiccicato abusivamente sui muri. I manifesti, vi farei diventare dei manifesti. Quelle frasi andrebbero impresse in dei manifesti in bianco e nero, coi quali tappezzare la vostra meravigliosa città, come gli antichi messaggi funerei che ancora oggi si vedono nei paesini. Perché di fatto avete ucciso l’unica cosa che Dio (o la sorte, fate voi) vi aveva donato, senza meritarvelo: la vostra napoletanita’. Avete usato la lingua più bella, più musicale e più poetica del mondo per scrivere le cose più brutte, più stonate e più spoetizzanti del mondo. Del vostro mondo, un mondo grigio, dove vivete nell’eterna opalescenza delle vostre stesse afflizioni. 
Prendetevi una pausa, affacciatevi alla finestra e respirate il sole… ne avete così tanto! Forse così farete pace con voi stessi e la smetterete di ammorbarci. 
I BAMBINI NON SI TOCCANO, se lo fate siete il morbo. 

Non ci sono parole, questa volta siete stasti bravissimi, ci avete lasciati senza parole. Sto facendo davvero tanta fatica a scrivere questo articolo, a dirvi ciò che penso, ma devo farlo, voglio farlo. Non perché ritenga che ciò possa generare in voi chissà quale riflessione; e no, non vi affaccerete mai, le vostre son finestre su cortili fatiscenti e strade senza uscite. 
Tuttavia, a fronte di questo scempio non si può stare zitti, non ci si può voltare dall’altra parte; e poi, da tifoso di calcio (interista, simpatizzante per il Napoli), ho voglia di dire, e scrivere, che i tifosi non sono questi.
Spesso e volentieri, per colpa di questi indegni autori di pensieri da fogna, si elabora la sommaria identificazione del tifoso con questi soggetti. E invece no, loro non sono “i tifosi”.
È giunto il momento di smontare l’assioma. Sono uomini e donne affetti dalle miserie umane, che partecipano, anch’essi, a uno dei più grandi fenomeni sociali di massa, cioè il calcio. Che trasformano in metafora di guerriglia: le bandiere come insegne di guerra, ogni città una contea nemica, i colori sociali come pigmento delle proprie “armature” da indossare allo stadio, calciatori e allenatori come militari d’avamposto, le tifoserie avverse come eserciti da abbattere, gli stadi come porti franchi dove tutto è concesso alla violenza, fisica, verbale e morale. 
Questo non è il calcio, no. 
Il calcio è vita, è festa, è competizione, è divertimento, è evasione, è spettacolo. Che deve continuare, sì. Ma senza dargliela vinta ai deficienti, tracciando piuttosto una linea netta tra noi, “iniziati alla follia del pallone” (ci definirebbe Erasmo) e loro, che non sono iniziati a null’altro che ai propri insulsi riti quotidiani, che non sono folli bensì lucidi stronzi, e a cui, in fin dei conti, del pallone interessa poco e niente.
A loro interessa scrivere a un papà che suo figlio adda’ murì e cose degeneri del genere. 
Ma questa volta avete davvero toppato, I BAMBINI NON SI TOCCANO 

No, questa volta non ve la perdoniamo. Questa volta niente provvedimenti, niente dissertazioni su come evitare cosa, niente ricette sociali, anestetici culturali, teoremi, slogan e spot-progresso. Niente. Questa volta vi dico dal più profondo del mio cuore di andarvene a quel paese (ve la direi più sporca, ma qui non si può).
Già, il cuore. 
“E figli so piezz e core”, conoscete questa frase, no?
È vero, i figli sono un pezzo del nostro cuore e voi quel cuore ce lo avete stracciato. 

Viva Theo Hernandez e viva il suo meraviglioso bambino, a cui faccio un augurio: di esultare mille volte, braccine in aria, ai gol del suo papà…
Oh... non contro l’Inter però...