L'uomo è una macchina perfetta, ma non è un robot. Quando vedo un gol come quello di Di Marco, penso che ritroviamo il senso ultimo del calcio, che non è solo sport di squadra ma anche risultati di gesti folli, di prodezze e soprattutto di errori.
Leggo dottissime dissertazioni tecniche sul perché di una vittoria oppure di una sconfitta e finalmente mi viene in aiuto non la dotta disquisizione, ma un qualcosa che non ti aspetti. Quindi qualsiasi impostazione tattica, tecnica che si possa dare, per la infinta serie di fattori concomitanti oppure no e inoltre per le incidente di fattori esterni  oppure perche' in campo ci sono degli uomini e non dei robots, viene superata da un gesto di un singolo, geniale e magari anche folle. 
In particolare riporta una vittoria ad un gesto e non solo ad un insieme di istruzioni, e quindi la "tecnocrazia" calcistica sarà, nella mia personale visione, sempre una condizione necessaria, perché oggi sembra alla base di ogni fenomeno calcistico e non solo, ma assolutamente, fortunatamente, non sufficiente.
Ultimamente gli schemi, le tattiche, il tecnicismo e le relative spiegazioni hanno totalmente preso il sopravvento sugli aspetti umani. Diventa più  importante dissertare solo quindi se il Milan ad esempio debba giocare con un play basso oppure due, piuttosto che su fattori diversi più attinenti all'animo umano e non a delle macchine che vengono programmate e che eseguono perfettamente le istruzioni e quindi a dei robots. Magari dovuti più a semplici errori. Umani, appunto.
Sia chiaro, senza alcuna ironia che sono però ammirato dagli articoli ricchi di notazioni tecniche del perché o percome, che leggo attentamente. Penso che, in fondo, il pareggio del Lecce è principalmente dato dalla voglia di farlo dei leccesi e dalla paura del Milan di subirlo. E da due cavolate del povero Musah a cui contribuisce sostanzialmente il suo allenatore mettendolo forse inconsciamente in ambasce per quanto sotto detto, come esempio magari un poco cretino. E gli allenatori considerano sempre più la loro formazione come un puzzle fatto da tesserine secondo schemi fondamentalmente tecnici.

Considero, ad esempio, il turnover e faccio un esempio terra terra. Se in una semplice graduatoria da 1 a 10 ho un giocatore di classe  8 e di freschezza 6 e  ne ho uno di classe 6 e di freschezza 8 chi faccio giocare? E soprattutto partendo dalla considerazione che ovviamente sia in grado di giocare ma che soprattutto abbia la voglia di farlo? Sono numericamente allo stesso livello, ma vedo che di solito oggi gli allenatori nel turnover tengono gli uomini di maggior classe come riserve. Forse può andare bene per una battaglia, ma non per una partita di calcio.
Qui forse occorre fermarsi un momento.
Che cosa veramente deve prevalere in una partita di calcio, la classe, la tecnica individuale, seppure inserita nel calcio tecnocratico di oggi, oppure la forza fisica?
Francamente devo riconoscere che il derby romano di ieri e' stato sicuramente intensissimo, ma altrettanto scadente tecnicamente. Non sono certo al livello di leggere le partite come uno Zardo, un Velox, un Frankie, un Pereira e altri ai quali metaforicamente e calcisticamente  parlando, non allaccio nemmeno le stringhe degli scarpini, ma francamente la mia risposta è ovvia. Quello di maggior classe. Quindi che senso ha per Garcia inserire Zielinski e Kvara seppure stanchi alla fine quando a parità di numeri come sopra affrontano forze fresche che comunque li sovrastano complessivamente. E quante volte il nostro non ha fatto lo stesso? Il 14 di cui sopra non sarebbe meglio metterlo in campo almeno per ottenere il vantaggio della classe, ammesso che sia questa la determinante ultima e direi in aggiunta la motivazione.
Da un punto di vista motivazionale, penso che subentrare a un campione, che ha portato un risultato, con il compito  di mantenerlo sia più  forte che farne sentire la mancanza da subito. Quindi con buona pace dei miei amici di penna che sapientemente studiano e spiegano lo svolgersi di una partita il gesto di Di Marco che scardina una disposizione tattica perfetta del Frosinone fatta di chiusure e di velocità, di marcature preventive o no, di play alti o bassi, di tattiche studiate, di gesti fatti dal burattinaio in area tecnica, con tutto il rispetto per il ruolo che francamente vedo molto di più  prima che durante una partita, magari lasciando meno oppressione ai giocatori, mi ha riempito di romantica gioia di un calcio fatto da uomini e non da macchine oppure tecnocrati oppure da giocatori guidati come bambini dell'asilo. È chiaro che ho torto marcio. Quindi inutile contraddirmi.

In metafora letteraria, considero l'Infinito di Leopardi il punto più alto della letteratura italiana moderna, senza scomodare Dante. Italiana perché nessuna poesia può essere tradotta senza perderne i significati glottologici della lingua originale. Chiaro, scrivere un libro è grande fatica ma penso che uguale fatica nel tempo sia stata pari in Leopardi per dare al mondo un capolavoro come quello. Quindi parimenti per me l'essenza del calcio è la poesia del gesto e dell'uomo e non degli schemi oppure dei romanzi tattici. Meno male che ogni tanto c'è un Di Marco che mi conforta. Ripeto sono fuori dagli schemi e quindi da un calcio probabilmente per me solo onirico.

Garcia sbaglia tutto, trova un portiere che in forma di karma ha dentro di sé Lev Jashin, para 4 palle gol nitide e viene licenziato da un presidente fumino che pretende che San Gennaro ripeta la grazia di un Napoli irripetibile fatto da prestazioni irripetibili più che da schemi. Da gesta e forse da uomini irripetibili. Penso che francamente Spalletti pratico uomo di campagna e di cultura questo lo abbia capito, levando opportunamente le tende lasciando il cerino in mano ad altri. De Laurentis poco si preoccupa dei soldi che gli costa cacciarlo.
Ma i miracoli in senso calcistico sono cosa rara e poco ripetibili in analoghe circostanze. Sono come le variazioni di Paganini, degli impromptu che una volta, ora non più, venivano concessi ai virtuosi di violino. Meno fantasia e più rigore vivaddio.
Il nostro che fa gli stessi errori di Garcia e pure da molto più tempo rimane, solamente perché Gerry ha il braccino corto, anche se ha incassato molto di più di quello che ha speso in un arco temporale che guarda caso ha portato il Milan in attivo. Di quanto di più, prima se ne faceva il conto e ora non più, disegnando un crinale confuso tra una proprietà che vuole fare business e una che ha in mano una delle squadre più prestigiose del mondo. Questo non toglie niente alla mia difesa di un uomo che ridicolmente volle farsi re, essendo un più che onesto barone o meglio Duca. I San Sebastiano non mi sono mai piaciuti sia concettualmente e sia pittoricamente. Oppure pretende di essere un Karajan invece che un normale conductor, viste le mie matrici musicali.
Ma tranquilli, perché sarà molto difficile che venga segato, perché  nel normale gioco delle parti, con l'arrivo di Ibra e nella ipotesi che ne arrivi un altro, se le cose poi vanno male ugualmente a chi passa il ruolo del tristissimo martire?

Una nota sull'argomento del summit su cui si concentrerà il quadrunvirato, ormai. Gli infortuni. Si è molto trascurato al riguardo un intervento di Da Peterston, il grande Dan, per me un mito,  che puntava il dito più sulla eccessiva se non ossessiva ricerca della  muscolarizzazione invece che sulla agilità. Eppure non se lo è filato nessuno. Nel campo del basket nazionale non è  che il Dan in fatto di innovazione e di preparazione sia poi tanto diverso dal celebratissimo Vate di Fusignano. Direi che il Vate viene magari dopo Radice nella scoperta del calcio totale ma il tandem con Pincolini e la ripresa dei concetti del mio ammirato Sergente di Ferro sono sicuramente un fatto innovativo. Non a caso Pincolini dà grande risalto al ruolo della mente alla base degli infortuni ricordando che gli uomini sono macchine perfette ma che si ammalano. Forse non è così un caso che Leao subisca un infortunio dopo essere passato dall'emulo di Mbappe' a qualcosa di più di un Paolone Barison da me molto amato calcisticamente.

Vorrei solo semplicemente porre qualche domanda di quelle stupide, come ad esempio, la frequenza di incidenti in giocatori, nordici, latini e di colore, in quelli con muscolarita' già sviluppata e in quelli sottoposti a un aumento specifico della stessa, oppure di quanto possa incidere la pressione e l'ossessione della prestazione nel giocatore, prima di gettare un'altra manciatina di frecce al nostro già, a mio avviso, abbondantemente trafitto.
Io sono sempre stato un fan di Ettore e non di Achille e chi spara sul pianista e non sul proprietario del locale per la cattiva musica non mi trova d'accordo, anche se, accipicchia, sta suonando da cane.
Ma forse non è tutta colpa sua.