Full Milan Jacket  

Salernitana Milan 2-2 (Messias 5', Bonazzoli 29', Djurić 72', Rebić 77')
Penso che, quando scrivo, sia di notevole importanza la capacità di sorprendere il mio lettore, così da produrre curiosità e non annoiare l' altro. Christie, Bloch, Palahniuk: in questo fondamentale sono tutti molto bravi. Ma sappiate che anche il nostro Milan sarebbe un gran venditore di bestseller, perché in quanto a sorprendere gli altri è un campione oramai proclamato.
Il Diavolo ci ha frequentemente dimostrato di saper vincere quando viene descritto come una cassa da morto con quattro uomini sopra ed una bottiglia di rum (ne sono esempio Inter, Atletico Madrid o Atalanta nello scorso anno), ma anche di saper perdere quando sembrerebbe, francamente, impossibile non fare i tre punti. Comincio proclamando che io per primo, discutendo con amici di tifo, ero stato superficiale ed immaginavo che Salernitana-Milan fosse una gara da 2 fisso. Una canzone che non mi piace per niente di un cantante (se così lo vogliamo chiamare...) che gradisco ancora di meno, ammette nel testo: "ci son cascato di nuovo". Ebbene sì, io sì. Ora, non sarebbe però neppure giusto annunciarvi che Maignan non sia poi tanto forte, o che Giroud durante le altre partite sia stata solo una coccinella fortunata. Non mi rimangio nulla. Questo Milan rimane un gruppo fantastico come un elisir di giovinezza, e come ha ammesso Pioli: "nessuno crede davvero che il Milan possa vincere lo scudetto ma tutti mi domandano se il Milan arriverà primo". Dunque, proprio dopo la tragedia di Salerno (tragedia non è un eufemismo: non fare tre punti contro la Salernitana è tragico per chi combatterebbe con la sciabola tra i denti, desiderando la prima posizione) vi annuncio che il Milan è senz' altro capace di ottenere lo scudetto. Lo scrivo sicuro, siccome che accade che quando sono davvero concentrati, i Ragazzi riescono a sorprendere positivamente. E nei match importanti, il Milan è​​​​​​ "duro da uccidere". Oggi però, dopo Udinese e Spezia, ricorderemo le recisioni della Salernitana ultima in classifica, ed i numerosi abbagli del Diavolo contro un avversario vero.  

La sfida individuale nel match, da titolo, è stata tra Olivier Giroud e Milan Djurić: il primo un "bomber vero", il secondo un "vero bomber". Giroud, come centravanti di fama ed aspetto, ha avuto pochi palloni da sbattere dentro in modo efferrato e non è riuscito a piegare gli animi volenterosi di Fazio e Dragusin con la crudeltà della Kathy Bates di "Misery non deve morire". Djurić ha fatto scacco matto a Maignan e tutti i difensori ed i nostri, da pedine degli scacchi, si sono pure mossi infrangendo le linee. E malamente.
Pioli aveva schierato il consueto 4-2-3-1, preferendo Arroz e Pedras Messias a Saelemaekers, Bennacer a Apedemak Kessiè, inoltre richiedeva ai terzini di agire parecchio alti, come se fossero le ali della libertà. Raramente però, avevo visto Hernandez rimanere più vicino della Trottola nolaniana Calabria, a Tomori e Romagnoli. Calabria era solitamente più avanzato di Theo. Andava a finire che a completare la difesa a tre in fase di costruzione era Hernandez e non tanto Calabria, che era proposto già avanti. Theo aveva da incominciare le sovrapposizioni.
Gli avversari di Salerno venivano inquadrati come "gli scarsi", ma partivano a mille ed insistevano verso la porta del Diavolo. Quelli correvano e devastano il campo come se fossero gli Unni, mister Nicola stava a guidarli come Attila. Era uno scatenato. ​Eppure al minuto 5' Hernandez percorreva la discesa per il campo, fino a tagliare il cordone ombelicale dei figli del Cilento stropicciando il centrocampo avversario, suggeriva un pallone verso Messias che, freddo, poneva la sfera ad effetto sull' angolo di sinistra, zero a uno. I nostri si esaltavano e così pure io, che poco dopo vedevo il riflesso di Sepe sul minaccioso Bennacer da calcio piazzato. La tragedia stava per incominciare, ​​così mi sono posto in maniera scomoda sul divano.
La Salernitana si era da subito posta in maniera ordinata sul campo, concludeva trame rapide e cambi di gioco ambiziosi e non appariva proprio come una squadra da ventesima posizione. Faceva del possesso palla una virtù e si muoveva come un gruppo che finora avesse raccolto i punti del Verona o del Torino. Dunque, la Salernitana: un fenomeno o ha solo dormito meglio? Ci ritorneremo più avanti.

Al 29' Mazzocchi ripartiva sulla fascia ed Hernandez lo temeva. Non se la sentiva colpevolmente di avvicinarsi al granata per tentare l' uno contro uno difensivo, dunque Mazzocchi si involava per il campo fino a lanciare verso Djurić. Theo non era di alcuna utilità, perché non aveva temporeggiato ma aveva solo lasciato del campo all' avversario. Tutti questi errori generavano solo altri errori. Maignan era irrazionale: non è che sbagliasse i tempi, tentava l' uscita fuori dai pali dove non sarebbe mai potuto balzare. Tomori era l' unico difensore presentatosi, allora in un solo colpo cadeva tutto il mucchiaccio: lui, Maignan e Djurić. Bonazzoli raccoglieva e scriveva una rovesciata su Theo Hernandez, ora ritornato dentro la propria porta, pareggiava il risultato. Il primo tempo culmina con una Salernitana su buoni ritmi di gioco ed un Milan impressionato, obbligato a tentare negli ultimi minuti. Leao prova ad agire centrale o esterno, ma non riesce a creare la consueta superiorità numerica. Era evidente che la Salernitana fosse qualcosa di più di quanto ipotizzato. Ribery, Djurić, Bonazzoli, Coulibaly e Dragusin stavano sorprendendo assai.

Il secondo tempo incominciava con Kessiè invece di Bennacer ammonito, Díaz che anticipava Sepe e serviva Tonali che guardava dentro l' area di rigore, poi Leao spediva una rovesciata colma di "magnifico" a pochi centimetri dall' incrocio dei pali. Il Milan dava l' impressione che, palla a terra e ragionando razionalmente, ed evitando il primo pressing (non un affare così complicato, fidatevi) potesse facilmente arginare i movimenti difensivi avversari, ma insisteva con lanci lunghi spesso improbabili laddove il campo era scoperto, come già era accaduto nel primo tempo. Al 61' Giroud era in fuorigioco, il guardalinee non sventolava bandiera gialla e la conclusione del Grand Gourmet francese si infrangeva sui guanti di Sepe. Fino a quell' attimo Giroud s' era battuto, ma non era il centravanti più consigliato per aggredire spazi profondi di campo. Allora Rebić dava il cambio ad un Díaz appannato. Infatti, quando la manovra aveva trovato ritmi più ambiziosi, Brahim Alegría era sembrato svanire alla "and just like that he was gone" da Kevin Spacey.

Dall'altra parte di campo accadeva invece l'irrazionale. Con l' errore di Maignan al 66' era evidente come davvero tutti nel Diavolo, uno per uno, stessero giocando deludendo le aspettative. Dunque Maignan tentava di superare con la palla al piede Bonazzoli d' ostacolo che, impadronitosi della sfera, tentava una rabona scomoda quanto il sonno nel letto di Nosferatu per il Diavolo. Romagnoli sventava la doppietta dell' ex Inter che, prima rovesciata poi rabona, sembrava Bonaldinho più che Bonazzoli, in serata. Infatti, Maignan e Tomori erano una copia di una copia di una copia di una copia di una copia di una copia di quelli autentici, anche Romagnoli spediva molti passaggi direttamente out, Tonali pure aveva sbagliato qualche appoggio di troppo e Leao ancora non riusciva ad imporsi pur raddoppiato.
Al 72' su cross di Mazzocchi, Djurić era un clunaculum che scorreva per la schiena del Milan, trafiggeva una ferita sanguinosa e con un balzo incontro alla sfera, produceva il 2-1 casalingo. Sarà che il sonno della ragione generava mostri cilentini. E soprattutto Djurić.
Al bosniaco manca un unico centimetro per raggiungere i due metri e per il Diavolo si era vestito da fenomeno. Aveva annientato Tomori nei duelli aerei, sfruttando i tanti centimetri in più. Non aveva perso un duello e gli erano riuscite parecchie sponde. Quel centravanti era l' immagine di una squadra sottovalutata dal Diavolo, di una vittoria creduta ovvia. E invece Djurić aveva faticato di più, come tutti gli uomini di Nicola. Ed il Milan pagava e Francisco Goya mangiava del cioccolato, entusiasta. Aveva un sorriso dove scopriva i denti marroni dal cacao.

Stephen King è dell'avviso che: "i mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono". Ma per me questa è una definizione imprecisa, imperfetta. È che quando non sei razionale, quando non sei concentrato, quando dormi, allora è l' Uomo che si crea i mostri da solo. E così al Milan Djurić sembrava Godzilla, Bonazzoli era Baba Jaga e Coulibaly appariva come travestito da una delle locuste dell' Abisso. La Salernitana aveva domato il pallone con mister Nicola da mattatore, il Milan credeva d' essere dentro un incubo lovecraftiano. E lentamente ne prendeva coscienza.

Veramente, bastano 5 minuti a Rebić per sparare un destro telecomandato per il pareggio verso l' angolo della porta di Sepe, fare un gol lontano diversi metri: "il pallone si era gustato la vita un quarto di miglio alla volta" (sia dannato il giorno che io abbia citato Fast and furious). Il croato, nei minuti di recupero, aveva sbagliato la misura di qualsiasi pallone da restituire ai compagni, ma quel gol se lo era inventato genialmente. Il Milan non avrebbe ottenuto neppure un punticino, non fosse avvenuto il suo colpo di genio. Un po' come Goya. Un po' come Newton.
Un po' come l'Inter. Tanto geniale dicono. Ma potrebbe arrivare seconda. O terza. Potrebbe accadere, infatti questa giornata di Serie A alimenta dubbi ed incertezze. Salernitana-Milan era giunta sul viale del tramonto, ai titoli di coda. Fine. 

Allora io chiudo con uno degli esponenti della letteratura "grottesca", termine conforme alla descrizione di questa gara, Edgar Allan Poe:
"Oggi sono in catene e sono qui. Domani sarò senza ceppi… ma dove?"

Dove? Buon Milan a tutti, e a domani. 

 

Damiano Fallerini