Full Milan Jacket

Milan Sampdoria 1-0 (Leao 8')  
Conoscete la figura retorica dell'"antitesi"? Io non ho mai giocato ai misteri di Cluedo, sarò chiaro. L' antitesi è una delle figure retoriche più diffuse nella nostra lingua e consiste nell' accostare termini o concetti contrapposti. E forse non ve ne siete neppure accorti, non ragionavate che ieri era in campo un Milan da antitesi. Infatti il Diavolo, con lo sweep (il 4-0 alla Lazio) di Coppa Italia si era presentato "dove non osano le Aquile (quelle di Sarri)", ma contro la Sampdoria ha saputo totalizzare 3 punti per posarsi "dove osano le aquile": in vetta. Vetta del campionato in solitaria, a +1 da un Inter con una partita ancora da recuperare. E tutto questo è straordinario siccome che ci davano per cadaveri, quando oggi invece siamo una colonia di redivivi.

Alle 12:30 Pioli guardava il suo Diavolo vestito di 4-2-3-1. Il mister Dardanide aveva optato per Messias a svantaggio di Saelemaekers, poi sceglieva Bennacer con avanti Alegría Díaz e non Kessiè, infine le telecamere avrebbero ripreso la numero 23 di Tomori dal primo minuto. Buuuu, uova di Pasqua, il mostro nell' armadio: sorprese? No. Niente sorprese. Dal 1' minuto però vedevo una scelta singolare: in assenza dello squalificato Theo Hernandez, Calabria che già in carriera aveva corso sulla fascia sinistra per rimedio della nonna, agiva sulla destra. Era Florenzi spostato sulla sinistra, senza sapere se ci fossero o meno delle forme di vita... sulla sinistra. Intanto la Sampdoria allenata dal penultimo mister rossonero, Marco Giampaolo da Bellinzona, era rinnovata (e veramente lo era già da qualche gara) in un 4-4-1-1 con Sensi idealmente dietro Ciccio Caputo, ma che spesso finiva retrocesso nel traffico da domenica mattina da A1, veniva indietro fino alla mediana composta da Rincon e Thorsby.  
Dopo un malinteso milanista del 4' minuto, quando Caputo perdonava un misunderstanding della retroguardia rossonera, strozzando con il piede una palla rapida, il Milan correva in vantaggio. Maignan aveva i guanti, ma raccoglieva la sfera e la sferrava lontano con il piede sinistro, allora mostrava il vigore degno d' un quaterback e meritava più riflettori del SuperBowl. La palla volava sopra otto Stati differenti, poi piombava piccola e docile come un chicco d' uva sul piede di Leao. L' acino verde veniva fatto rimbalzare, poi Onda Leao decideva di percorrere quello sprint fatale, dunque entrava in area di rigore lasciandosi alle spalle un rantolante Bereszynski e freddava il doriano Falcone. Quello straordinario acino d' uva si frenava dal rotolío, era in rete. Infatti il magnifico viaggio della sfera nell' azione del gol rossonero lo avrebbe voluto narrare Jules Verne, impressionato da quale virtù sia per una squadra moderna quella di trovarsi non solamente il paio di guanti di Maignan, ma pure i due piedi. Un assist simile in gara è prezioso quanto il berillio, aveva scavalcato il campo intero e a Leao era restato solo da correre con la palletta al piede, compiendo un controllo letale e dimenticandosi la sagoma di un sovrastato Bereszynski.
Perché gol così Leao li può fare agevolmente, ma gli altri terminali offensivi del Milan... temo di no. Ci vuole il pie rapido d' Achille, ma la crudeltà di Commodo sul diretto avversario indietro. Che poi a Commodo piaceva parecchio l' uva, mangiarne i chicchi uno ad uno. Ecco, Leao ormai ha effettuato quello step tanto importante, perché sotto-porta ha il sorriso sì, ma quello di Maximilien de Robespierre. Il portoghese è ormai la katana del Diavolo e poi, portava il Milan dove osano le aquile ed il chicco d' uva dentro la porta.  

Per il resto del primo tempo non ci si intendeva parecchio, è complicato analizzare. Che poi, più che una "gara" sembrava un Sunday Bloody Sunday o uno di quei thriller-investigativi di fine anni '90 dove i killer sono più svegli dei poliziotti e mietono parecchie vittime. Tomori, Tonali e Bennacer erano i più morbosi in fase di pressing. A Romagnoli spesso venivano (giustamente) fischiati falli, Tomori agiva sempre con contrasti legali. Si è perso tanto di quel tempo tra medici e grida di dolore (davvero una gara scorbutica da arbitrare). Per fortuna non è morto nessuno, forse solo il funerale uccide per davvero. Il Milan era offensivamente appannato, la Sampdoria non riusciva ad incunearsi nell' area di rigore rossonera, Sensi si esibiva in numerose aperture mantenendo una posizione ai confini della definizione, Conti e Candreva come laterali di centrocampo erano assai propositivi. Ma succedeva molto poco, eppure al minuto 44' Leao trovava un viale calpestabile e serviva Giroud che con gli occhi di dietro trovava Messias, dunque il brasiliano controllava la palla facendosi beffe di Thorsby e scagliava verso la porta. Falcone faceva di no con il dito. Poco dopo terminava la prima frazione.
Messias era stato poco propositivo per sviluppare il Gioco, non era stato proprio un creatore come Tesla ma negli ultimi metri aleggiava come un' ombra presente, rimaneva anche vincitore di molti contrasti su palle sporche o dimenticate. Díaz si muoveva con ago e filo al telaio, non era incisivo ma collaborava costantemente durante la manovra rossonera, aveva da vedersela con un cagnaccio di Rincón. Giroud era prezioso e funzionante con le sponde, Leao era manico e lama della katana rossonera, regalava la gioia del vantaggio. Uno affannato era Florenzi che con il sinistro faticava e non poco a gestire la sfera, errava anche, a mio avviso la mossa migliore sarebbe stata di risolvere scambiando Calabria e Palladio Florenzi. Ma nel secondo tempo Pioli ha insistito posizionando Florenzi come nella prima metà di gara e Palladio non ha inciso granché. Chi incideva era Big Tomato Tomori, tornato titolare e ritornato ai consueti anticipi difensivi.  

Il Milan del secondo tempo dimenticava l'antitesi e non conosceva ossimori, era un subbuglio di Milan differenti: uno, nessuno, centomila. Incominciava con una faccia da guerra: trame fantasy tra gli attaccanti, Messias concludeva ad effetto e sfiorava il palo, Leao era furioso in contropiede ma trovava l' opposizione di Colley prima di Giroud, il pallone non arrivò mai al Grand Gourmet francese vicino alla porta. Sembrava che il Milan fosse pronto a raddoppiare, che era questione di tic tac d' orologio. Perché il Milan è una squadra solita a fare buone impressioni contro le big, ma a cadere contro le squadre del lato destro di classifica quando si tratta di sorpassare razionalmente. Perché il Milan doveva raddoppiare per mettersi al sicuro, la Sampdoria trovava per la prima volta il rettangolo difeso da Maignan con una discesa di Candreva, il nostro Pipistrello si impadroniva della sfera. Dunque, la Sampdoria aveva combinato quasi niente davanti, ma era ben capace di preoccupare il Milan con i calci piazzati (non la certezza dell'ultimo Milan in marcatura a zona): Colley, Thorsby, Magnani, Ekdal erano profili tenebrosi.  
Venivano sostituiti i tre dietro la punta Giroud, ecco dentro Saelemaekers e Kessiè come trequartista e Rebić. Il primo è stato il solito spirito pimpante della foresta, una Foglia di Mirtillo leggera che sviava tra le linee difensive doriane. Il belga è stato propositivo, si è occupato più di tutti della costruzione della manovra. Che poi lui non costruiva come fosse un pentagono con righello e matita, era un fatto più istintivo. Kessiè era lontano dai tempi della Vendemmia, quelli del primo tempo con l' aggraziato controllo di Leao. Si muoveva con i cosiddetti "piedi di piombo", era impacciato con la palla tra i piedi e non trovava grossi spiragli tra le squame del serpente doriano. Perry Mason Bennacer era un incubo per i liguri, si muoveva dove la Sampdoria non lo desiderava, custodiva la sfera saggiamente come non era accaduto nel primo tempo. Quando la prestazione di Calabria cresceva, Tonali era il primo a mostrarsi nel cerchio di centrocampo per condurre la prima fase di costruzione del gioco. Lui sí che costruiva come se quel gioco fosse un poligono.  
E poi c' era Rebić. Più volte pasticcione, più volte smarrito anche in fase difensiva. Aveva fatto pure confusione negli ultimi metri davanti, eppure il suo sorriso era d' ottimismo. Invece questo Rebić non ha una gran tenuta fisica, soprattutto non sembra essere lucido. Recuperarlo presto ormai è complicato, invece recuperarlo dovrebbe essere un imperativo. Il croato non può terminare una stagione senza trovare la condizione. Quindi non sorprendiamoci se non rispecchia il ricordo di quel Raptor. E questo non è Rebić, ma una sua percentuale che ha sbagliato parecchio.
La gara terminava con la sagace mossa di Pioli, Krunić subentrato aveva preso in catene Sensi, marcatura a uomo, invitandolo a retrocedere dove l' Ombra regnava incontrastata, forse era in un Regno di Talpe. Ma il Milan aveva sciupato parecchio negli ultimi metri, quando gli era stato concesso molto. Spesso anche con la Doria in inferiorità numerica. Il Milan non chiudeva il match ma trionfava. Dunque, il confronto tramontava come 1-0 ed il Milan era primo in vetta, dove osano le aquile. Buono come lo zabaione in un pomeriggio di febbraio, il fatto che le dirette concorrenti (Inter, Napoli, Atalanta e Juventus) abbiano pareggiato tutte tra loro, ottenendo pochino in classifica.  

Oramai ho preso l'abitudine a scrivervi che mi mangio dopo la partita del Milan.
L'altra volta toccò ad una pizza diavola, poi la volta dopo non fu una diavola. Ehm... non ricordo: "mamma, che mi sono mangiato ieri a cena?" Non se lo ricorda nemmeno lei. Beh, ho un po' di salsicce da affettare. Quelle da tagliere, non da cuocere. Sì sì, prese in macelleria certo. Vanno bene. Non so, stasera me ne ingurgito un paio. Che? L' uva? Cioè secondo te io mi sazio a chicchi d' uva? Ad acini? No, no. Hai capito male non funziona così. Sono un tipo a cui piacciono i pasti proteici. L' uva per cena (la mia cena) è un illusione, Il Milan che sosta primo no.
Ed intanto, Maignan e Leao rovesciano la favola della volpe e l' uva. Il portoghese ha saltato Bereszynski ed è giunto sul grappolo, ha colto tre punti ed il Milan ha vinto.  

 

Damiano Fallerini