Full Milan Jacket

Milan Inter 0-0

Nel mio sangue c'era plasma, emociti e un'altra cosa, questa mattina.
Una volta ho sognato che un' insegnante mi tirasse uno schiaffo in classe. Uno forte e dritto in faccia senza motivo. Ma questo non è successo ancora. Invece, almeno un paio di volte ho sussurrato al mio compagno di banco: "ho una cosa da dirti, ma te la riferisco quando esce la professoressa che altrimenti scoppi a ridere." Poi, approdati al cambio dell' ora, è accaduto che dovessi spiegare la faccenda tanto spiritosa. Ma, dopo, quello di fianco mi ha guardato con lo sguardo peggiore del suo armadio, storcendo naso e labbro. E poi c' è anche il mese di novembre in cui mi accompagnavo stabilmente con l'ombrello. Nella mia testa poteva piovere tutte le mattine. Un giorno ho borbottato: "Tanto non piove". Ero senza l' ombrello e chiaramente ha piovuto parecchio.  

Però la vita è piena di sorprese, dunque ieri un amico d' un' altra classe mi fa: "Tizio dice che il derby finisce 2-1. Ma Tizio non ha proprio capito allora". Ho sentito, ho pensato, ho detto: "Io credo 0-0, è partita da 0-0." E quello mi ha risposto: "sì, per me va per 1-1. Ma Tizio non ha capito che siete in fase calante, voi e l' Inter". Povero Tizio. Tizio tanto maltrattato. Tizio non aveva capito, in effetti. Tizio non aveva avuto ragione. Tizio si era sbagliato. Invece, io avevo beccato il mio un per mille di probabilità, in fortuna. Era un grande giorno: lo avevo preso, pure se non ci avevo guadagnato niente.
Dunque, sapete cosa mi ritrovavo stamattina nel sangue? Eh, fiducia? Macché, fiducia per un pronostico! Orgoglio? Ma dai, non esageriamo! Soddisfazione? No. Acqua, state lontani. Perché no, invece il pronostico l' avevo sbagliato e pure di parecchio. Nel sangue avevo della "perplessità". Sulla fronte mi era partito il sopracciglio inarcato alla Jack Nicholson.  

Pioli Dardanide si appellava al consueto 4-2-3-1, poneva Florenzi e Saelemaekers, non Calabria e Messias, sulla fascia destra. Sotto la punta Krunić si sarebbe appeso a Brozović, da buon "cavaliere errante" (quello di Kandinskji). Poi giocavano i soliti sospetti, naturalmente con la mediana bivalente composta da Kessiè e Bennacer a sostituire Sandro Tonali. L' Inter formava il 3-5-2 di classicità arcaica ellenica, siccome che tanto è che i nerazzurri non mutano i propri posizionamenti.
Dopo 15 minuti avevo ricavato tre concetti fondamentali: che l' arbitro non volesse fischiare granché, che il Milan pressasse alto e scomodo sulla prima fase di impostazione, come un sonno nel letto di Nosferatu, e che l' Inter dunque ne tremasse, infine che il Milan faticasse ad esprimersi con la palla in possesso. Infatti, il Diavolo era molto più pericoloso senza palla, perché almeno solitamente si trovava davanti l' area di rigore. Al contrario, in fase di possesso, risultava complicato superare il centrocampo del trio nerazzurro Calhanoglu, Barella e Brozović, quest' ultimo era a schermare la difesa. Il Milan, da tradizione del mos maiorum, tentava di sfondare sulle fasce, ed è pure vero che a volte gli interisti stavano a guardare come "Tom Sawyer e lo steccato", specialmente Skriniar temporeggiava su Leao con il terrore di chi legge un romanzo di genere gotico-horror, questo accadeva specialmente quando si forzavano i ritmi e si recuperava palla dal Biscione. Ma, quando era il Milan ad organizzare la manovra e l' Inter era posizionata compatta nella dolce attesa, al Diavolo risultava arduo percorrere le corsie laterali.
Dopo 35 minuti avevo ricavato un altro concetto fondamentale: Mariani aveva preso a fischiare un po' di tutto, stracciando il metro di giudizio del Fantasma del Passato dell' arbitro Mariani stesso. Il Milan faticava a trovare Krunić internamente, ovvero Krunić faticava a trovare il Milan internamente. Il bosniaco rimaneva timidamente in gabbia e non moriva mai: squali intorno non ce ne erano da cui salvarsi la pelle. Dunque Krunić era vivo come il ricordo di un grosso spoiler quando, ai cuginastri, Brozović scandiva i tempi di gioco. Infatti, come poche settimane prima, a Brozović era il compito di custodire il Sacro Graal e la manovra intera. Che poi, i ritmi di gioco erano quelli che erano e le due squadre erano la copia di una copia di una copia di una copia di una copia copiata di quelle ricordate un paio di mesi prima. Lautaro che è in periodo no contribuiva pochissimo, era pure braccato da un Big Tomato Tomori concentrato, invece Barella e l' allegra ciurma dei cinque del reparto medio non eseguivano le avanzate da deserto del Maghreb come nella gara d' andata, erano sbiaditi. Perisić appariva in un' ottima tenuta fisica ma era contenuto da un Florenzi di spirito.  
Comunque, il Milan aveva trovato chances e possibilità con Hernandez tutto sprint ad incunearsi da piaga nelle pieghe centrali, al minuto 11'. Ma pure con Leao che obbligava la retroguardia interista all' arretramento, con Krunić ambasciatore in area di rigore che si vede ribattere la conclusione al minuto 39', ma soprattutto con Saelemaekers. Correva il minuto 10' ed Handanović serviva Brozović con Krunić da palla al piede che, ripeto, all' offensiva contribuiva poco ma preoccupava il mediano avversario non poco. Proprio questo Brozović temeva del cavaliere errante bosniaco, dunque l' interista sbagliava il proprio passaggio e Saelemaekers infrangeva la più grossa delle occasioni del primo tempo e, come apparsa in una visione dalla dea Iride, la conclusione finiva su Handanović che allontanava. L' Inter era destabilizzata, ma pare che le visioni di Iride portino una nebbiolina sottile, così Saelemaekers pur ritrovando la sfera sceglieva male, non ribatteva bensì suggeriva malamente per Krunić.

Nel primo tempo il Milan aveva sofferto poco: non solo Bastoni aveva tentato qualche incursione a sorpresa. Dove Maignan aveva dimenticato le buone maniere in uscita, Romagnoli aveva sventato da Ettore omerico il tap-in di Dzeko su un cross di Perisić, ma poi aveva avvertito dolore sull' inguine ed aveva lasciato il posto a Kalulu. Questo era un grosso guaio contro un avversario alto come Dzeko, ma anche per il futuro prossimo contro Osimhen. Tomori e Kalulu sono difensori coi fiocchi sulla palla che rotola, ma non sembrano una coppia di difensori proprio complementari, infatti entrambi hanno la stessa kryptonite: i duelli aerei contro avversari con più centimetri. Perlomeno il Milan, baricentro alto, è riuscito ad allontanare, in seguito, la testa di Dzeko dagli ultimi metri.
Il Milan era stato poco-poco-poco lucido negli ultimi metri, l' Inter era oscuramente l' Inter che non sembrava Inter. Non si potevano fallire tutte quante le misure negli ultimi venti metri, ma il Calcio per il Milan faceva un' eccezione. Grossolani, lenti, imprecisi: gli scarabocchi degli ultimi metri erano stati tantissimi. Qui avevo fallito il pronostico, come annunciato in apertura. Il Milan, sconvolgente dalle parti di Handanović, era superiore, nel Gioco, ad un Inter da ricalcolo del percorso. La partita era comunque qualitativamente deludente e quelle non sembravano le migliori due (o quasi) del campionato, si avvertiva l' atmosfera da partita da andata di Coppa Italia. Entrambe le squadre non volevano esagerare, così tiravano fuori la testa dalla sabbia ma rimanevano con gli occhi annebbiati, senza ripulirsi per bene.

Il secondo tempo era, in sostanza, simmetrico nell' analisi con un Milan sprecone ed un Inter buia. I primi due minuti della seconda frazione ricordavano il Grande Terrore francese con Robespierre: Leao prendeva arco e faretra e Handanović parava ma non allontanava, eppure i milanisti non piombavano come aspri fioccacci di neve dal cielo. Al 47' Skriniar strattonava alla grande Giroud, ed a mio avviso quello era rigore tutta la vita e pure tra Purgatorio o Inferno o Paradiso. Ovunque, pure se scoprono la vita su Marte e ci giocano il derby. Dal 57' la partita risente di contatti da fischiare, sostituzioni conservative e ritmi che vanno inesorabilmente ad arenarsi nelle sabbie mobili, l' ultimo degli squilli lo fa Krunić: non proprio Trilli Campanellino, calcia da splendida posizione ma schiaccia il pallone come un trequartista che indossa le crocs da spiaggia. Esce un tiraccio brutto.

Un altro fattore che ha concorso a rallentare il derby da Coppa Italia è stato il piede di Lautaro da "non ti permettere mai più" sul braccio di Maignan. Laddove ogni attaccante salta per evitare di ferire il portiere in uscita, Lautaro affonda con tutto il piede sull' avambraccio del Pipistrello Batgnan. Strano, osservando il frame, che Maignan ammetta di stare piuttosto bene. Io non me ne lamenterei.

Prima di abbassare serranda e persiane dell' articolo, vorrei analizzare il match di qualcuno dei Ragazzi. Non tanto Kessiè o Hernandez che hanno fatto quello che dovevano fare senza divertirsi granché, nemmeno lo strepitoso Perry Mason Bennacer a rintracciare palloni da ogni parte del campo, forse migliore tra gli undici. Mi interessa il Florenzi del Raziocinio, che, con Perisić accanto, si comporta in maniera prudente seguendo le istruzioni di Pioli. Il Palladio che ha custodito sempre la palla, che ha ben osato a guardare la porta nella metà campo offensiva: un Florenzi Lindt. Per ultimo vorrei giudicare Giroud, perché se è vero che le sponde gli sono andate male e che molti palloni non li ha tenuti, che sui cross ha mancato l' appuntamento al "toc-toc chi è?" alla porta di Handanović, pare però essere l' unica possibilità per rendere il Milan profondo, oggi. Perché Ibrahimović è out e Pioli di Lazetić non si fida ancora. Invece il Milan si fida a lanciare in avanti per la propria punta, a volte la costruzione della manovra non funziona da manuale del palleggio.
E si va fino al 94', ed ecco dentro Díaz, Messias ed un Rebić che fatica a muoversi nello scacchiere di Pioli, pure Calabria entra. Ma non cambia niente e finisce 0-0, tramonta il derby e le milanesi fanno boh. Anzi, le milanesi fanno un boh a due zeri. Un derby che non è stato un granché troverà il bis tra 50 giorni, per la gara di ritorno.

Cioè... ehm, sono 50 giorni? No. Quarantanove. Giorni. E pure io faccio "boh". Facciamo tutti "boh" dopo questo derby. Dico che non ho capito. Dopotutto, non capire non è malaccio.

Damiano Fallerini