Ora che le sentenze hanno colpito, si cerca di affondare il colpo nella sistemazione di regole ormai obsolete, se non assurde.
E parlo della giustizia sportiva, che più di un insieme di regole, sembra l'applicazione del manuale  di come  ci si comporta  nei confronti di società meno simpatiche, avallata dal potere costituito. Se osserviamo gli atti  e le azioni commesse ultimamente dalla dirigenza del Coni e della Figc, da Calciopoli in avanti, possiamo osservare che ogni qualvolta si è punita la Juventus, si è come presentata l'esigenza di cambiare le regole. Forse perché l'illecito strutturale, con il quale si mandò la Juventus in serie B, era un catorcio giuridico, pericoloso anche per chi aveva l'interesse a non farsi "beccare". E gli andò bene all'Inter che grazie alla velocità della giustizia sportiva, si salvò da una retrocessione sacrosanta. Era la velocità della prescrizione! Ed ora, si continua sempre ad invocare la velocità, come se fretta e giustizia andassero bene a braccetto. Non posso per nulla concordare, perché la velocità di giudizio senza una certezza della materia giudicata e delle pene che si dovrebbero comminare, sembra una "fregatura" ad uso e consumo di chi vuole, tramite il potere, distruggere chi si mette di traverso agli interessi di chi governa e gestisce anche le amicizie comuni. Malagò, Presidente del Coni, e l'avvocato Grassani, molto vicino al Napoli, si sono detti entusiasti della rapidità della giustizia sportiva, ritenendo che la recente vicenda che ha visto la Juventus monopolizzata dalle vicende processuali sia stata un esempio di virtù, e non un' esibizione di manifesta prepotenza politica. 
Il Ministro Abodi ha quindi pensato di cambiare alcune regole, tra le quali la definitiva abolizione del concetto tramite il quale si poteva penalizzare a campionato in corso la società sotto accusa. L'avere tolto, poi ridato, e poi ritolto punti ad una squadra in pieno campionato, ha prodotto un'incertezza palese, non solo per la squadra colpita, ma anche per le altre società che non capivano come si presentava la classifica e come si poteva pensare di programmare la stagione che seguiva. E tutto questo per la solita "velocità" della giustizia sportiva, che così ha mortificato il campionato, rendendolo un affare privato tra Procura e Juventus. 

Ma come tutte le riforme, ha visto il veto di alcuni tecnici, che non si sa cosa abbiano da obiettare. Il decreto poi, è stato cambiato in un nuovo postulato essenziale: le pene avranno vigore solo alla sentenza definitiva, ovvero dopo tutti i gradi di giudizio, quindi anche a campionato in corso. Così non risolviamo però nulla! 
Il problema principale è dato da un insieme di regole che non riescono a quantificare l'ambito di applicazione delle stesse norme, consegnando ad un qualsiasi Procuratore un potere immenso di discrezionalità, in pratica negando ogni possibile capacità di difesa dell'accusato. E i diritti  della difesa, costituzionalmente garantiti, qui diventano un gioco perverso, nel quale ci si riunisce in una giornata, o anche mezza, se non un paio d'ore. Il procuratore fa la sua requisitoria, la difesa porta le sue eccezioni, e poi si giudica.
E i verdetti paiono dei surrogati di macedonia giuridica senza senso!

Il punto dolente è che, come alcune storielle divertenti, si va avanti a rebus! Dunque, io ti accuso per la violazione di una norma, poi mi accorgo che quella norma non c'è, oppure che il fatto non costituirebbe reato, quindi cambio capo di accusa e ti dico, che "non ti sei comportato bene", ed allora posso usare il grimaldello legale, l'articolo 4, il grande fratello, ovvero la lealtà sportiva che tu hai sicuramente violato. E la violazione non viene provata da fatti o documenti certi, ma tramite intercettazioni telefoniche, senza contraddittorio, senza possibilità di sapere cosa dicono, traendone lo spunto che sicuramente, siccome sono tante, c'è qualcosa che non va bene, e quindi sei colpevole. 
Da notare che nel procedimento del 2006, la famosa Calciopoli, si arrivò alla sentenza con lo stesso metodo. C'era una gran mole di intercettazioni, disposte non dalla magistratura ordinaria, ma da un'azienda telefonica privata, con a capo il tifoso numero uno della squadra concorrente, si disse che tutto cospirava contro un certo Moggi, e senza alcuna possibilità di difesa si decise che la Juventus era colpevole. Solo che allora, a corollario, si decise che anche altre società erano colpevoli, e si colpirono pure queste, ma senza lasciare troppi danni, e sempre salvando la squadra che doveva passare per onesta: l'Inter! Inutile dire che le intercettazioni più "scabrose" riguardavano proprio l'inter! Ma nessuno al tempo se ne accorse, se non a cose fatte e finite!
Pensate che nel luglio 2006, quando arrivò la proclamazione dello scudetto alla squadra nerazzurra Oriali, dirigente dell'Inter, dichiarò che era stata fatta giustizia per gli "onesti". Peccato che due mesi prima era stato condannato con sentenza penale definitiva per avere procurato i passaporti falsi di Recoba, giocatore extracomunitario, che così giocò irregolarmente un intero campionato. Ma anche allora, si pensò che qualcosa andava cambiata, e si permise l'aumento dell'impiego degli extracomunitari di un paio di unità, sanando di fatto la questione.
Ma l'articolo 4? 
Sì, perchè si era sanata la norma che si doveva aggirare, ma non la cosa peggiore: il falso e il comportamento scorretto ed antisportivo. Eppure, la sola norma novellata, riportò le coscienze al sicuro da pene e retrocessioni. 

Ora, si dovrebbe mettere mano alla riforma del codice sportivo, che a leggerlo vengono i brividi. Come accennato, basta una posta di bilancio male interpretata o appena irregolare, e si può venire puniti in modo draconiano e definitivo. Praticamente un insieme di norme corporative inadeguate per controllare e istituire la regolarità del calcio italiano. Come accennato in altri post, un simile codice non permette di considerare che le società di calcio,  al giorno d'oggi, sono ben più di semplici squadre di calcio con un Presidente ed un segretario, come prescrive la Figc per l'iscrizione ai campionati. Sono aziende, che muovono capitali milionari, agendo sia in Italia che all'estero, con rapporti con agenti e procuratori, professionisti a vario titolo e prestatori d'opera, i calciatori, a tutti gli effetti professionisti. Un insieme di norme obsolete e incontrollate non rappresentano l'ideale garanzia del buon andamento sportivo e commerciale di tutto il circo mediatico e programmatico che ne deriva. Ed infatti, all'estero ci guardano con atteggiamento interlocutorio. Il rispetto latita per una tale insufficienza di giudizio, e di una regolamentazione falsabile in ogni contesto, che ci pone in difetto agli occhi dell'Europa, rispetto alla quale, già dobbiamo molte spiegazioni per norme ordinarie contrarie ai principi dettati dal sistema giuridico comunitario. 

Ma perchè si sta titubando? La prima risposta potrebbe essere la difficoltà a poca distanza dalla sentenza, di ammettere implicitamente che la situazione è scappata di mano e che se la Juventus avesse fatto  ricorso presso corti non solo europee, ma di organi amministrativi nazionali, avrebbe vinto la battaglia. Ma c'è sempre la clausola compromissoria che blocca tutto, seppure sia un retaggio ancestrale che non dovrebbe valere neanche per il campionato di bocce della trattoria sotto casa. E' questo è l'altro "grimadello" legale, che impedisce la difesa costituzionalmente garantita. Una partita a poker dove c'è chi può rilanciare e chi, invece, deve subire il rilancio senza potere rispondere. 

E se poi si dovesse regolare la materia del contendere, la plusvalenza con partite corrispettive, una specie di permuta, l'imbarazzo crescerebbe. Se la pratica venisse abolita, o vietata, sarebbe un passo indietro anacronistico, ed una volazione dei patti europei, dove nessuno la vieta. Inoltre è la libertà di impresa che ne trarrebbe un danno, perché non si capirebbe la ratio di non potere gestire un bene aziendale, seppure di caratura umana, senza poterne vendere la prestazione con corrispettivo di un altra prestazione.
Non è baratto, si chiama permuta! E comunque il baratto non è punibile per legge, è ammesso, sempre con le valutazioni fiscali di competenza, ma ammesso! E la cosa che mi sorprende, è la valutazione che un soggetto, senza arte né parte (il procuratore è un giurista e non un esperto di stima merceologica) svegliandosi una mattina, ne decide "l'an ed il quantum". In latino  maccheronico si direbbe "ad cazzum"! E ne fa un artificio giuridico imprescindibile, come quando il nostro Parlamento votò una risoluzione nella quale Ruby si istituiva che  era veramente la nipote di Mubarak, solo che lei è marocchina, mentre Mubarak era egiziano. 

Ma il grande problema è un altro! Dopo questo processo, nel quale ci si è buttati a capofitto nelle plusvalenze (pare solitarie, come l'onanismo) come si fa a salvare quelle società che effettivamente avevano partecipato alla grande "kermesse"? Perché Napoli, Atalanta, Sassuolo, Lazio (e qui sono state duplici con un unico soggetto: Lotito) sono dentro al possibile giudizio inaugurato con la Juventus, ma che con grande enfasi sono stati allargati, naturalmente, anche ad altre procure, così per reggere il moccolo.
Ma il moccolo ha la fiamma che può bruciare e se qualche club venisse indagato ufficialmente, come farebbe il buon Chiné a fare finta di nulla? La figura di "palta" è dietro l'angolo. Quindi c'è il pensiero di come agire, di quando agire, e cosa si può salvare, soprattutto non esporsi alla figuraccia nei confronti di tifosi, addetti ai lavori e, non ultima, la Juventus. 

E' giunta l'ora che il sistema cambi, cambino gli attori, alcuni dovrebbero dare le dimissioni, non solo per come si è gestita questa vicenda, ma per il disastro che sta coinvolgendo il nostro calcio, presi in giro all'estero da arbitri, depauperato da incapacità di vendere il nostro prodotto calcio; di come le nostre società siano nettamente inferiori finanziariamente rispetto ad altre straniere, dove ricevono più soldi dalle televisioni e dal marchandising. Per non parlare della nostra Nazionale, per due volte fuori dal Mondiale.  
Eppure abbiamo risorse migliori di tanti altri, con tre squadre in finale di coppe, una under 20 in finale di un mondiale di categoria, allenatori italiani apprezzati nei top club esteri, vivai pieni di aspiranti campioni, un calcio femminile in ascesa.
Eppure non si va avanti, perché il potere lobbistico, invece di curare la ricchezza, mira a ridurla, in una specie di faida incontrollata, dove gli unici che perdono sono proprio loro, coloro che pensano di avere il potere in mano, ma che alla fine avranno solo un pugno di mosche. Una specie di maledizione, che ci tiriamo addosso da soli.
Speriamo in qualche cambiamento, senza fregature stavolta!