Il Milan prosegue baldanzoso sulla strada degli equivoci. Del resto come potrebbe fare altrimenti, dal momento che questa fiera degli equivoci va avanti da anni?

Per semplicità, facciamo tabula rasa di quel periodo grottesco in cui, per mesi e mesi, si parlò dell'arrivo di YongHong Li, quasi che fossero in cantiere gli accordi di Camp David. Lasciamo perdere gli annessi e i connessi della gestione di questo signore cinese, spuntato dal nulla e inghiottito nel nulla, del quale molto poco tuttora si sa. La riservatezza non è una colpa, ma davvero se ne sa poco.

Partiamo dall'estate del 2019. Ricordate quel battage mediatico su Giampaolo maestro di calcio? Rammentate che la rinuncia spontanea all'Europa League, concordata con la UEFA, fu festeggiata dagli sponsor dell'ortodossia rossonera come un vantaggio? Sono certo che non avete dimenticato quella teoria, sponsorizzata dai custodi della fede, secondo cui si stava barattando una coppa minore con lo Scudetto o una futura qualificazione alla Champions. E non potete aver dimenticato che, invece, la stagione 2019-20 finì con un 7° posto. I rossoneri si ritrovarono in mano solo i preliminari di Europa League. Ricordate, poi, come il casting per la sostituzione di Giampaolo partorì Pioli, un tecnico dalla carriera priva di vittorie, ma costellata di esoneri e dimissioni? Queste premesse segnano ancora oggi la storia del glorioso e tribolato Milan, ma a ben pensarci, se le radici sono quelle dei cespugli di macchia, non potrà venire su una quercia.

Ora, questa strana stagione rossonera è iniziata con Krunic che premeva per la cessione al Fenerbahçe, visto che in Turchia gli offrivano un corposo aumento di stipendio, cifra cui il Milan non voleva neppure avvicinarsi. La cessione fu bloccata da qualcuno che riteneva il bosniaco indispensabile al progetto, laddove si tratta solo di un buon giocatore come ce ne sono stati, ci sono e ce ne saranno un'infinità. E per più di 3 assurdi mesi, Rade Krunic è stato impiegato nelle posizioni più cervellotiche e inadatte a lui, quasi fosse il nuovo Falcao. Che fosse in forma o fuori forma, che fosse sano o rotto, il posto per quel giocatore era assicurato. Il bello, poi, è stato che lo stesso Krunic era il primo a non volerne sapere. La svogliatezza, quindi, con cui interpretava le partite denotava la delusione di un professionista che si era visto strappare di mano il biglietto verso la fortuna.

Alla fine (e troppo tardi) Krunic è stato confinato in panca in attesa di cessione, ma lo avremmo visto ancora contro il Sassuolo, se il giocatore non avesse avuto il coraggio di far capire che non gliene fregava più nulla del Milan. Afferrare il concetto a fine agosto no? Eh cribbio!

Via Krunic e via gli equivoci? Nou nou nou nou nou! Il bosniaco era ancora in attesa di salutare, quando qualcuno (forse lo stesso che aveva fermato Krunic) ha pensato bene di rinforzare la difesa con Matteo Gabbia. Questo giocatore non è più un giovane, ma viaggia ormai verso i 25 anni, età che non lo rende vecchio, ma che fa presumere non abbia più margini rilevanti di miglioramento. Quello che è... ormai è. Era stato spedito a Valencia, sponda Villareal, sperando che i sottomarini gialli lo acquistassero. Anche in quella squadra, che non è il Real o il Barça, Gabbia ha avuto difficoltà, tanto che gli aragonesi si sono guardati bene dal rifiutarsi di restituirlo al Milan. Cosa poteva dare più di Simic o Nsiala? Niente! Ma allora se non è questo un equivoco, cosa lo è? Ha una buona postura e una certa eleganza nei movimenti, doti che lo rende esteticamente apprezzabile nella corsa. Gabbia, però, non deve partecipare a Ballando con le stelle. Deve giocare a pallone ed è lì che iniziano i problemi. Infatti, quando gli avversari e la palla schizzano da tutte le parti, il giocatore dimostra che calcio e danza sono cose diverse. Ecco, se ci fate caso, Gabbia ha una cosa in comune con Krunic ovvero l'eleganza nel portamento, la postura eretta e il passo da tappeto rosso. Non vi viene il sospetto che al Milan ci sia chi, come Linus aveva bisogno della sua coperta, ha bisogno di vedere l'uomo in frac che sgambetta sul prato?

L'equivoco più grave, comunque, sta diventando l'arbitraggio di Milan-Atalanta. Personalmente, non sono uno di quelli convinti che non ci si deve attaccare a certe cose. Ci sono certe cose e... certe cose. Diversi arbitraggi avuti dal Milan nella sua storia, anche recente, sono certe cose e a quelle ci si può e ci si deve attaccare. Non lo è stato, tuttavia, l'arbitraggio di Di Bello, per quanto scadente.

Il signor Dibello ha commesso il primo errore grave non sanzionando  la spinta di Reijnders ai danni di De Roon. Rifiutandosi anche, ricordiamolo, di andare al VAR. Nel secondo tempo, Di Bello ha commesso un errore simile assegnando il rigore inesistente all'Atalanta. E anche in questo caso, senza consultare il VAR. Però, se l'arbitro fosse stato in malafede, non avrebbe certo sorvolato sul rigore del primo tempo che avrebbe portato la squadra di Gasperini in vantaggio. E Gasperini è stato anche espulso. Il signor Di Bello, inoltre, non poteva prevedere che all'ultimo secondo la palla sarebbe finita su un braccio nerazzurro in piena area. Era un braccio da considerare volontario, a mio avviso, ma non clamorosamente punibile al punto da evitare ogni polemica.

Si è rivelato scadente questo arbitro, ma non certo in malafede e non da tirare in ballo per giustificare le proprie magagne.

E visto che stiamo parlando di equivoci, deve considerarsi un equivoco la storia della squadra senza fame, dei giocatori senza cattiveria, dell'ingenuità. E' un'evidente operazione di scalata dell'Everest costuitito da specchi. Se si tenta l'arrampicata a uno specchio, si scivola. Ma credete davvero che le altre squadre avrebbero fame, sarebbero cattive oppure sgamate, mentre il meschinello Milan non lo sarebbe? Per caso il Milan è calimero, così piccolo e rossonero?

Qualcuno si è posto, peraltro giustamente, la domanda di come sia possibile che il Milan dei primi tempi sia da Scudetto e quello dei secondi sia da retrocessione. La risposta è, tuttavia, semplicissima: nei primi tempi gli avversari aspettano e lasciano che il Milan giochi, ma una volta in svantaggio, però, salgono e alzano i ritmi. Quando ciò accade e i rossoneri non accettano di mettersi in 10 davanti a Maignan, corrono a vuoto come schegge impazzite. E' successo anche nei primi 30 minuti della ripresa contro l'Atalanta e il Diavolo si è ricompattato solo nel finale quando la Dea, stanca, ha abbassato di nuovo il baricentro.

Non c'è da psicanalizzare o motivare nessuno. Mercoledì i giocatori non si sono mai arresi. I difetti del Milan, invece, sono strutturali. E' nato così, talvolta bello ed entusiasmante, ma leggero e friabile quando si incaponisce a giocare alto con avversari che non glielo fanno fare.

Domani c'è la Roma, squadra che gioca un football di pregio, ma artigianale, quasi tradizionale. Randella molto, ma alla fin fine fa tanto affidamento sulla marcatura e la giocata individuale. Il Milan potrebbe anche vincere, ma sempre in attesa di ricadere ancora nella sua Via Crucis pedatoria. In quel caso, se non sarà stata colpa di Di Bello, sarà stata la mancanza di fame. Cosa posso dire? Siamo sfortunati con questo Milan anoressico.

E mi viene in mente il film di Woody Allen "Crimini e misfatti", in cui un personaggio, interpretato da Martin Landau, uccide la propria amante. Vive nel terrore di essere scoperto, finché non si accorge che il tempo passa, ma il crimine non viene scoperto. Allora afferma che non è affatto inevitabile la punizione e un misfatto può anche restare impunito. Ecco, nel momento in cui Pioli si è accorto che nessuno ha il coraggio di sostituirlo, può anche affermare, come ha fatto, di aver sempre schierato i giocatori nei loro ruoli.