Qualche volta mi permetto di scrivere su come vedo il mondo attraverso la televisione, le notizie giornalistiche ed anche studiando  le impressioni delle persone che incontro. Si, perché nonostante le lauree in economia o gli studi giurisprudenziali, qualche volta si impara di più dalle opinioni di persone che non hanno un titolo di studio, ma che studiano tutti i giorni sul campo, cercando di sbarcare il "lunario": le massaie. E osservando un'intervista giornalistica, una casalinga, con borsa sotto braccio, la famosa "sporta" che si usa per fare la spesa, lamentava che i prezzi dei beni alimentari salgono, ma poi non ridiscendono più. Sembra un'affermazione scontata, ma in realtà pone un problema atavico, ovvero perché se c'è uno shock petrolifero, o legato a idrocarburi di vario genere, se i prezzi dei combustibili possono oscillare, perché per altri beni, non direttamente legati a questi fenomeni non fanno altrettanto?

Facciamo un esempio, quando ci fu il feroce aumento del gas per via della guerra in Ucraina, il latte, raddoppiò il prezzo. Eppure la produzione del latte non è legata al consumo dei combustibili, se non per la parte di costo di trasporto, oppure per un eventuale efficientamento della produzione nelle stalle. Ma un aumento del 100% non è comprensibile, ed ancor meno giustificabile. E come mai, alla riduzione dei costi petroliferi o legati alla produzione, il latte costa sempre il doppio? E' la solita fregatura che si deve assorbire il consumatore, che si ritrova a dovere sopportare non la difficile situazione contingente, ma la furbizia di produttori e addetti alla filiera, che si appropriano di un super profitto.  Ed a questo profitto si accompagnasse anche un aumento di versamento di tributi, sarebbe bello e giusto, ma non si sa come, le tasse rimangono uguali. E così avviene per molti generi di largo consumo, soprattutto alimentari. Si è parlato di inflazione, ma se vogliamo essere precisi, non si tratta di pura inflazione, ma di fenomeni inflattivi, che  molto spesso si compensano da soli, appunto con la riduzione sui mercati dei prezzi del gas e del petrolio. Il fenomeno inflattivo che si era generato precedentemente era dovuto alla difficoltà di reperire materie prime, soprattutto dopo il periodo pandemico. Infatti non solo metalli e minerali utili all'industria, ma persino semilavorati come conduttori e schede, prodotti in terre lontane, scarseggiavano, colpa anche di una deliberata e sconnessa delocalizzazione di produzioni dove la manodopera è  meno cara, se non sfruttata. 

A tal proposito, si è incominciato a produrre in Europa queste lavorazioni per televisori, computer ed elettronica per automobili, per fare un esempio. Forse si è capito che il business è troppo importante per farsi mettere "knock out" da una situazione contingente di ogni tipo, amplificata dalla distanza geografica e quindi di costi, noli e trasporti. Ed anche i servizi, legati alle produzioni ed all'esportazioni sono un costo non proprio esiguo. Il problema di base è che, come aveva detto Mario Draghi, erano fenomeni inflattivi di breve o medio periodo, quindi non rispondenti ad una logica di intervento sull'economia con manovre sui tassi o su altre strette monetarie, come lo stop all'acquisto di quote del debito pubblico degli stati dell'unione europea. E questa da parte di Draghi, fu una tiratina di orecchie preventiva alla signora Lagarde, la quale invece di studiare le cause e le ripercussioni del momento macroeconomico, ha preso in mano il manuale delle "giovani marmotte" ed ha operato le strette monetarie, che se da una parte non  hanno  raffreddato molto i prezzi, dall'altra hanno invece raffreddato l'economia. E se i prezzi non scendono velocemente o meglio il fenomeno inflattivo non si esaurisce, è perché l'aumento dei tassi della BCE ha contribuito a tenerlo vivo. Perché? 

In primis, la sofferenza maggiore è per chi ha i mutui da pagare, concordati a tasso variabile, con il tasso riferimento BCE in taluni casi negativo all'atto della stipula, ai quali è stato rimproverato di non avere scelto un tasso fisso. Premettiamo che un tasso fisso ancora oggi è ben più alto del combinato spread e tasso BCE in vigore, e le banche cercano di tenere questi tassi fissi alti, per guadagnare molto bene. Oggi il tasso Euribor, è sull'ordine del 4%, se non di più, aggiungiamoci lo spread, ed abbiamo tassi che provocano rate mutuo innalzate del 30% rispetto alle condizioni precedenti. Quindi gravando sui soggetti più deboli, i lavoratori dipendenti ed i pensionati, provoca delle situazioni da nuova povertà.

Consideriamo anche che così il mercato immobiliare, in crisi da vent'anni, ha subìto un'altra batosta. In secondo luogo, dobbiamo considerare l'aumento dei tassi ai quali si finanziano le imprese, le quali possono scaricare questo maggior costo, ma sempre sull'aumento dei prezzi dei prodotti, creando un altro fenomeno inflattivo. Ed anche questa situazione trova tra le sue vittime i possessori di reddito fisso, ovvero pensionati e lavoratori dipendenti, i quali non hanno la possibilità immediata di richiedere aumenti salariali, e se arrivano, rimangono molto al di sotto rispetto a quanto dovrebbero adeguarsi. Molti anni fa negli anni sessanta e fino agli ottanta, c'era almeno la scala mobile, che produceva automaticamente un leggero aumento sulle buste paga, comunque insufficiente e che creava la spirale prezzi salari, un movimento perverso che si attorcigliava da solo nella sterilizzazione dell'aumento, portando altra inflazione, con l'aggiunta del fiscal drag, ovvero il trascinamento della tassazione su aliquote più alte, producendo danno ulteriore e solo beneficio per l'erario. 

Allora c'era veramente un'inflazione a due cifre, che toccò anche il 25 %, ed era come tutte le inflazioni da malattia economica un insieme di aumento dei prezzi accompagnato da una progressiva recessione economica. Era il fenomeno della stagflazione! La domanda interna saliva rapidamente su prodotti che non rispecchiavano però il vero valore che dovevano rappresentare, non potendo essere frutto di innovazione o creazione di valore, e ogni produzione era uguale a se stessa, con l'aggiunta  di aumenti di prezzi, ma non di qualità. E la domanda riguardava anche il mercato del lavoro, sempre più depauperato da riduzioni effettivo del valore stipendi, ed una diminuzione di occupati. La malattia era accertata, si trattava di inflazione, e tra le altre  cause potremmo metterci l'emissione sconsiderata di titoli del debito pubblico, ed una enorme evasione fiscale, che hanno in seguito prodotto un debito pubblico asfissiante.

Ma oggi, la questione è diversa. Non siamo in una fase di surriscaldamento dell'economia, semmai in una fase in cui si deve invece incoraggiare la crescita economica, dopo tre anni di buio economico, e si deve incentivare, persino con riduzioni di tasse, ma sempre con un occhio attento all'evasione fiscale. E' il momento del "debito buono" come diceva Draghi, e dell'indebitamento per investimenti, i quali forniscono ritorni di flussi di cassa creati da crescita di produzione, assicurandosi che i consumatori abbiano una migliore propensione agli acquisti, ponendoli anche nella capacità di convogliare risparmio, altro futuro investimento. "Scimmiottare" la Federal Reserve, negli Stati Uniti, non ha senso, poichè le condizioni son diverse. Intanto, durante la pandemìa, sono state immesse quantità impressionanti di dollari per sostenere il mercato durante la pandemìa. E quindi c'è effettivamente un eccesso di liquidità da assorbire.  Ma soprattutto il sistema bancario degli Stati Uniti presenta criticità preccupanti. Il mercato bancario in America è di tipo aggressivo, spregiudicato a volte, meno sottoposto a controlli preventivi, e spesso messo sotto la lente quando i buoi sono già scappati. In America si apre e si chiude una banca in un amen, in Europa, fortunatamente, il controllo è più stretto, dove opera un continuo "stress test", che invoglia le banche ad aggregazioni e capitalizzazioni, spesso con l'aiuto di organismi statali o comunitari.   

E per questo negli Stati Uniti, dove il debito federale è sempre molto controllato,  le crisi si superano più velocemente,  grazie ad un mercato del lavoro elastico e sempre in movimento, che in Europa non so se per fortuna e per sfortuna non avviene. Si vedono a volte impiegati detti  "box people", che prendono tutte le loro scartoffie, le mettono appunto in una scatola e si apprestano ad uscire dall'azienda. Ma come velocemente escono, altrettanto velocemente rientrano in un'altra, potendo contare sempre sul sistema dei sussidi di disoccupazione molto efficienti in quel paese. Non vorrei dare l'impressione che sia tutto rose e fiori, perchè i problemi sociali in America sono molto più acuiti che da noi. La guerra in Vietnam ha prodotto migliaia di soggetti che non sono più rientrati nell'alveo sociale, vivendo ai margini. Le differenze etniche sono tuttora un grave problema, e lo predisse Alexis de Toquéville nel 1700. Ma ognuno  ha i suoi problemi, e le regole hanno le loro eccezioni. Rimane il sistema di base e le leggi che accompagnano ogni sistema statale. 

Infine, ritengo che la nostra Presidente Meloni, qualche ragione ce l'abbia nel criticare le decisioni prese dalla BCE, perché questo è il momento del rilancio e non della repressione. Vorrei però stimolare la nostra leader governativa ad una attenzione. Qualche giorno fa l'Agenzia delle Entrate mi ha recapitato il riconteggio della mia liquidazione del Tfr, calcolato quando sono andato in pensione. Mi è toccato versare un bel "gruzzolo". Per carità, se sono soldi dovuti, è giusto che io paghi, ma mi ronza sempre in mente il famoso "pizzo" che alcuni pagano allo Stato, ecco l'ho pagato io, come tutti i lavoratori dipendenti e pensionati, che sostengono la tassazione in silenzio, mentre chi evade, il "pizzo" non lo paga, tanto ci pensiamo già noi! Buon lavoro a tutti.