La seconda stagione ai tempi del coronavirus è giunta a termine. Ed è terminata in un modo comico, surreale, o forse da piangere. Diciamo sempre che dobbiamo migliorarci, essere migliori degli altri, copiamo gli inglesi con l’applauso per l’Inter che vince lo scudetto. Ma dopo due minuti tutto ciò diventa già una roba che fomenta polemiche. No, gli inglesismi non sono per noi.

Non siamo il Paese del the alle cinque del pomeriggio. Diciamo sempre che l’ultima giornata di campionato rischia di essere una farsa e poi quando le squadre giocano fino alla morte come se dovessero vincere una finale, si apre la fine del mondo. Juric si imbestialisce se un giornalista gli fa una domanda ricca di insinuazione. Avete giocato come non giocavate da tempo. E Juric si incazza perché già sapeva dove volevano arrivare. E chi non capisce forse è anche peggio di Juric che se ne va via lasciando il microfono ai venti dell’arena di Maradona che ha dovuto assistere nel suo deserto alla disfatta del Napoli ed al saluto di De Laurentis in modo poco cinematografico a Gattuso e famiglia. Un messaggio di pochi caratteri su Twitter e tanti saluti. E che dire del Bologna che doveva fare invece la partita della vita e viene umiliato dalla Juventus? Con l’allenatore serbo che se avesse potuto li avrebbe presi a calci nel sedere uno dietro l’altro i suoi giocatori? E che dire della Juventus che voleva farsi la SuperLeague, che ancora non è morta ma si gioca tutto per la Champions, perché i soldi, son soldi. Ed il bello o forse il brutto di questa regia è che non è detto che la farà realmente la Champions se dovesse rimanere in piedi il progetto SuperLega. Le sanzioni sono ancora pronte a colpire. Tanta fatica per niente, mentre CR7, un fallimento per la Juve che doveva vincere tutto, intanto i bagagli li ha già preparati. Per non parlare di quanto successo in Atalanta contro il Milan. Semplicemente nessun complotto, ma una partita, vera, che il Milan ha giocato per vincere e l’Atalanta pure. Non è stata bella, determinata da episodi, ma nessun regalo in campo. Anche se c’era già chi era pronto a puntare i fucili. E poi la festa dei tifosi dell’Inter ai piedi di San Siro. Inter che si gode il momento con il timore di cadere in un nuovo ciclo più nero che azzurro. Negli stadi non si può entrare. Ma ai piedi dello stadio migliaia di assembramenti. Follia di un sistema andato letteralmente in cortocircuito, così come successo in altre località dove i tifosi fuori dallo stadio sostenevano le proprie squadre.

Insomma, è finita questa stagione, ed è finita all’italiana, come una commedia tipicamente nostrana, ma in realtà da ridere c'è ben poco per il sistema calcio deve prepararsi ad affrontare la crisi più grande della sua storia, un calcio diventato poco sostenibile e di terremoti, in vista, ve ne sono tanti.