E il presidente baciò la calciatrice, la baciò sulla bocca, senza che lei lo volesse, solo per il gusto mellifluo di “averla”, fosse anche attraverso il fulmineo sfioro di labbra estranee, umettate da opposte pulsioni, attraversate da diversissimi sospiri, schiuse ad altri desideri.

E il mister toccò il seno all’assistente, forse profittando di un abbraccio euforico, forse fraintendendo l’entusiasmo di lei o forse solo perché il suo istinto gli disse di fare così; e non gl’importò che quella mammella fosse la sacra ampolla di maternità o l’inviolabile scrigno d’intimità o l’ultimo baluardo di femminilità, lui la toccò e basta.

Successe...  adesso. Nel 2023, epoca di civiltà, parità, diritti, emancipazione. E di violenza sulle donne. Madonne per l’amore, puttane per i demoni dai pantaloni abbassati e le lingue biforcute. 

Succede nel mondo del pallone, che ha deciso di aprirsi completamente alle ragazze, giurando di guardar loro le gambe e non le cosce, di volere i loro polmoni e non le “tette”, di volerle in campo e non a letto.

Giuramento violato, disattesi i proclami, progresso stoppato. 

Perché è successo di nuovo, succede ancora.

È successo in Spagna, succede tutti i giorni, in ogni parte del mondo. Anche in America, Terra di opportunità e di Me too, dove un’inchiesta ha smascherato «abusi sessuali diffusi e sistemici» ai livelli più alti del calcio professionistico femminile. 

È successo. Succede ancora.

Perché c’è un click che scatta in certe menti intossicate e accende l’idea invereconda d’una pretesa superiorità, che diventa possesso. Diventa prevaricazione. Diventa sopraffazione. Diventa emarginazione, anche. 

Succede! Succede sempre, anche quando non ce ne accorgiamo.

Succede quando un guardalinee, dai capelli culminanti in una coda che scende giù fino alla schiena, viene insultato dagli spalti, non come s’insultano tutti gli altri suoi colleghi dalla capigliatura “ordinaria”, bensì con epiteti sessisti, ricolmi d’ironia nella migliore delle ipotesi.

Succede quando indegne promesse di deflorazione spiovono da qualche parte dello stadio o da qualche angolo scuro d’una panchina, mentre in campo l’arbitra fa solo il suo lavoro. Succede quando: “Le calciatrici, tutte lesbiche”. 

Succede, perché succede ogni santo giorno fuori dal campo, per le strade, tra la gente. Succede quando facciamo girare nelle chat maciste (generose di becera pornografia) scene di contatti tra due ragazze che giocano al pallone, ricamandoci sopra stupidità e frustrazioni. Succede quando occhi sfrontatamente voluttuosi si posano su una signora, ingenerandole disagio. Succede quando puntiamo il dito e quando quel dito lo alziamo. Quando denigriamo, sottovalutiamo, alludiamo. Succede quando in auto c’incavoliamo con una “donna al volante pericolo costante”. Succede che ancora riteniamo le donne l’anello debole della catena esistenziale; e quasi uno scherzo della natura se giocano a calcio.

Succede, si. È questa la genesi del verminoso sentimento di supremazia della razza maschile, causa del male. È ancora così, loro sono ancora “il sesso debole”. Ed è qui, in questo assurdo assunto, che ancora alberga quel retropensiero strisciante e sordido, da cui prende forma la violenza, la sopraffazione, il soggiogamento. 

La vergogna! 

La violenza e la vergogna, in tutte le loro forme possibili e inimmaginabili, anche le più apparentemente innocue ma, proprio per questo, subdole e sporche.

Le smorfie, i sorrisini, le battutine, gli occhiolini, i nasi che si storcono … Come se ogni affermazione femminile non fosse altro che fastidiosa ribellione a quella presunta condizione d’inferiorità, che “giustifica” certi gesti o rende ammissibili certi crimini.

Una donna ai vertici d’una istituzione o al comando di un’azienda fa ancora storcere il naso. Una ragazza nello spazio fa ancora storcere il naso. Una signora in divisa nera da carabiniere fa ancora storcere il naso. Una giovane mascolina che al distributore ci fa il pieno fa storcere il naso. Un’autista di bus fa ancora storcere il naso. Un calciatrice o un’arbitra o una procuratrice o una commentatrice televisiva fanno ancora storcere il naso. E ammettiamolo (anche se non lo ammetteremo mai): quando vediamo una bambina giocare a calcio in mezzo ai maschietti e sì … quel naso c’è chi lo storce un po'.

Perché l’ignoranza non ha tempo e non conosce evoluzioni. L’ignoranza uccide più della fame, uccide la dignità di quella calciatrice baciata a tradimento, uccide l’intimità di quell’assistente toccata al seno, uccide le tante donne lasciate sul pavimento in pozze di sangue, rosso come la gelosia e scuro come l'ossessione.

Succede ancora, sì.

Nella vita di tutti i giorni, come nel calcio, che è il fenomeno sociale più diffuso e, perciò, della società specchio fedele. 

 

Quel bacio, quel tocco .. 

Fu così che il mondo del calcio, maschilista per inclinazione naturale, tornò indietro di anni luce, riscoprendosi più un vecchio gioco da tavola che moderno sport latore d’inclusione e pari opportunità. Proprio come in un triste Monopoli, dove i soldi contano più d’ogni altra cosa e dove quel bacio “scippato” e quel seno “acchiappato” hanno azzerato tutto. 

Tutto daccapo. Come quando le classi scolastiche non potevano che essere sessualmente omogenee; come quando le donne non votavano; e non avevano cattedre; e non potevano fare le poliziotte; e non potevano fare un bel niente perché erano femmine. Come quando fuori pioveva e le donne stavano in casa, sempre in casa, solo in casa, a lavare, a stirare, a cucire e cucinare e a subire.

Tutto azzerato! Tutto daccapo. I cliché hanno avuto la meglio sulla cultura, i pregiudizi si sono rivelati più granitici di un monolite, le barriere non sono cadute. E non cadranno!

Possiamo fare di tutto: tingerci la faccia di rosso, scrivere inutili articoli indignati, solidarizzare, mettere il suffisso “a” ad ogni sostantivo, invocare pene severe, professarci evoluti, espellere a vita sportivi … tutto.

Ma se continueremo a storcere un po’ il naso davanti a quella bambina che gioca al calcio in mezzo si maschietti … finché una smorfia, anche la più impercettibile, affiorerà sul nostro viso … finché un pensiero, anche il più fulmineo, ci passerà per la testa … finché il retrogusto dell’istinto  scavalcherà le gerarchie della ragione … Sarà tutto inutile. 

Ci sarà sempre qualcuno che penserà di potere estorcere un bacio o di poter toccare qualcuna. E il mondo, del calcio e dei nostri giorni, non sarà altro che la proiezione ipocrita delle nostre più infime pulsioni. 

Sarà un mondo di bestie. Perché bestia è, per definizione, colui che si lascia avvincere dall’olfatto deponendo le armi del buon gusto. E del lume! 

 

Chi scrive, lo fa da Palermo. Città bellissima, che pochi giorni fa si è macchiata del più orribile degli orrori: in sette hanno fatto ubriacare e poi stuprato una ventenne. Le hanno rubato l’anima, violandola, filmandola, irridendola, abusandola, strappandole vesti ed innocenza. 

Un orrore ancor più terribile, perché perpetrato da giovani e giovanissimi maiali (con tutto il rispetto per i nostri simpatici amici rosa). Che dovrebbero marcire in galera! Tutte le garanzie che volete, ma dovrebbero solo marcire in galera. Purtroppo, temo che non sarà così. E sarà una vera iattura per tutti noi, che avremo ancora una volta la sensazione di non vivere in un Paese normale.

Un Paese normale non può svendere la sicurezza dei suoi cittadini al mercato d’una civiltà e democraticità a tutti i costi. Un Paese normale non può abiurare alla decenza, in nome d’un sistema processuale che si mostri equo e giusto, ma che poi non garantisce né equità né giustizia. Un Paese normale deve intervenire ed essere quantomeno da monito, per tutti coloro, come quei maiali, a cui non è stata impartita alcuna educazione.

No, non è un accostamento azzardato. Ovvio che lo stupro di massa non sia neppure lontanamente assimilabile, sia sul piano penale che su quello valoriale, a ciò che è successo in Spagna; ma entrambi gli accadimenti sgorgano da quella stessa infetta sorgente che si chiama sessismo! Sono gli stessi germi, che proliferano su menti alterate da una subcultura schifosa, quella che la donna sta sotto e il maschio sopra, in tutti i sensi.

Un Paese normale, un mondo normale. Un calcio normale. Questo è ciò che vogliamo, mica la luna!  Vogliamo che quello che è recentemente successo in Spagna semplicemente non succeda ancora e perché ciò sia possibile non occorrono eroi e super uomini; occorre gente normale.

 

Ps: prima di scrivere questa mia riflessione, ho riguardato il monologo di Franca Rame di cinquanta anni fa. Fatelo anche voi: scoprirete quanto può essere solitario l’universo femminile. E quanto può essere disumano l’universo che non obbedisce all’amore. E che in fondo non è cambiato niente.