Quando giocava per lui la panchina era sempre luogo ameno: non l' accettò neppure a fine carriera quando per le troppe panchine finì per entrare in polemica con mister Spalletti che gli negò spesso passerelle finali dovute a un gran campione come lui.

Ora a Francesco Totti si potrebbe chiedere di sedere come allenatore sulla panchina della Roma per portare a termine la stagione con l'obbiettivo minimo della qualificazione in Champions League.

Lazio-Roma 3 a 0 e tutti hanno capito che l'avventura di Eusebio Di Francesco alla Roma è di fatto finita, al di là delle parole di conferma avvenute in settimana giunte dopo la non convincente vittoria col Frosinone.
Leggendo il tabellino solamente sembrerebbe che la Lazio abbia fatto sfracelli. In realtà la partita, a tratti mediocre, è stata in equilibrio almeno fino al rigore del due a zero. Ciò che ha  fatto la differenza sono state le disattenzioni della difesa e del centrocampo romanista che hanno permesso ai laziali di segnare le tre reti.
Olsen si dimostra ancora portiere poco rassicurante che sembra avere le mani che non hanno la forza di respingere ma che si piegano di fronte ad pallone colpito con potenza.
Quello che colpisce è la pesantezza mentale, la rassegnazione, il nervosismo e la tensione con cui la Roma gioca e che porta i suoi giocatori a manovrare contratti pensierosi e a prendere gialli o rossi per proteste o reazioni.

Il problema della Roma è soprattutto mentale. Gli attriti fra Monchi e Di Francesco, l'eccessiva pressione, il fatto che Di Francesco continui a cambiare continuamente l'11 iniziale, il mancato inserimento dei nuovi, di Nzonzi, di Schick, insomma è come se una coltre di nuvole spesse, a mo' di cupola, stia permanentemente sopra tutti i giocatori della Roma.

Serve qualcuno ora in panchina che riporti serenità, entusiasmo ed abbia il carisma per essere rispettato dai giocatori e soprattutto dai tifosi che, dopo un tre a zero subito nel derby, sono pronti ad accuire pesantemente le contestazioni in specie contro quei giocatori presi di mira come Kolarov e Florenzi.
Serve appunto un Totti in prima linea, in grado di compattare tutti.
Serve uno Zidane in chiave giallorossa, qualcuno che coinvolga i piedi buoni di una rosa che ha un valore davvero alto, superiore a quello delle squadre che lottano per il quarto posto.
Totti nel 2017 ha rinunciato per i troppi impegni al corso per il patentino da allenatore che gli spettava di frequentare in quanto campione del mondo. Comunque, se si vuole, una deroga per farlo allenare si ottiene oppure lo si fa affiancare da qualcuno con il patentino, magari da qualche amico come Perrotta che dovrebbe averlo.
Siamo in Italia, una soluzione si trova.