Ricordate "I PROMESSI SPOSI"? Don Rodrigo viene affrontato a muso duro da Fra Cristoforo e rimane molto scosso, anche se ha la prontezza di riflessi di interrompere il frate importuno e cacciarlo da casa propria. Come scrive Alessandro Manzoni, tuttavia, il mattino dopo Don Rodrigo si risveglia... Don Rodrigo. Le parole del frate gli hanno fatto venire un po' di dubbi, ma una bella notte di sonno gli ha restituito la sicumera.

Contro il Psg, Pioli era stato costretto a rivedere l'assetto tattico velleitario dei Diavolo. Aveva rovesciato il triangolo di centrocampo, quello in cui Krunic giocava vertice basso con due mezze ali più alte, schierando due mediani (Reijnders e Musah) con un vertice alto (Loftus-Cheek). E tanto era bastato per battere una squadra di livello come il Paris Saint Germain, sia pure al termine di una partita combattuta. In un certo senso, Pioli aveva ancorato alla coppia di mediani la barca rossonera giunta a pochi metri dalla cascata.

Passata la tempesta, Stefano Pioli, ha udito gli augelli far festa e si è risvegliato... Stefano Pioli, proprio come Don Rodrigo si risveglia deciso a fargliela vedere a certi frati insolenti nemici dell''ordine costituito (non a caso, le sanzioni contro il frate vengono decise in un summit fra il Conte Zio e il Padre Provinciale, esponenti di vertice proprio dell'ordine costituito).

No, gli augelli non devono fare festa, se la vittoria è frutto di un'eresia tattica, rispetto al piolismo tantrico. Gliela farà vedere lui a quel sottopopolo di tifosetti che lo contestano, sempre più numerosi. L'uomo venuto da Parma avrebbe potuto allenare i club più prestigiosi del mondo, eppure si è abbassato a sedersi sulla panchina del Milan. Oh no, le contestazioni di questa gente rivelano la più becera e nera ingratudine! Mehercule! O tempora o mores!

Quando ho saputo di Krunic-Rejnders-Pobega a centrocampo, sapevo bene come sarebbe finita. Ormai mi ritengo un vero piolologo, iscritto all'ideale albo professionale. Però, per puro scrupolo, mi riservavo di vedere se, per caso, uno fra Pobega o Reijnders fosse destinato a giocare più basso affiancando il bosniaco. Insomma, c'era sempre la speranza che l'allenatore rossonero volesse evitare di regalare agli avversari la terra di nessuno

Il Milan ha giocato con Krunic solito vertice basso più due mezze ali, Pobega a sinistra e Reijnders a destra, peraltro abbastanza accentrate. Quando i rossoneri erano in possesso di palla, tuttavia, giocavano con un reparto di difesa/centrocampo del tipo 2-3-2. Thiaw e Tomori, infatti, restavano dietro, ma Hernandez e Calabria salivano per allinearsi a Krunic su una retta orizzontale a 3. Il bosniaco si tratteneva dall'avanzare quando gli esterni bassi non potevano salire, mantenendo così il più possibile i contatti con il reparto arretrato. Davanti, come già detto, c'erano Pobega e Reijnders. Se partiva l'azione del Lecce, Thiaw e Tomori salivano per creare una linea alta di difesa con Calabria e Hernandez, poco più indietro del centromediano Krunic. Lo scopo era di arretrare in maniera ordinata, lasciando a Chukwueze, Pobega e Reijnders il tempo di indietreggiare a loro volta con ordine. Il rischio principale di questo schema era che, se da un lato si evitava il formarsi di una terra di nessuno al centro, c'era il rischio che se ne formassero altre dietro Calabria e Hernandez.

Il Lecce, in realtà, stava dietro coperto e non teneva ritmi indiavolati. Per questa ragione, se qualche incursione di Banda aggirava Calabria o, magari, Hernandez soffriva Gendrey, il Milan controllava benino. Il Lecce non contrastava con convinzione l'impostazione del basso rossonera (con non più di 3 uomini intorno a Krunic, di cui i due più alti stavano larghi).

Tutto ciò fruttava al Milan il doppio vantaggio. Giroud, segnava di pancia su un assist marca Hernandez dal fondo, mentre Reijnders raddoppiava su azione personale (tiro sbagliato, ma Falcone aveva le gambe aperte e piantate sul prato). Reijnders prendeva anche un palo tirando meglio che in occasione del gol.

Nel finale del primo tempo era il Lecce che alzava i ritmi e il modulo di Pioli, fin lì efficace per  la passività dei pafroni di casa,  iniziava a mostrare i suoi limiti. Un modulo cervellotico va bene solo finché gli avversari ti lasciano tempo di pensare, perché va risolto come i giochi della settimana enigmistica. Maignan sventava un'occasione clamorosa di Banda, mentre Thiaw entrava in tackle disperato per murare Gonzalez, salvando la porta, ma rischiando il rigore. Gliene avrebbero dato la colpa, ma non è che avesse molta scelta.

Questi campanelli d'allarme non svegliavano Pioli, che ormai era convinto di aver dato uno schiaffo morale ai suoi detrattori. Sentendosi un padreterno, al rientro nella ripresa, il tecnico rossonero sostituiva Calabria, ma... non con Florenzi, bensì con Musah. Come dire che, se Krunic vertice basso rischiava di scricchiolare, un cambio fantasioso ne avrebbe accelerato il crollo.

Saltavano, gradualmente. le distanze fra i reparti. All'inizio si vedeva solo la difesa a 4 in versione scolastica, con Krunic che arrancava per fermare le incursioni e ricucire una manovra sempre più problematica. Poi i rossoneri venivano strizzati o stesi come uno strofinaccio. Si vedevano rientri scordinati di Pobega, Reijnders e Chukwu, dettati più da buona volontà che da logica.

Nello scoprirsi il Lecce lasciava qualche chance ai rossoneri. Ma trascorrevano puntuali 25 minuti della ripresa, non molti di più di quanti ne erano trascorsi a Napoli prima del pareggio partenopeo, e il Lecce si ritrovava sul pareggo. Musah aveva perso Sansone su calcio d'angolo e questi realizzava un gol fotocopia rispetto a quello di Skrinijar martedì (allora aveva sbagliato Loftus-Cheek). Banda approfittava di una pagliacciata di Hernandez, che era rimasto a terra per fermare l'azione avversaria. Passato a sinistra, nel famigerato uno-contro-uno annichiliva l'incolpevole Tomori come fosse Dembelé  e centrava l'angolo opposto. Lo scempio veniva arricchito da un palo che mandava la palla a scorrere davanti alla riga prima di uscire.

In questo forcing leccese. c'era la mano, anzi il piede, delle forze fresche salentineBlin, Gonzales, Piccoli e Sansone (non a caso autore di una rete) entrate nella ripresa.

I buoi erano scappati dalla stalla, una buona ragione perché il sagace Pioli ne chiudesse inutilmente le porte inserendo Florenzi al posto di Pobega. Non certo al posto di Krunic che, per colpa della tattica, era stato travolto.

Confusiòn del las confusiones, Giroud riempiva l'arbitro di contumelie, forse per avere una lunga squalifica e giocare il meno possibile in un Milan ridotto a un lupanare. Dal canto suo, il Lecce avrebbe trovato il gol della vittoria da lontano con Piccoli proprio allo scadere, ma l'azione era stata viziata da una spinta a Thiaw corredata da un cordiale pestone. Abisso, in confusione anche lui, non vedeva, ma interveniva il VAR adannullare. Il Lecce prendeva male l'intervento del VAR, ma se quel gol l'avessero subito loro, avrebbero lo avrebbero invocato. Non recitino, quindi, la parte di Calimero piccolo e nero.

Ho citato il match di Napoli a proposito dell'andamento dell'incontro nella ripresa. Infatti, il Milan è andato al riposo sullo 0-2 perché il Lecce, come il Napoli, è stato lento e passivo. E' crollato come a Napoli quando i salentini, come i partenopei, hanno alzato il ritmo. In entrambi i casi Pioli ha mantenuto lo stesso schieramento con il vertice del centrocampo basso, senza interventi tranne lo scriteriato impiego di Musah al posto di Calabria, quando non c'era da attaccare, ma difendere.

E non avrei voluto parlare, quantomeno per non infierire, sulla sostituzione di Chukwu con Jovic, ma non ce la faccio a tacere. Il Milan era lungo e faceva fatica a manovrare, ma Pioli ha sostituito proprio un uomo di manovra, come l'ala rossonera, per inserire un'altra punta cui, con un uomo in meno alla manovra, non sarebbero arrivati palloni. A questo punto, il problema non è più o non solo Jovic, come non è più o non solo Krunic.

Pioli appartiene alla categoria di coloro che sono innamorati di una soluzione e si rifiutano di accettarne i limiti. Voleva dare uno schiaffo morale a chi l'aveva criticato, ma è riuscito invece a dare torto a sé stesso, disancorando il battello ormeggiato sull'orlo delle rapide, perché cadesse nel precipizio.

Ora il Milan è ostaggio di Stefano Pioli, questo è evidente.

Lo è la società, visto che i dirigenti sembrano temere che il tecnico esoneri loro piuttosto che essere loro a esonerare il tecnico. Alla fine, il fiero colpo a Maldini lo inferse proprio Pioli, smentendo l'allora responsabile dell'area tecnica sulla conferma di De Ketalaere. Solo dei dilettanti allo sbaraglio, come lo sono e lo saranno i dirigenti rossoneri finché non avranno acquisito esperienza, possono temere qualcuno il cui destino dovrebbe essere nelle loro mani.

Ma se la società merita di essere tenuta per gli attributi virili dal tecnico, non lo meritano i tifosi, a loro volta ostaggi impotenti. Non lo meritano neanche quelli che finora lo hanno difeso fino al punto da aggredire verbalmente sui social chiunque, come suo diritto, fosse contro l'allenatore.

Rassegnamoci, questa squadra è il capriccio personale di Pioli, il giocattolo che non ha mai avuto prima e col quale si trastulla beato come Hinkel di Chaplin col mappamondo gonfiabile. Il pallone è suo e decide lui se mandare o non tutto alla Meloria, come dicono a Livorno. Contro il Psg non gli conveniva rischiare e non lo ha fatto, mentre ieri ha deciso per il tanto meglio tanto peggio.

Non c'è nessuno con chi sostituirlo? Ma fatemi il piacere! Ce ne sono tanti che potrebbero essere reclutati in mezzo alla strada per prenderne il posto e peggio non potrebbero fare.