Finalmente la stampella alla mancanza di creatività data dal Decreto Crescita viene tolta. E l'UEFA perde altrettanto finalmente il suo Monopolio. Considero il mantenimento del Decreto Crescita una forma di assistenzialismo, magari giusto per periodi brevi ma negativo per periodi lunghi, che ha portato, poi in buona sostanza, a mio avviso, all'ingresso di una serie infinita di buoni giocatori se non mediocri e niente più, trascurando i vivai e la crescita interna. Un decreto che ha permesso anche situazioni folli per il calcio italiano, come l'operazione Cristiano Ronaldo. Magari la colazione si può fare con delle buone fette biscottate e non con costose brioches. Se poi le fette biscottate magari finiscono per essere le migliori del mondo, una ragione ci sarà, come i clamorosi recenti successi del “Made in Italy” gastronomico. Le squadre italiane, tranne l'Inter di Mourinho, hanno sempre vinto competizioni internazionali con una rappresentativa consistente di giocatori italiani. Quando dico Italiani, dico ragazzi di qualunque provenienza e colore anche di immigrazione ma di presenza e crescita nel nostro Paese. La Francia ha costruito le sue fortune calcistiche della Nazionale con giocatori per lo più di immigrazione nati oppure cresciuti nel Paese. Il PSG con montagne di soldi spesi finora ha solo vinto dei campionati nazionali.
Lotito dice che senza Mourihno non si compete. Fa una affermazione, a mio avviso, molto discutibile, perché oggi Mourinho è praticamente più uno showman, oltre che un grande allenatore di calcio. E per me è assolutamente sostituibile con allenatori di minori pretese ed ugualmente bravi. E Lukaku non è un giocatore indispensabile a nessuno come non lo era Cristiano Ronaldo che a livello internazionale alla Juve ha solo fatto spendere una montagna di soldi e fatto vincere niente. I campioni non vengono in Italia, perché esiste un Decreto Crescita, con il quale le Società possono permettersi di pagare ingaggi per la stragrande maggioranza dei casi ampiamente immotivati. Non vengono, molto semplicemente, perché il nostro campionato non è, come business globale, all'altezza degli altri, e quindi tanto vale che le risorse per prendere campioni che poi non ti fanno vincere niente, vengano destinate alla crescita di ragazzi e al potenziamento delle strutture di supporto. Oppure vengono, perché sono giocatori a fine carriera e così possono prendere i soldi che prendevano prima grazie ad aiuti fiscali. Però sempre a fine carriera sono e sempre niente ti fanno vincere. E ancora una volta il nostro Paese diviene paese di conquista straniera come è sempre stato. Diventiamo una colonia di pensionati calcistici anche se grandi nella loro passata carriera. Meglio che se ne vadano in Arabia, se qui non sono sostenibili senza Decreto Crescita e lascino il posto magari a qualche mortificato talento interno che non può svilupparsi se non gioca con continuità...
Il Calcio Italiano è da decenni che fa il passo più lungo della gamba ed è giusto che ad un certo punto finisca una forma di assistenzialismo e cominci una gestione globale con criteri differenti. Siamo sicuri che tutti i Presidenti siano così contrari alla abolizione del Decreto Crescita?. Non credo quelli che hanno intrapreso da tempo percorsi virtuosi, valorizzando i giovani. Calcisticamente parlando, l'Italia è indietro di almeno 20 anni rispetto ai Paesi dei campionati maggiori, avendo totalmente trascurato la creazione di infrastrutture e soprattutto la situazione di base pure nelle scuole e non solo in quelle calcio. I decreti crescita, come qualunque forma assistenziale duratura, alla fine, consentendo gestioni illogiche con gli stessi, non possono fare altro che bloccare il vero sviluppo, che potrà anche passare attraverso una temporanea ulteriore differenza con le altre nazioni ma almeno costringerà a ripensare situazioni economiche e finanziarie gestibili e a ricominciare una vera ricostruzione e non una costante fuga in avanti giustificata solo da presunte e poi mai irrealizzate pretese sportive. Il nostro è il Paese della creatività e nel calcio anche, e sono sicuro di questo, di talenti mortificati in panchina da giocatori mediocri, magari anche travestiti da campioni, ingaggiabili con sconti fiscali.
Il Decreto Crescita non ha di certo favorito clamorosi successi internazionali, ha solo mortificato la crescita di talenti “italiani” e alla fine si è avuta una Nazionale ignobilmente esclusa per ben due campionati mondiali consecutivi. Cristiano Ronaldo non ha fatto vincere niente e non ha portato alcun valore aggiunto, solo perdite. Se la motivazione di un calciatore risiede solo nei soldi, è sempre meglio che li vada a cercare dove glieli danno. Il concetto di fare a meno di appoggi assistenziali è purtroppo una forma mentis sconosciuta in parte delle attività della Nazione. Ma invece quando la creatività, patrimonio unico italico, viene messa alla prova dalle difficoltà, nascono stranamente iniziative formidabili che si impongono pure a livello mondiale. Non vedo perché iniziative che hanno portato ai vertici mondiali senza alcuna forma di assistenzialismo duraturo, grazie al lavoro e alla creatività, non possano trovare lo stesso sviluppo anche nel Calcio. Mi auguro meno legioni straniere di giocatori fasulli importati oppure scartati da altri che vengono a lucrare ingaggi aiutati da sconti fiscali piuttosto che destinare questi fondi, inutili per la maggior parte dei casi, alla crescita “sostanziale” del calcio italiano. Comprensibili sicuramente le razioni di un presidente come Lotito e forse di altri, ma la visione del nostro calcio è una visione di ottica corta se non cortissima.
Quanto ci ha messo il Parmigiano a diventare il formaggio migliore del mondo battendo i ben più reclamizzati formaggi francesi, oppure il Panettone a proporsi sempre di più come il dolce tra i più apprezzati? Sono il risultato di decenni di lavoro di piccoli e grandi senza poi tanti aiuti fiscali, penso, grazie al miglioramento continuo di eccellenze magari sopite e poco organizzate, risultato davvero eclatante. Quando 50 anni fa giravo il mondo per gare internazionali di telefoni, trovavo i giapponesi che facevano regolarmente dumping per vincerle, ma quale soddisfazione a batterli, puntando su altri aspetti di una offerta che non il prezzo.
Oggi il Calcio Italiano farà sicuramente un passo indietro in termini di competitività, senza questo Decreto Crescita come era stato concepito, ma ragionare senza aiuti ed aiutini può invece obbligare a ripensare e a escogitare creativamente ed onestamente situazioni molto diverse. A guardare più in avanti. I tifosi rimangono tifosi, anche in tempi di oblio sportivo. Ho assistito a spalti pieni come abbonato Milan a due campionati di serie B e l'entusiasmo non era diverso, perché soprattutto alle spalle delle squadre italiane non ci sono solo dei soldi, ma delle autentiche tradizioni di “civitas” con le quali si identificano e che si alimentano sulla storia e sulla passione e non solo sui quattrini. Gli speculatori che li tradiscono alla fine vengono espulsi.
Ovvio nelle grandi città questo si perde. Si dovrà dunque pensare meno in grande. Meglio qualche lacrima e sangue ora che rimanere in in limbo di conquista senza poi arrivare ai risultati che nel Calcio non si esprimono solo nelle squadre di Club ma soprattutto nella Nazionale e se la nostra Nazionale fallisce, fallisce il sistema calcio italiano nel suo insieme con oppure senza Decreto Crescita. Lamentarsi perché viene tolto un aiuto è solo un modo per non impegnarsi a livello gestionale con criteri e visioni totalmente diversi. E così ugualmente accolgo con grande soddisfazione quello che sembra la fine del Monopolio UEFA. Così come non mi piace tutto ciò che sia legato a monopoli.
I Monopoli uccidono la creatività e alla fine il risultato nel tempo non paga. Non so che cosa porterà questa sentenza della Corte UE che ha il sapore di una vera svolta epocale nel mondo del calcio, paragonabile se non superiore alla sentenza Bosman.
Ci sarà una forma di caos? Magari non cambierà granché. Sicuramente costringerà i monopolisti UEFA a ripensare regole e ad avere una visione di competitività su terreni poco esplorati dai vertici calcistici europei.
E questo non può essere che un bene.