Se dovessero essere confermate le voci di dimissioni di Leonardo, oltre a quelle relative al fatto che non esiste antipatia di fondo con Gazidis, la spiegazione più plausibile sarebbe che il direttore tecnico brasiliano ha capito l’andazzo al di là di mille, presunti, intenti, peraltro mai chiaramente enunciati dai vertici: il Milan ormai assomiglia sempre di più ad un’operazione finanziaria anziché ad un piano di rinascita sportiva.

Non a caso all’avvicinarsi del termine della stagione le prospettive, con snervante puntualità, assumono i contorni di FFP, mercato a zero e stop ad operazioni sulla carta già avviate.

Conte, Milinkovic-Savic, ma gli stessi Sensi e Saint Maximin, come ogni anno d’altronde, assumono le fattezze di sogni che evaporano, mentre la realtà parla ancora una volta di una società in, ormai perenne, subbuglio, che deve attendere il piazzamento finale, le decisioni Uefa, la guida tecnica per stilare i suoi piani. O meglio: di sogni che svaniscono per noi, ma si concretizzano per altri.

Anche quest’anno, al netto di una proprietà finanziariamente solida, le illusioni le avevo lasciate nel cassetto: mi suonava troppo strano che il Milan spendesse 90 milioni per Savic o uno sproposito l’ingaggio mostruoso di Conte: l’aria non tirava in quella direzione, e non mi sbagliavo.

L’Ad Gazidis infatti, dopo un periodo di apprendimento del calcio e della società italiana, sta cominciando a mettere in pratica quei poteri che la proprietà gli ha messo in mano, e questi poteri non hanno mai cambiato direzione, nonostante molti si fossero illusi: riportare il Milan a tranquilli quarti posti, spendendo poco, incassando il più possibile anche attraverso la rivalutazione di giovani interessanti a basso prezzo. Il tutto per piazzare l’auto ricondizionata e lucidata a dovere sul mercato in un lasso ragionevole di tempo.

L’amore per i colori rosso e nero, la voglia di investire per cercare di vincere subito sono un’altta cosa. Il must è la voce di spesa. E siccome la base tecnica da cui parte il Milan, risultati e gioco alla mano, è deprimente, si cercherà al massimo di ripetere un modello che assomigli a quelli di Atalanta o Torino.

Leonardo probabilmente non si sente parte di questo lavoro: aveva inteso diversamente, con ogni probabilità ciò che aveva inteso ogni tifoso prima dell’arrivo di Gazidis, e cioè che il Milan dovesse avere Milinkovich a centrocampo e Conte in panchina, giusto per citare due pezzi da novanta ; lo aveva inteso perché si era creduto fosse la strada più concreta e credibile per tornare in alto.

Ma le sciagurate ultime annate hanno messo a dura prova sia lo spessore tecnico, sia, soprattutto, le casse del club ; una prova troppo dura per un fondo d’investimento che per sua natura  non può e non vuole, li capisco sia chiaro, mettere milionate ogni anno, ma deve risanare i conti che, onestamente, sono in grave sofferenza e da lì ripartire per guadagnare: davvero un’impresa titanica che in tutta franchezza non può prevedere l’ingaggio di giocatori a certi costi.

Unica nota: ancora una volta potevamo agire con più tempismo e risparmiarci la fuga di notizie sulle ventilate dimissioni alla vigilia dell’ultima, decisiva gara. Ma forse decisiva non lo sarebbe comunque.