I confronti diretti sono partite da tripla, perché si sfidano squadre di valore paragonabile. Lo è a maggior ragione un derby, specie quello di Milano e quantomeno 9 volte su 10. Il derby di ieri non ha fatto eccezioni. Il Diavolo ha vinto di misura e, oltre a prendersi una comprensibile soddisfazione, ha preso 3 punti che fanno doppia classifica, in quanto non si limitano a portare su i rossoneri, ma tengono giù i rivali. Va detto che, in fondo, l'Inter non esce ridimensionata dal derby, perché ha perso per un gol un confronto al vertice, opzione sempre possibile in una partita da tripla. I rossoneri d'altro canto devono stare attenti a non sentirsi dei padreterni, in quanto c'è un bel lotto di squadre in lotta con loro per lo scudetto e, in generale, per le prime posizioni. La fanfara di Charpentier per il Milan, comunque, durerà finché durerà, poi basterà un pareggio per tornare a essere definito un bluff, reduce da un miracolo irripetibile ovvero lo scudetto 2021-22. In fondo le favorite appartengono al mondo della lirica ed esserlo vale quanto il dottò dei parcheggiatori abusivi, un titolo che lascia il tempo che trova.

Da un punto di vista rossonero, la partita di ieri ha confermato una cosa importante, almeno a chi l'ha seguita con attenzione. Nel gioco del Milan, che si allunga in verticale per far salire la palla in velocità, diventa essenziale il rendimento dell'uomo di raccordo fra il settore arretrato e quello avanzato. E' il ruolo che fu di Chala, il quale partiva da mezz'ala sinistra, ma si accentrava in diagonale. Lo si può interpretare anche come ruolo da regista d'attacco, che galleggia a sud del cerchio di centrocampo, così come anche di mezz'ala destra. Se il giocatore che lo interpreta ha compiti solo occasionali di marcatura, la linea difensiva e gli altri di centrocampo vanno un po' sotto stress, ma l'interessato è libero di creare e di approfittare delle palle rubate a centrocampo. Contro squadre o giocatori avversari di un certo tipo, l'uomo di raccordo viene destinato anche a marcature precise e decisive. Ora, ieri De Ketalaere era stato destinato da Pioli a francobollare Brozovic, ma per i primi 22 minuti, cioè fino al goal del croato, è stato messo sotto. E' andato in bambola al punto da smarrire l'uomo a centrocampo in occasione della prima rete nerazzurra. E' vero che la difesa era aperta al centro come il Mar Rosso di fronte a Mosè, ma i compagni sono rimasti stupiti di veder arrivare solo soletto il pur bravo Brozovic. Dal 23', tuttavia, per dire quanto può essere strano il calcio, De Ketalaere è salito in cattedra e ha letteralmente spento il dirimpettaio interista fino al 18' della ripresa, quando è uscito. Lo sguardo di Brozovic nelle inquadrature ravvicinate era quello del dottor Karswell inseguito dal demone in "La notte del demonio" di Jacques Tourneur. Non a caso, pertanto, è in questa fase che il Milan ha messo alle corde gli avversari siglando 3 gol. Non a caso, però, la partita è cambiata dal 20° della ripresa, poco dopo l'entrata di Diaz, che ci ha messo un quarto d'ora abbondante per entrare in partita. E non a caso il gol nerazzurro che ha riaperto il match è nato da un intervento a vuoto dello spagnolo in atacco. Ancora non a caso, al minuto 86, con la prima diagonale di testa di Diaz a centrocampo, si è placata la furia nerazzurra, anche perché è dal minuto 86 che la prestazione di Diaz è diventata efficace. Da quel momento, fra Milan e Inter si è trattato di un braccio di ferro sul filo dei nervi, non tanto di una partita. Chiamatelo trequartista, se vi piace, ma sta di fatto che, in una squadra impostata come il Milan, è l'uomo di raccordo fra settore arretrato e l'attacco che risulta pesantissimo, in un senso o nell'altro.

Guardando l'Inter nei primi minuti, si vedeva che, con 3 centrali dietro e gli esterni difensivi sulla linea del centrocampo, Inzaghi voleva creare densità a centrocampo. Chala e Barella si univano a turno alla coppia d'attacco. L'Inter, tuttavia, non ha aggredito, ma è rimasta medio-bassa e ha attirato i rossoneri in avanti in attesa del loro errore, che è arrivato. Dopo lo svantaggio rossonero, però, De Ketalaere è riuscito a incollare i pezzi dello schieramento milanista, per cui i nerazzurri non ci hanno capito più nulla, tranne che nei primi minuti del secondo tempo, in cui hanno cercato di sorprendere gli avversari e pareggiare. In diverse occasioni sono stati i 3 centrali del biscione a metterci pezze nel momento del pericolo, ma quando quei centrali sono stati aperti a fisarmonica dalla mobilità rossonera, hanno preso gol, come in occasione del pareggio di Leao e del raddoppio di Giroud, solo soletto in mezzo a diverse maglie nerazzurre. Il terzo gol di Leao è stata un'invenzione individuale identica a quel gol, che nessuno ora ricorda, con cui nel 2019 il portoghese segnò a San Siro la rete della bandiera in una disfatta casalinga contro la Fiorentina. C'era Giampaolo sulla panchina rossonera.

Al 22° della seconda fase, è stata l'Inter a segnare con il neoentrato Dzeko. Fino ad allora, Correa aveva dimostrato come i dirigenti dell'Inter i soldi li sappiano sprecare eccome, per quanto vengano spesso additati ad esempio a quelli del Milan. Dzeko, anche sfruttando la sua freschezza contro un Milan in soggezione a centrocampo, ha siglato un bel gol di prepotenza deviando un assist rasoterra di sinistra. Da quel momento, il Milan ha fatto quadrato intorno a Maignan, che ha tirato giù una saracinesca blindata. Il portiere rossonero ha tirato fuori almeno tre parate decisive, di cui una da cineteca, e si è rivelato il padrone dell'area sui cross. Dopo circa un quarto d'ora, l'Inferno per il Diavolo è finito, un po' per il calo fisico dell'Inter ma anche perché Diaz, mostrando grande orgoglio, non ci stava a uscire da oggetto misterioso (non correrebbe il rischio di essere considerato tale se giocasse in un ruolo a lui adatto, ma questa, come scriverebbero nei  fumetti di Asterix, è un'altra storia). Alcuni tifosi nerazzurri sostengono che la differenza nel derby l'ha fatta Maignan, escamotage con cui di solito si cerca di dire che l'avversario ha vinto ma... la vittoria non vale. In realtà, quest'affermazione ha poco senso, il portiere è uno dei giocatori di una squadra, quindi avere un grande portiere è come avere un grande centravanti, un grande regista o un grande difensore: è un punto di forza come gli altri ed è un merito di quella squadra schierarlo. Affermare il contrario è come dire che, se la Svezia nel 1958 avesse avuto Pelé, avrebbe battuto il Brasile o se la Germania nel 1986 avesse avuto Maradona, sarebbe stata Campione del Mondo. Pelé e Maradona erano del Brasile e dell'Argentina e ne hanno determinato in maniera decisiva la forza. Parlando di portieri, se affermassimo che nel 1982 l'Italia non avrebbe battuto il Brasile senza Zoff che salvava sulla linea al 90°, diremmo la verità, ma Zoff era italiano e non brasiliano.

Al 18°, pensando al Salisburgo, Pioli ha tolto De Ketalaere, decisione che ci stava. Ha inserito il solito Diaz che, per un quarto d'ora abbondante, ha visto e fatto vedere al Milan le streghe. Peraltro, la decisione del tecnico è stata coerente con le proprie idee, perché se ha inserito, come previsto, lo spagnolo nella lista Champions al posto di altri, non avrebbe avuto senso che ieri inserisse uno di quegli altriDiaz in quel ruolo disottimizza (non so se esiste il termine, ma penso che renda l'idea) il gioco, ma finché sarà in rosa, in qualche maniera lo vedremo sempre proprio in quel ruolo. Tuttavia, per spezzare una lancia a favore del Diaz di ieri, i primi 20 minuti di De Ketalaere non hanno avuto nulla da invidiare alla prova di Diaz contro il Sassuolo, quanto a bassa qualità. Lo stesso Diaz, poi, non si è dato per vinto e nei 10 minuti finali, recupero compreso, ha dato vera manforte ai compagni. E con il risultato che ballava sul filo del 3-2, la manforte serviva.

I voti finali dati tanto a De Ketalaere quanto Diaz, come succede spesso, tengono conto solo della parte buona del match e sono generosi. Del resto è facile che succeda in un clima da volemose bene. Attenzione, però al volemose bene, che spesso porta a nascondere la polvere sotto i tappeti. Il pessimo inizio di De Ketalaere poteva costare caro, così come il quarto d'ora di spaesamento di Diaz.

Passando ad altro, è probabile che il nervosismo di Hernandez contro il Sassuolo fosse stato notato in nerazzurro. Theo è stato oggetto di una sottile e scientifica catena di provocazioni iniziata già all'ingresso in campo, quando Chala gli ha negato la mano, gesto sgradevole oltre che scortese. Qualunque siano i rapporti fra i due, la stretta di mano in quell'occasione era atto dovuto. Il rossonero è cascato nella trappola e ha reagito male alla seconda provocazione, quella di Dumfries. L'olandese lo ha innervosito con un fallo inutile e stupido, proprio di quelli che irritano di più una persona già nervosa. Trovandosi, quindi, ammonito dopo pochi minuti per la reazione a questo fallo, il rossonero è stato per tutta la partita alla mercé delle sceneggiate avversarie. Sarebbe bastato che l'arbitro abboccasse a una di quelle pagliacciate per rovinare tutto il match dei rossoneri. Data la difficoltà della partita, in effetti, il francese non poteve essere sostituito a cuor leggero ed è rimasto in campo, ma per il futuro deve evitare di cascare in certe trappole, perché potrebbe non andare sempre bene.