Tutto avrei pensato, a tutto ero pronto a credere, tranne che a vivere in prima persona una situazione del genere.
Il motto #iorestoacasa mi tocca fino ad un certo punto, perché essendo un operaio specializzato dipendente privato in una azienda che, ad oggi, continua la produzione, io sto andando a lavorare ogni giorno, munito di mascherina, guanti, e disinfettante e qualche preghiera.
Per il resto, mia moglie a casa con i due bambini non si muove, la spesa e la farmacia sono compiti che svolgo io. Oggi comunque sono a casa, perché l'azienda sta sanificando i locali e procurando altri dispositivi di sicurezza.

Oggi vivo un giorno da #iorestoacasa, essendo un giorno solo non fa più di tanto strano, ho passato un periodo lungo di cassa integrazione dal 2008 al 2017, con mesi interi a casa, ma era diverso. In quel periodo, obbligato a casa da una crisi lavorativa, i pensieri e le preoccupazioni erano rivolte al lavoro, ai soldi e a come fare a far quadrare i conti in famiglia. Ma esisteva la "normalità dell'esistenza", cioè il poter alleggerire la situazione con una colazione fuori, una passeggiata, un giro da qualche parte per ingannare il tempo, ora è tutto diverso.
Non esiste più quella normalità, è una situazione inquietante.
Andare a lavoro e trovare le strade deserte, bar, negozi, fabbriche chiuse, dà un senso di angoscia che non ho mai sentito nella mia vita. Il pensiero che qualcosa di subdolo e invisibile si sia infiltrato nelle nostre vite come un nemico vigliacco, mette i brividi. Inizialmente credevo che si stesse un po' esagerando, ma purtroppo mi sono dovuto ricredere quasi subito.
Carrelli con arcobaleni e scritte che andrà tutto bene, compaiono qua e là, ma il mio timore è grande. Il calcio che si ferma e non si sa come andrà a finire, è l'ultimo dei miei pensieri, anche perché so già che sarà polemica.
Lo stesso vale per tutti gli altri sport che giorno dopo giorno si cancellano o spostano inesorabilmente, F1, Moto Gp, tennis, ciclismo ecc.., delineando una primavera sportiva praticamente azzerata di tutti i suoi appuntamenti principali. Il mio pensiero, guardando fuori dalla finestra della cucina con una tazza di caffè in mano e mio figlio di tre mesi in braccio è un'altro, è la paura del dopo.
Il virus fa paura, tanta paura, ma i dati a disposizione, attualmente, sulla gravità dei problemi che causa è abbastanza contenuta in situazioni di particolari patologie e l'immenso lavoro che sta svolgendo tutta la sanità italiana mi rende fiducioso in merito, ovviamente meglio non prenderselo questo è chiaro, per questo, lavoro a parte non esco più da casa.

La mia paura sta in cosa dovremo affrontare quando l'emergenza sanitaria avrà mollato la presa e ci permetterà di tornare alla normalità. Quale sarà il prezzo che dovremmo pagare per aver combattuto questa guerra? Il paese sta mettendo in campo risorse importanti, ma quanti torneranno davvero alla normalità? Quanti negozi, bar, ristoranti, fabbriche riusciranno a superare questa situazione? In quanti ci ritroveremo ad affrontare ancora i fantasmi della crisi e di un lavoro che non ci sarà più, con i bambini a cui pensare?

Mentre penso a queste cose, in TV su Rtl102, 5 mettono in onda la canzone "Con le mani" di Zucchero, e automaticamente il mio pensiero torna indietro al 1987 e a quello che è stato il mio primo concerto a cui ho assistito, proprio Zucchero a Padova, allora palazzetto San Lazzaro, ora Kyoene Arena.
Allora vado a tirare fuori il cofanetto dei ricordi dove ho conservato tutti i biglietti dei concerti che ho assistito. Dopo quel primo concerto, fu la volta dei Pink Floyd all'autodromo di Monza, meraviglioso, poi nel 1991 il mio primo concerto di Vasco Rossi a Udine, che ad oggi sono quindici i suoi concerti a cui ho assistito tra Udine, San Siro, Bologna, Padova. Poi c'è stato Bryan Adam's a Treviso nel '94 con il tour So far so good, artista eccezionale. Eros Ramazzotti, Elisa, Ligabue per tre volte, Luca Carboni, Biagio Antonacci, Giorgia, Tiziano Ferro, Mark Knoplfer, U2, e Muse.
Nella mia carriera mi sono mancati i Gun's and Roses e gli AC/DC, da vedere dal vivo, ma ho assistito a molti più concerti che partite di calcio. E penso che quest'anno mancheranno pure quelli e la cosa mi rattrista parecchio, perché niente al mondo sa unire come la musica, come un concerto estivo. Infatti la maggior parte dei flash mob che si fanno in questo periodo in tutta Italia, c'è sempre la musica di mezzo. Uno strumento incredibile, la musica di qualsiasi genere è libertà, è speranza è unione è un qualcosa che non ha tempo e non morirà mai. Nei periodi più duri e difficili, con mille proibizioni e divieti la musica è libera di volare nell'aria e portare un po di serenità e leggerezza a tutti noi.

Ce la faremo, in un qualche modo ce la faremo e torneremo a fatica alla normalità o a un qualcosa che ci assomiglia. Io mi affido alla musica, compagna di vita, Ligabue diceva, "ci sono canzoni che sanno chi sei molto meglio di te". Spero di ritrovarmi presto ad un concerto, vorrà dire che ce l'abbiamo fatta anche questa volta.

Un pensiero e un grande, immenso, abbraccio a tutti voi e a tutti quelli che stanno dando tutti se stessi alla causa.

Vi lascio con una citazione, non di un poeta, non di un intellettuale o scrittore, ma di Fabio Caressa, che stimo molto e un video che spero vi piaccia. "Nessuno è bravo come noi con le spalle al muro, nessuno come noi sa rialzarsi quando sembra finita, quando si è a un passo dal KO e ti devi aggrappare alle corde; è la nostra storia che ce lo insegna. Nessuno come noi in quei momenti, quando sembra sconfitto, guarda l'avversario dritto negli occhi e ha il coraggio di urlargli in faccia: "noi non molliamo, noi siamo l'Italia, noi non siamo nati per perdere". Abbiamo dovuto stringere i denti e ogni tanto abbassare la testa, ma ora è il momento di ritrovare fiducia, di alzare lo sguardo, di cercare un nuovo orizzonte: ora è il momento di riscrivere in cielo il nostro destino." (F. Caressa) 





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