"..il futuro è una palla di cannone accesa / E noi la stiamo quasi raggiungendo..."

"...chissà, chissà domani / su che cosa metteremo le mani...aspettiamo che ritorni la luce / Di sentire una voce / Aspettiamo senza avere paura, domani"

Quanto siamo dentro in questi versi?

Il capitano del Titanic è sicuro che la sua nave sia il massimo della modernità e per questo lanciata verso il futuro più velocemente di una cannonata. Il suo mozzo cerca, poeticamente, di convincere il capitano che in mezzo al mare lui vede un'enorme dama bianca, ma il capitano vede solo un sottile filo di nebbia che annuncia il sole e si schianterà...

Oppure (in aggiunta)... cosa sarà disponibile domani? Come possiamo ipotizzare il futuro? Aspettiamo che ritorni la luce che illumini l'ingegno dell'uomo, di sentire una voce che ci chiami, ancora, a rimboccarci le maniche e a risollevarci, ancora una volta, senza paura: innamoriamoci del futuro. Il finale, in questo caso, è di ottimismo e di speranza: conforta (particolarmente) in questo momento.

Ci stiamo pensando, al futuro?

Cerco di confortarmi con quella famosa citazione di Betrand Russel

“Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.

Cioè, mi piacerebbe che ci fosse almeno una diretta connessione tra i mille dubbi sul futuro con i quali convivo in questi giorni e quanto si afferma in questa frase, ma non lo so se è così (un altro dubbio: mi viene da sorridere, ma un sorriso di quelli a mezza bocca, sarcastici, non di soddisfazione, né consolatori). Qualcuno, purtroppo, mancherà dal mio futuro.

Qualche giorno fa mi è venuto istintivo scrivere “un coccodrillo” per Gianni Mura, per me un vero mito ed anche un maestro, perché credo mi abbia insegnato molto, anche se non lo conoscevo personalmente.
Ieri è morto Alberto Arbasino. Il dolore non è paragonabile, ma se ripenso agli anni in cui lessiFratelli d’Italia” mi scatta automaticamente il meccanismo dei ricordi.
Erano gli anni '70 ed anche se non potevo immedesimarmi nelle “imprese” dei protagonisti del romanzo, di fatto mi sentivo in qualche modo un personaggio dello stesso, a proposito dell’ironia con la quale l’establishment di quegli anni viene ridicolizzato. Mi sento di aver partecipato, nel mio piccolo, a questo fenomeno. “Fratelli d’Italia” è stato per me un romanzo di formazione e, valutazione del tutto personale, amplia in maniera notevole alcune tematiche del “Giovane Holden”, che ha avuto un successo di vendite ed una collocazione “iconica” per numerose generazioni, ma che non raggiunge i livelli di originalità e lezione sociale del romanzo di Arbasino.

Da non esperto d’arte non mi perdevo, dalle pagine di "Repubblica, le sue recensioni di mostre in tutto il mondo: scrittura erudita, non didascalica, né divulgativa (non raramente alcune frasi degli articoli hanno avuto, almeno nel mio caso, necessità di approfondimenti su wikipedia), ma allo stesso tempo “rotonda”, esaustiva. La lettura richiedeva, per me, un’applicazione ed uno sforzo maggiore della media necessaria per un quotidiano, ma alla fine mi sentivo appagato, come se lo sforzo fosse ripagato dall’aver guadagnato qualcosa che non avevo.

E questa mattina, ancora disappunto nell’apprendere della scomparsa del disegnatore di Asterix (Albert Uderzo); ancora la “macchina dei ricordi” scatta automaticamente. Certo, il livello di erudizione e di conoscenze non è lo stesso e non ci sono valutazioni possibili a proposito del linguaggio; ma, diamine! Asterix, Alan Ford, Shultz e Crepax (con l’ordine corrispondente al crescere della mia età) mi hanno allattato al seno della fantasia.

Parlando di futuro, non sarà un segno?

Come il comandante del Titanic nella canzone citata più sopra, faccio fatica a guardare avanti e non vorrei rischiare di finire contro un iceberg.

Ciò che pensate di noi è del tutto irrilevante, per noi e per voi / Voi siete il passato ed il presente / Noi siamo il futuro / Pagate i vostri debiti ed andatevene / perché non siamo come eravate voi da giovani / Siamo qualcosa di nuovo /Non sappiamo esattamente cosa / e non ce ne curiamo particolarmente / Lo facciamo e basta – devi farlo”

Questo testo viene da una canzone americana del 1970 (Mau Mau Amerikon – Paul Kantner e Jefferson Starship) ed è certamente una canzone sul futuro. Erano anni nei quali si era più che certi che il futuro sarebbe stato probabilmente radioso, certamente “diverso”. Non c’era, in questo caso, un ideale politico specifico, Se ricordassi delle altre frasi dello stesso pezzo, si parla di droga (“chiediamo cocaina ed erba e ci rispondete con gin fatto in casa”; il gin in quegli anni veniva dato, per pochi soldi, agli alcoolisti e questo verso, che può erroneamente sembrare un inno alla droga, in realtà è una presa di posizione contro gli spacciatori responsabili della morte per overdose di molti giovani. Intendiamoci: facevano abbondante uso di droghe, ma il loro punto - criticabile finché si vuole - era che una liberalizzazione avrebbe evitato molte morti). Ancora, si parla di evoluzione e di establishment e di quali fossero, prima del cambiamento dei giovani, i valori che venivano ritenuti positivi e che bisognava abbattere (“segnalatemi per fare il diplomatico, ma il mio solo ufficio è il parco”) e la canzone si conclude, simbolicamente, con “l’ordine” di aprire una porta “Now open that door” che è, senza dubbio alcuno, la porta del futuro.

Una chiara visione del futuro come speranza, insieme alla certezza che comunque nulla sarebbe stato più come prima (in realtà, da un punto di vista di evoluzione umanistica della società, sarebbe stato tutto molto peggio: ma questo è il senno di poi).

Rimango con il pensiero su chi si è occupato del futuro. Scrivendo romanzi, producendo film, musica e altro; naturalmente mi vengono in mente le cose che conosco e che ricordo e non so se è il momento non esattamente felice, ma non mi rammento opere particolari che abbiano avuto una visione positiva del futuro; al contrario, mi sovvengono numerosi “visionari” che possono aver sbagliato i tempi che hanno utilizzato ma che hanno previsto un futuro tenebroso che si è poi avverato (o almeno così ho “letto il messaggio", magari con un’interpretazione personale sbagliata).

Qualche esempio?

Beh, c’è solo l’imbarazzo della scelta…

1984 di Orwell ci parlava del controllo della televisione sulla nostra vita e ci hanno fatto una serie mondiale, chiamandola proprio “Il grande fratello”.

Blade runner (do androids dreams of electric sheeps?): sarò l’unico a ricordare le scene nelle quali si vedevano le persone camminare per la strada con lo sguardo fisso davanti ad un video, quando i cellulari non esistevano (esattamente la nostra vita quotidiana di oggi)?

1997 fuga da New York : descrive un mondo degradato dalla violenza, senza anticipare una società futura ma descrivendo semplicemente il riflesso di quella attuale (il film divenne un cult, citato anche in Kill Bill da Tarantino, nel quale Elle Driver porta una benda sull'occhio e si fa chiamare California Mountain Snake, in omaggio allo Snake / Jena Plissken di Fuga da New York).

Neuromante, romanzo di William Gibson del 1984: il manifesto del cyberpunk. Il solo pensare oggi al cuore del racconto, che parlava di Intelligenza Artificiale e a come questa si sia sviluppata negli ultimi anni, mi procura più di qualche brivido . Una citazione dal romanzo a proposito della visione delle città:

Night City era come un esperimento dissennato di darwinismo sociale, concepito da un ricercatore annoiato che tenesse un pollice in permanenza sul pulsante dell'avanti-veloce. Smetti un attimo di farti largo a spintoni, e affonderesti senza lasciare traccia; muoviti un po' troppo velocemente, e finiresti per spezzare la fragile tensione superficiale del mercato nero; in entrambi i casi spariresti senza che di te rimanesse niente […] anche se il cuore, i polmoni o i reni avrebbero potuto sopravvivere per i serbatoi delle cliniche al servizio di qualche sconosciuto con un sacco di Nuovi Yen.»

Oppure, ancora più vicino a quello che, a mio modo di vedere, è uno dei rischi maggiori del futuro, nel quale la politica non avrà più nessun peso reale e tutto sarà nelle mani del potere economico generato dalle multinazionali dei settori di maggiore potenza: Big Pharma e quelle che lavorano sullo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (sempre dal romanzo).

«Il potere, nel mondo di Case, significava il potere delle grandi compagnie. Le zaibatsu, le multinazionali che plasmavano il corso della storia umana, avevano trasceso le antiche barriere. Visti come organismi, avevano raggiunto una specie d'immortalità. Non si poteva uccidere una zaibatsu assassinando una dozzina di dirigenti che occupavano i posti-chiave; ce n'erano altri che aspettavano di salire la scala, di occupare i posti rimasti liberi, di avere accesso ai vastissimi banchi di memoria della grande compagnia...»

Potrei proseguire ed allungare l’elenco fino alla noia (spero di non esserci già arrivato).
Il punto è: perché una parte rilevante della creatività degli artisti che hanno parlato del futuro non ci ha senza visto nulla di buono, con moltitudini di persone costrette a disputarsi risorse al lumicino, vivendo in luoghi malsani?

Probabilmente, quando avremo salutato il virus di questi giorni, queste “finestre” torneranno a chiudersi; sono convinto si siano aperte solo per la realtà contingente: sono in casa, ho tempo che non ricordo di aver mai avuto con tanta disponibilità e la mente corre più libera di quanto non sia mai accaduto da molti anni. Nel corso dei secoli molte catastrofi si sono succedute e spero che questo virus resti al di sotto di altri eventi che hanno significato milioni di morti e un ancor più alto numero di persone che hanno sofferto privazioni. E dopo aver girato intorno a tutte queste sirene apocalittiche voglio descrivere qual è il futuro al quale mi piacerebbe guardare, non con la sicumera del capitano del Titanic, bensì con uno sguardo che mi piace definire – senza presunzione – “rinascimentale” (senza dimenticare che il denaro è il feticcio di questa società, più di quanto non lo sia stato in precedenza, tanto da essere passato sopra ideali e visioni e il vero problema è che, sebbene gli effetti sanitari della pandemia potrebbero essere limitati, le sue conseguenze economiche potrebbero essere catastrofiche).

Ma proviamo a “pensare diverso”. Facciamo insieme questo sogno.

Il contagio è passato, la paura più ancestrale – quella di morire – ci ha fatto comprendere che per superare le sfide più ardue che la vita pone all’uomo è necessario unirsi, collettivizzare ed eliminare l’egoismo. Emergono nuovi leaders che riescono ad utilizzare i potenti mezzi della comunicazione per convincere i popoli che per ricostruire non è necessaria nessuna prevaricazione: nessuno ha necessità di prevalere sugli altri. Non c’è bisogno di accumulare ricchezze infinitamente superiori a quanto abbisogna ed è meglio abbandonare la “logica del fare”, l’ambizione smisurata, il “volere è potere”, perché esistono quelli che non ce la fanno ed hanno sicuramente le loro qualità e magari a loro bastano anche se non li portano “al vertice” (aboliamo totalmente la percezione di vertice).

Si smette di utilizzare le risorse del pianeta oltre le possibilità dello stesso: la ragionevolezza prevarrà sul profitto, non si alleverà bestiame “in batteria” e non sarà più necessario che il mondo occidentale debba avere, nei suoi mercati, frutta e verdura diverse da quelle che la stagione ha sempre previsto esserci. In Europa non mangeremo ciliegie e pomodori a Natale, provenienti da altri continenti o coltivati in serre che consumano energia in modo irragionevole; ci sarà un “modello di sviluppo” a misura d’uomo, nel quale non sarà proibito arricchirsi, ma questa possibilità deriverà dalla diversità con la quale ci si applicherà al lavoro e non da corruzione e sfruttamento.

L’uomo riscoprirà l’umanità e l’umanesimo, ovvero la possibilità di arricchire la propria cultura e di aprire la propria mente grazie ai rapporti con i suoi simili e di dare più spazio ai propri sentimenti. Le scienze si avvarranno di una collaborazione di tutti i migliori cervelli, migliorando così la possibilità di scoperte nella medicina, nella farmacologia che magari eviteranno la diffusione di altri contagi e, qualora questo avvenisse, metteranno a disposizione una cura senza che questa sia fonte di profitto per nessun altro che per ciascun essere umano. Le arti, come nel Rinascimento, avranno nuovo splendore. Quelli che sentiranno il bisogno di religiosità, potranno professare ciò in cui credono senza che gli venga in mente che questo sia un buon motivo per pensare che la loro religione sia migliore delle altre e senza che questo pensiero faccia nascere il bisogno di affermare questa supposta superiorità su altre religioni attraverso la violenza.

Possiamo ripartire (o potranno ripartire quelli che resteranno). Analizzare gli errori commessi – uno per uno – e ripartire. Se guardo solo agli anni della mia vita ed a quelli precedenti che conosciamo meglio, posso con facilità realizzare che negli ultimi dieci anni ci sono stati più cambiamenti che nei cento precedenti e che questi cambiamenti sono collegabili prevalentemente all’atteggiamento che ciascuno di noi ha avuto nei confronti del prossimo: con se stessi, con la propria famiglia ed i gruppi di appartenenza, sul lavoro. Molte cose sono indubbiamente migliorate, ma ho paura che questo miglioramento sia stato fagocitato più dalle “cose” che dalle “persone”; in altre parole, gli oggetti della nostra vita quotidiana ci aiutano a stare meglio, ma tra di noi siamo più “distratti”, più “superficiali”, non ci curiamo troppo di quello che i nostri comportamenti possono causare verso gli altri.

Allora, proviamo a riprendercela questa “vita”. Magari potremo dare modo a chi oggi vuole lanciarsi nella scrittura di un romanzo o di un soggetto di un film o di una canzone, che abbia quale tema il futuro, di averne una visione, se non proprio felice, almeno positiva.

“riprendiamola in mano, riprendiamola intera / riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l’abbondanza”.

Così, potremo vedere anche degli zingari felici e, come loro, tutti gli abitanti di questo meraviglioso pianeta.


Ho fatto molta confusione in questo pezzo, volevo parlare del futuro e ci ho messo dentro un paio di “coccodrilli” dedicati a persone scomparse, le speranze dei giovani di una generazione creativa, la musica e il cinema e qualche romanzo ed infine un sogno. Mi sento un po’ uno “Zelig” de noantri, ed è una condizione alla quale – ahimé – sono abbastanza abituato dalla “cultura della confusione”, dal non riuscire a dare nitidezza percettiva a ciò che mi passa per la testa, al sapere poco di tanti argomenti che è forse peggio che non saperne nulla di nessuno; mi rivedo nei quadri di Escher: sapete, quelle scale che non portano da nessuna parte (magari per lui erano nitide, ma a me hanno sempre ispirato una specie di “gioia nel perdersi”).
Mi è piaciuto scrivere così, senza preoccuparmi troppo della logica e della coerenza ed in fondo il risultato non mi dispiace e spero persino che per qualcuno possa essere una lettura piacevole.

In fondo potremmo avere un’occasione rivoluzionaria da prendere.

"Once the earth was a garden            una volta la terra era un giardino It gave us all we need                      ci dava tutto ciò di cui avevamo bisogno Then it grew so barren                    poi crebbe arida All because of greed                        a causa dell avidità (dell uomo, sottinteso) Once the air was for breathing         l’aria serviva a respirare And clouds caused rain to fall          e le nuvole portavano pioggia Then it filled with poisons               poi si riempirono di veleni Strangling us all                                strangolandoci tutti Water was once for drinking             una volta l’acqua era per bere And giving life to the land                e per dare vita alla terra Then it was used for cooling            poi fu usata per raffreddare The machinery of man                     le macchine dell’uomo It's not your fault you're ill now          non è colpa tua se sei malata It's the men who went before             (la colpa) fu degli uomini che vennero prima Your children are at your side now     ora I tuoi figli sono dalla tua parte Don't worry anymore                          non hai più da preoccuparti Your children are your salvation        I tuoi figli sono la tua salvezza They see your life as their own           vedono la tua vita come la propria They recognize no nation                   riconoscono che non ci sono nazioni They dance around your throne"         e danzano intorno al tuo trono



Earth Mother - Jefferson Airplane 1971  






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