Lo so, parlare di politica in un sito di sport può sembrare fuori luogo. A maggior ragione se si è consapevoli, come è il mio caso, di aver mantenuto le stesse idee politiche di quaranta anni fa e se queste rappresentano oggi meno dello 0,1% degli italiani. Aggiungo poi che non voto da tempo immemore perché non mi è mai piaciuto, per citare Montanelli, "turarmi il naso": quindi, ritenendo da tempo che manchi una formazione politica alla quale poter delegare, attraverso il voto, di rappresentarmi in parlamento, nelle occasioni in cui sono chiamato ad esprimere il mio parere, mi reco rispettosamente al seggio ed annullo la scheda decidendo, di volta in volta, se scrivere qualche parola sensata in veste ironica o se "sbagliare" volutamente. Non resto a casa perché credo molto nella grande differenza che esista tra l'astensione e l'espressione di un parere: l'astensione tende a favorire, di riflesso, chi raggiunge la maggioranza relativa (come tutti sanno, è una semplice questione matematica di calcolo di percentuale), mentre la scelta di esprimere un parere, seppure lo stesso verrà annullato e nessuno ne terrà conto, significa - almeno per me stesso - avere un'idea chiara. Alla luce di questa premessa, tutto mi sarei aspettato nella mia vita, tranne che di prendere una posizione a favore di chiunque possa essere il Premier del governo italiano o dei suoi ministri o dei Governatori di una o più regioni.

Sorrido tra me e me constatando che la ragione di questa presa di posizione è piuttosto coerente con quelle che credo siano sempre state le mie caratteristiche personali, incentrate su una buona dose di razionaità e sulla ricerca, per quanto possibile relativamente a quanto ne sono dotato, del buon senso. Principio al quale devo necessariamente aggiungere che, per la mia esperienza professionale di gestione di risorse umane sono da lungo tempo abituato ad avere voce in capitolo a proposito della formazione e della crescita dei giovani e della necessità che ciascuno ha di commettere errori affrontando qualcosa per la prima volta ed imparare dagli stessi per poter migliorare la propria performance nel corso del suo percorso di crescita. Questo semplice assunto è per altro valido esattamente allo stesso modo anche nella crescita delle attitudini relative alla propria vita al di fuori della professione: se ritengo di aver commesso un errore nel relazionarmi con il prossimo in un'attività che non conosco, cerco di farne tesoro e di non ripetere lo stesso errore nel caso in cui la stessa attività mi ricapiti.

Si, lo so, tutto molto banale e conosciuto; anche se, a leggere commenti ed opinioni sui fatti delle ultime settimane, non sembrerebbe.

E qui lo scrivere su di un blog sportivo aiuta a creare la metafora: nel nostro Paese si è sempre sostenuto che quando gioca la nazionale di calcio gli italiani si trasformano in 60 milioni di commissari tecnici, tutti hanno la propria squadra in testa e sono certi che se fosse quella schierata, le vittorie arriverebbero a fiotti; l'altra faccia della medaglia e - ovviamente - che chiunque sia il vero C.T. del momento, sbagli sia le convocazioni che, a maggior ragione, la squadra che manda in campo.

In questo momento in cui - con grande rincrescimento di tutti - la nostra giornata è impegnata a pensare a cose molto meno intriganti che alle convocazioni della nazionale, ci scopriamo tutti un po' virologi ed un po' politici, drogati da un'overdose di fake news e dalla convinzione che chi è chiamato ad operare per cercare delle soluzioni  per il bene comune stia commettendo grandi errori e che altri avrebbero certamente saputo fare meglio. Da parte mia, per quello che conta (cioè zero), suggerisco di valutare che mai prima d'ora (per fortuna) si era dovuto affrontare una situazione come quella attuale. Certo, si poteva fare meglio (come sempre), ma in un Paese nel quale vale sempre il vecchio detto che chi sa, fa e chi non sa insegna, ritengo che - seppur con molte inevitabili approssimazioni - credo che siamo testimoni di un'attività dei nostri governanti che non ricordo abbia avuto in precedenza una solerzia che riconosco a quelli attuali. E' - a mio avviso - palpabile che il governo stia lavorando e che si sia organizzato con un idoneo comitato di "specialisti sanitari" che palesemente fungono da consulenti competenti, anche se le comunicazioni ai cittadini vengono fatte dai politici. In particolare, il mio plauso va al ministro della sanità, al suo lavoro incessante ed alla sua capacità di basare le sue decisioni sul parere degli scienziati. A quelli che, più o meno furbescamente, tentano di cavalcare prese di posizione del tipo: "si poteva copiare quanto fatto in Cina a proposito dei tempi e modi del lock down del Paese", ha ben risposto il Governatore De Luca (mamma mia cosa mi tocca sostenere...): "in Cina, se qualcuno usciva o non rispettava le misure prese dal governo, veniva fucilato"; mentre qui abbiamo la mentalità che le leggi e le misure siano sempre un po' più valide per gli altri che per noi stessi (e qui, indipendentemente dalle posizioni politiche, inviterei a riflettere su quanto accade a proposito del numero delle denunce quotidiane o del fatto che ancora l'altro ieri c'erano persone che pretendevano di raggiungere la Sicilia dal nord del Paese: in altre parole, nel prendere delle decisioni restrittive, dobbiamo sempre fare i conti con la mentalità di una parte non così minoritaria dei nostri concittadini, totalmente irrispettosi non solo delle leggi ma neppure del più semplice buon senso).

Un cenno vorrei farlo anche a proposito della serietà ed autorevolezza delle critiche arrivate nei giorni scorsi da parte di personaggi politici di primo piano. Da dove partire...cominciamo con chi all'inizio di questo mese si è fatto fotografare con un piatto di speck in mano, sostenendo che bisognava aprire tutto e che i turisti avrebbero fatto bene ad andare sulle Dolomiti (dove stava lui); che dopo una settimana passeggiava per Roma cercando un supermercato in via del Tritone (!) e che dopo qualche giorno è stato ospite di trasmissioni televisive a Milano (della serie: stiamo a casa, ma è meglio se ci state voi) e che oggi sostiene di chiudere tutto (alla faccia della coerenza).

Proseguirei con chi, a capo di un partito che ha una dichiarata (con orgoglio) partecipazione di provenienza di ideologie autoritarie, ha dichiarato che con l'inasprimento delle norme restrittive e con le decisioni prese autonomamente dal governo, l'Italia stava imboccando una deriva autoritaria (della serie: il bue dà del cornuto all'asino).

Terminerei con chi, per il suo bisogno di avere visibilità, accusa il governo di utilizzare i social media anziché il parlamento o le conferenze stampa per le comunicazioni e si è dimenticato che, quando lui era il Premier, faceva dirette Facebook praticamente ogni mattina alle 6.30 (anche qui: benedetta coerenza).

Le mancanze del governo rispetto a tutto quello di cui c'è bisogno sono indubbiamente molte e in ambiti prioritari (solo per citare alcuni esempi: la disponibilità di mascherine soprattutto per il personale sanitario, il cambiamento frequente delle misure prese, le trattative con Confindustria e sindacati, la necessità di chiarezza nei confronti dell'Europa e probabilmente molte altre), ma altrettante sono state le decisioni positive. C'era e c'è molto da imparare, ma credo che modificare l'indirizzo di una decisione sia meglio che non decidere affatto e che in Italia, più forse che in altri Paesi, sia necessario tenere conto del tessuto sociale che formiamo come cittadini.

Come dicevo, oggi ci sono 60 milioni di virologi e di esperti in materia di Protezione Civile e tutti estremamente convinti della bontà delle loro posizioni: si doveva fare questo, piuttosto che quello; il tale Paese ha risolto in questo modo, il tal altro in quell'altro e via così e, ovviamente, chi è stato chiamato davvero "a fare" ha sbagliato (qualunque decisione avrebbe preso, avrebbe sbagliato comunque). Per il nulla che conta la mia opinione, che cerco sempre di farmi per conto mio, ho potuto vedere che l'esempio dell'Italia, in termini di strategia, è stato seguito da tutti gli altri Paesi europei che, a differenza di quanto accaduto a noi, hanno potuto seguire un esempio e quell'esempio siamo stati noi (e ribadisco che l'Italia non poteva seguire l'esempio della Cina per la notevole ed evidente differenza di tessuto sociale tra quel Paese ed il nostro).

Molto resta ancora da fare, spero che questo inatteso "training on the job" possa ulteriormente accelerare quella che riconosco esser una china virtuosa e che mi auguro possa dare risultati ancora migliori nel più breve tempo possibile.




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