All’Inter non si sa più chi comanda.
Sinceramente, dopo le dichiarazioni di Antonio Conte nel dopo gara col Borussia Dortmund si fa fatica a capire; soprattutto non si è capito a che titolo abbia parlato il Tecnico, vale a dire se ha parlato come Presidente della Società nerazzurra, come Direttore Generale oppure come Direttore Sportivo. Certamente, ad un certo punto del suo domanda e risposta con lo studio di Sky che ha trasmesso la partita, si è avuta l’impressione che avesse cambiato ruolo e da Allenatore fosse diventato il Factotum della Società. E il picco della conversazione, quello che ha fatto alzare gli ascolti di Sky del 200x100, si è avuto quando come giustificazione estrema della sconfitta ha detto che: “venisse qualche Dirigente a parlare”.

Naturalmente mi si perdonerà la facezia, anche se qui c’è poco da scherzare, perché i siluri lanciati a tutto l’Establishment nerazzurro rischiano di provocare un vero e proprio terremoto che potrebbe avere ripercussioni anche clamorose. Basta pensare che ci sono Presidenti di Società che per molto meno cacciano gli Allenatori, a volte solo per il gusto di cambiare o poco più (l’esonero di Corini a Brescia ne è un esempio evidente).

Ma a parte quello che potrà essere lo sviluppo della situazione, e per rimanere al presente, vale la pena fare qualche considerazione cominciando dal pezzo forte delle ultime esternazioni di Conte che è rappresentato dalla coperta corta, dall’esiguo numero di giocatori in rosa, e con la ormai famosa frase: “giocano sempre gli stessi”.
Che strano; Maurizio Sarri  dice di far giocare sempre gli stessi perché la squadra  bianconera ha bisogno di  trovare una sua precisa  identità, mentre Conte se ne lamenta. Valli un po’ a capire questi allenatori.
Comunque al di là delle battute, e anche se non si possono conoscere i programmi di inizio stagione, una cosa è certa ed è quella che Conte  questi programmi li ha accettati, per cui non se può lamentare adesso, soprattutto non se ne può lamentare dopo ogni sconfitta. Perché la responsabilità della squadra è dell’Allenatore, ed è lui che deve dare le spiegazioni sul rendimento e sui  risultati che consegue. Anche perché non si può accettare “il credo” che quando si vince è merito dell’Allenatore, mentre invece quando si perde è colpa della Dirigenza e della Proprietà.

Ad esempio al Tecnico bisognerebbe ricordare che Sanchez - che in pratica al Manchester erano due anni che non giocava, per cui era da considerare “sotto il profilo atletico” un giocatore a rischio -  è stato acquistato su sua esplicita richiesta. Così come su sua richiesta è stato comprato Lazaro - un discreto prospetto Internazionale ma nulla più - che non poteva rappresentare una certezza per il nostro Campionato o addirittura per la Champions. Lo stesso discorso vale per l’acquisto di Biraghi, che sta dimostrando a fatica di poter essere una valida alternativa di Asamoah. E questo vale per tutti gli altri acquisti fatti dalla Società che alla fine della spesa ha messo sul piatto del mercato qualcosa come 114, 8 milioni di euro, senza considerare i 12 milioni (più 12 di tasse) versati annualmente al Tecnico salentino.

Per cui quale colpa si può imputare a Suning? Certamente non quella di avere il braccino corto. Forse, al contrario, come  lo stesso Conte ha dichiarato: “tutti dobbiamo fare un esame di coscienza”. Infatti credo che sia necessario, perché il Tecnico dovrebbe spiegare perché abbia accettato sic et simpliciter che la Società abbia svenduto gente come Icardi, Perisic e Nainggolan, che erano tre dei migliori se non i migliori della squadra. Giocatori rimpiazzati da Sanchez, Barella (proveniente dal Cagliari al suo primo anno in una grande squadra) e da Lukaku, che ha fatto un ottimo avvio di Campionato, ma in valore assoluto non regge il confronto con Maurito Icardi.

Inoltre c’è un’altra frase di Conte che merita un approfondimento quando dice, riferendosi al fattore stanchezza: “non possiamo arrivare sempre tirati”, che segue all’altra frase detta nei giorni scorsi: “dobbiamo andare sempre a mille o duemila”. In questo caso Il Tecnico nerazzurro ha ragione perché è vero che non si può andare sempre “a manetta”, lo diceva spesso anche Massimiliano Allegri; tutto vero. Allora credo che sia compito dell’Allenatore quello di studiare un sistema di gioco e un assetto tattico alternativo a quello abituale (quello che di solito viene attuato nella fase offensiva), per fare in modo che in 10 minuti non si debbano subire due goal (vedi la gara Champions col Barcellona), oppure di incassarne tre dal Sassuolo, ed infine di doverne contare tre nella sconfitta col Borussia Dortmund.

Evidentemente ci deve essere qualcosa che non va; e Conte ha ragione pienamente quando dice che non si può giocare sempre al limite, soprattutto non si può correre sempre al limite delle risorse umane. 
E qui viene al pettine un altro dettame del “credo calcistico” del Tecnico che crede che si possa correre  all’impazzata per 90 minuti. Perché è questo quello che ha fatto la squadra nerazzurra contro il Borussia. Con un  pressing continuo e asfissiante verso i portatori di palla avversari, e con contropiedi fulminanti (Conte li chiama uscite...) che obbligano attaccanti, centrocampisti e a volte anche i difensori a correre in avanti,  e poi appena conclusa l’azione a correre a ritroso ancora a mille all’ora. Certo che non è possibile farlo. Perché esistono dei limiti anaerobici e  biologici dell’uomo e oltre questi limiti non si può andare. Anche perché non credo che Antonio Conte possa aver pensato, da persona intelligente quale è, che si debba inventare il gioco del calcio, dato che come è noto è un gioco che esiste ormai da oltre un secolo.

Il Tecnico nerazzurro sa bene che nel calcio, come del resto nella vita, bisogna fare di necessità virtù, e bisogna affrontarla con quello che “ci si ritrova in casa”. Anche perché non credo che i suoi giocatori che stanno vendendo l’anima al diavolo (per impegno e dedizione al lavoro), siano contenti nel sentire il loro Capo che si lamenta e che dice sempre che più di questo la squadra non può fare, come a dire: con questi giocatori che ho a disposizione  non posso vincere.
Forse può essere anche vero, ma non è carino né riconoscente verso i giocatori e soprattutto non è bello affermarlo adesso, sia verso di loro che nei confronti della Società che lo sta pagando lautamente.