Il calcio italiano vive di un periodo non facile, di transizione, colpita da crisi di identità ed economiche.
Una costante negli anni è l'identità dei club storici, tra squadre votate al bel giuoco e dominanti in Europa, armate inarrestabili in patria sgomita la follia dell'Inter.
Il club di Milano negli anni ha vissuto rivoluzioni, decine di giocatori e cambi di società contando scarsi successi. Inter spesso ha fatto rima con caos, un buco nero che ha inghiottito allenatori dirigenti e terzini (sempre loro a pagare). La madre di questa confusione è da ricercare forse nel più sfrenato attaccamento alla maglia che ci lega con affetto a giocatori che spesso non corrispondono tali sentimenti. Spesso all'Inter pur di salvare capitani di brigata, giocatori che spiccavano sugli altri per goal o assist si è deciso di seguire una via sanguinosa fatta di prestiti con diritto e altri stratagemmi per evitare la scure del FFP. Così mentre i diretti rivali vendevano giocatori a peso d'oro, noi restavamo a spolverare ed esibire l'argenteria.
Per carità, tutto condivisibile e rispettabile ma i risultati, impietosi, hanno decretato il fallimento di questa via e il caso Zaniolo ha segnato la pietra tombale di una politica forse errata. Nel calcio moderno le bandiere sventolano in curva, nessuno più giura amore, si bada al guadagno e in questa ottica tutti sono sacrificabili al migliore offerente. Ne sa qualcosa il direttore Marotta, uomo forgiato nel calcio di provincia, dove si parla a muso duro e bisogna costruirsi una corazza di rispetto e determinazione. Alla Samp prima e alla Juventus poi ha gestito situazioni spinose, impostato una linea secondo cui nessuno è intoccabile, al giusto prezzo si vende per investire in realtà semi-affermate da plasmare come giocatori del futuro.
All'Inter la sfida più ardua per il direttore è convincerci a lasciar partire i nostri beniamini, quei giocatori discontinui a cui ci si affeziona forse per simpatia e troppo facilmente. Marotta sta impostando la linea non guardando in faccia  a nessuno, tutelando il gruppo, la società e i tifosi contro giocatori, agenti e parenti che tirano la corda e battono cassa con frequenza annuale. Lo hanno capito i vari J.Mario prima, Nainggolan e Perisic poi, a cui è sembra sia stato detto "beh se non stai bene vai pure, portami 40mln e puoi andare", smascherando il deserto di offerte che li circonda, tutto sommato il direttore Marotta sa bene che se un giocatore gioca male non attira attenzioni ma le millanta.

A riprova di questo è l'ennesimo nauseante caso Icardi, ora gli si toglie la fascia (come se gli importasse) per punire lui e moglie showgirl per le continue uscite sgradevoli, al limite del ridicolo. Tra ritardi dopo le vacanze, fantomatiche proposte e accuse al gruppo è andato in scena l'ennesimo show, che a non conoscerli ci si potrebbe anche credere. Ma noi e Marotta lo sappiamo bene, un capitano che crede di essere padre padrone perchè trasforma in rete il gioco della squadra non è un capitano, il richiedere quindi una punizione per chi ti ha assistito nei tuoi goal è ridicola e infantile. Il capitano dovrebbe stringere la mano a tutti i compagni che hanno partecipato con lui alla battaglia, metterci la faccia sempre, guidare la squadra nelle vittorie e schermarla nelle sconfitte, essere quindi esempio.
Quando il capitano tradisce, allora il direttore lo punisce e questo non fa una piega. Credo si sia capito il Marotta pensiero e la sua poca voglia di scherzare e fare show. Così su due piedi credo che tale linea sia seguita dagli Zhang, nelle loro espressioni fiere, nei silenzi di chi non ama essere preso in giro. La strada sembra essere questa, a buon intenditor poche parole, e speriamo di ritornare grandi con l'Ausilio di Marotta.