Ieri sera tra le ‘mille’ pagine web sfogliate in cerca di notizie sulla mia Roma, mi è capitato di vedere il commovente videomessaggio fatto da Mertens per salutare i tifosi; pur non essendo un tifoso azzurro ne sono rimasto felicemente colpito. D’altronde, quando in quella calda estate di nove anni fa sbarcò alle pendici del Vesuvio, Dries era un ragazzo di buonissime speranze, con tantissima strada da fare nella vita e nel calcio, che poi per uno così ‘vita’ e ‘calcio’ sono sinonimi. Nove milioni e mezzo; questa la cifra con cui il Napoli si aggiudicò il ventiseienne ‘funambolo’ belga dal Psv, spinti forse dalla rete che lo stesso ‘Ciro’ realizzò a discapito dei partenopei nel match di Europa League, partita in cui siglò il secondo gol nel tre a zero complessivo con cui i “rood-witten” superarono gli uomini di Mazzarri. Era una meravigliosa ala sinistra Mertens, vedeva benissimo la porta e serviva altrettanto bene i suoi compagni; non a caso chiuse la sua avventura biennale in quel di Eindhoven con ottantotto presenze condite da quarantacinque gol e quarantatré assist, un bottino niente male, anche se i più scettici potevano pensare “sì, ma in Eredivisie…

Non Rafa Benitez però, il quale si fidava ciecamente delle impressioni che aveva, e guidò - da grandissimo manager qual è - una campagna acquisti che vide tra gli altri gli arrivi di: Higuain, Koulibaly, Callejon, Albiol, Reina e ‘campanellino’ come venne simpaticamente ribattezzato il belga nei primi anni campani. Basta leggere i nomi per capire quanto la società di De Laurentiis abbia beneficiato del passaggio del tecnico spagnolo, se non in termini di vittorie (comunque una coppa Italia e una supercoppa) senz’altro considerando che con il gruppo messo su dall’allenatore madrileno, il Napoli ci ha ‘campato’ quasi un decennio, con le ultime entrate registrate in questa sessione che ha visto l’approdo del senegalese al Chelsea e la scadenza contrattuale dell’uomo da cui trae ispirazione il ‘pezzo’. Quanto tempo ragazzi. “Maledetto tempo”, diceva il mio capitano ormai cinque anni fa. Pensiero che probabilmente frulla anche nella testa del ‘napoletano di Bruxelles’.

Una storia bellissima, iniziata da ‘comparsa’. Eh sì, perchè Mertens arrivava per far rifiatare Insigne, per esserne una valida alternativa a partita in corso, potendo sfruttare la sua velocità nello stretto e la grande qualità nel dribbling. Per anni si è detto “Mertens è ‘buono’ a partita in corso, quando parte titolare perde la sua incisività”; e per certi versi è stato così, perché Ciro ha avuto diverse ‘vite’ in questi nove anni ‘vesuviani’. Come già mi era capitato di scrivere in un’altra occasione, la ‘sfortuna’ di uno può essere ‘manna dal cielo’ per un altro; non ho dubbi che Dries non la pensasse così, perché non puoi in alcun modo essere felice se un compagno di squadra si fa male, per di più se l'infortunio capita a Milik - il belga non aveva assolutamente idea di poter essere lui il sostituto designato -  era un’ala, al massimo a fargli spazio poteva essere l’ex capitano del Napoli, come accadde nella sua prima stagione, quando fu il ginocchio di Lorenzo a fare ‘crack’. Aveva idee diverse però Sarri, che nel frattempo si era insediato sulla panchina del ‘ciuccio’ e aveva chiuso una prima annata straordinaria grazie anche ai gol di Higuain - rigenerato proprio dalle attenzioni del toscano - e alla crescita esponenziale di Jorginho e ‘KK’, diventato letteralmente un muro invalicabile, tra i centrali più affidabili al mondo.

Quella estate poi ci fu il ‘grande tradimento’, con Gonzalo che prese la strada verso la Torino bianconera e per non far rimpiangere l’argentino patron Aurelio mise mano al portafogli e sborsò oltre trenta milioni per acquistare dall’Ajax Milik, astro nascente del calcio polacco. Dopo un inizio a dir poco entusiasmante, con l’ariete che timbrava il cartellino a ogni occasione possibile, come accennato lo sfortunato Milik in un Polonia-Danimarca subì la rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro; l’inizio di un calvario lunghissimo e che purtroppo per lui non gli ha permesso di tornare ai grandissimi livelli con cui si stava imponendo fino a quel maledetto 8 ottobre del 2016. A quel punto, gli azzurri non potendo più tornare sul mercato se non alla ricerca di uno svincolato che potesse in qualche modo colmare quel vuoto, a Maurizio Sarri balenò la strana idea di provare quel ‘piccoletto’ come prima punta, certo che insieme all’altro ‘gigante’ Insigne e alla esemplare capacità di Callejon di unire i reparti con la sue instancabili galoppate sulla fascia destra, rappresentassero un tridente perfetto per imprevedibilità e incisività. Il risultato fu ‘il calcio’, in un quattro-tre-tre espressione massima dell’estetica del football. Quell’anno permise a Dries di diventare ‘Ciro’, cittadino onorario della città fondata da una sirena; mise a referto ventotto gol in serie A, ad una sola marcatura da Edin Dzeko, capocannoniere nella stagione di grazia 2016/17. E quindi fu proprio così; l’incidente occorso ad Arkadiusz spalancò le porte alla più trascinante versione del belga vista allo stadio San Paolo; un attaccante strepitoso, assolutamente degno delle attenzioni di qualsiasi squadra europea. Successivamente, con la ‘dipartita’ di Sarri in luogo di Carlo Ancelotti, il ‘quattordici’ subì l’ennesima metamorfosi della sua carriera. Infatti ‘Carletto’ ritrovandosi a disposizione un ristabilito Milik, pensò di sfruttare le caratteristiche del ‘nove’, facendogli ‘gravitare’ intorno proprio il belga, bravissimo a occupare l’ half-space, ovvero a muoversi repentinamente sul corridoio che delimita l’area di rigore, toccando palla di prima e galleggiando su tutta la linea per liberarsi al tiro o semplicemente rendersi disponibile all’ultimo passaggio; movimenti che aiutarono il centravanti a entrare ben diciassette volte tra i marcatori, e al Napoli di concludere quella stagione alle spalle della solita Juventus.

295 presenze 113 gol e 66 assist, questo il ruolino del 'fiammingo' in serie A, statistiche che lo rendono il miglior realizzatore della storia azzurra davanti a Vojak, Hamsik, Insigne e Maradona; basterebbe questo per significare cosa sia stato per Napoli e i napoletani questo calciatore dai colpi mai banali. Un autentico idolo di quello che nel frattempo è diventato ‘Il Maradona’; un simulacro pagano che avrebbe meritato di chiudere questa storia diversamente, chiudendo in quel campo da gioco la sua di storia. Purtroppo la voglia di ‘nuovo corso’ del tecnico Spalletti e la disparità di vedute con il presidente sulle cifre che avrebbero permesso l’ultimo rinnovo contrattuale, ha fatto si che Maggio fosse l’ultimo mese in cui Mertens ha varcato i cancelli di Castel Volturno.

E arriviamo al saluto di ieri, con Dries che teneva tra le braccia Ciro - a dimostrazione di quanto fosse entrato in simbiosi con la città - e che in un collage di video e foto ha accorpato i numerosi momenti felici vissuti in quel luogo che l’ha ‘adottato’ e fatto suo; un uomo che ha incarnato sogni e valori del tifo azzurro, divertendosi e divertendo la gente che l'ha amato follemente. Un saluto bello quanto triste; se non altro un addio del genere, o un ‘arrivederci’ - come da lui stesso definito - avrebbe meritato un pubblico da ‘toccare con mano’, si sarebbe dovuto concretizzare davanti al suo popolo, anche se conoscendo profondamente i miei conterranei, sono certo che quel saluto è comunque arrivato forte al cuore, così come ogni singola giocata che ha procurato gioia in questo decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Ciao Dries, dopo Totò il "turco napoletano", Napoli avrà eternamente:

Ciro Mertens: " Lo scugnizzo di Bruxelles ".