Niente più che i versi di una poesia possono rappresentare, a mio avviso, le azioni e le giocate dei calciatori. Giocare e trarre azioni di vera bellezza con i piedi è molto simile al lavorio e alla ricerca del poeta. La velocità e l'essenzialità della giocata, oppure la fulmineità di una azione e la creatività che rendono gesti quasi normali e, magari creduti facilmente ripetibili, non sono forse simili al trovare e allo  scorrere  delle scarne parole che seguono incastri, anche musicali, di un poesia come può essere una azione di calcio condotta magistralmente? Ma anche certi significati poetici, chiari oppure reconditi, quanto facilmente possono essere accostate a situazioni particolarmente attuali? Per cui invece che la usuale, anche se dotta e sempre di rara competenza analisi alla Zardo, mi lancio in una rivisitazione “calcistica” del “San Martino” di Giosuè Carducci, un componimento notissimo che abbiamo, almeno ai tempi in cui i maestri facevano recitare a memoria le poesie, chissà quante volte declamato per imprimerla nella mente. Poesia breve e stupenda, direi insolitamente breve, per un poeta decisamente aulico e molto ridondante come Carducci, Ho trovato, almeno dal mio punto di vista poetico/calcistico e molto meno tecnico, se non che per qualche osservazione, questo breve componimento poeticamente, appunto, perfetto, per commentare e rammentare la partita di ieri del Milan contro il Frosinone.

La nebbia ag'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar,

E' indubbio che in questo momento la situazione dentro e fuori dal Milan sia alquanto fluida e richiami nebbie fitte che una volta ti costringevano a strabuzzare gli occhi per trovare la via di casa pure in luoghi conosciuti come un tempo capitava a Milano. La nebbia sembra particolarmente densa lassù negli irti colli della dirigenza e della proprietà, perplessa sulla catena di infortuni, perplessa sulle esitazioni di Ibra, pure ieri presente a San Siro, e perplessa magari sulla fiducia ancora da accordare al suo condottiero, laggiù in riva al mare, magari in alto mare, lasciato un poco solo e pure in preda a marosi urlanti. Il maestrale soffia poderoso dove il mare forse non si vede per la nebbia che ne impedisce la vista e dove il nocchiero cerca di navigare ed è scosso dalle esternazioni del cacciato. Un esule che, forse, è chiamato a esprimere il suo sdegno per l'ingiusto trattamento dopo una bonaccia durata mesi e che si è trasformata improvvisamente in un potente maestrale che porta onde e biancori di cavalloni minacciosi. Ma subito dopo la partita con il Frosinone, molto si rasserena:

ma per le vie del borgo,
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.

E' indubbio che la campagna acquisti del Milan sia stata sicuramente un vero "ribollire" di colpi e anche di speranze che, forse, i troppo entusiastici cori amici ne avevano celebrati i fasti. Finora quello che doveva essere un vino d'annata proveniente da un ricchissimo mosto dava, all'assaggio, preoccupanti sapori aciduli. Ieri forse è  per la prima volta, che assistiamo ad un gol propiziato da ben quattro, dicasi quattro, componenti della “ribollita”, peraltro gustosissimo piatto toscano, che si sono succeduti in una azione di rara bellezza. Pulisic, maestosa prova la sua da migliore in campo, conquista palla, la porge allo sfuocato e direi piuttosto tiepido Luftus, come il suo compagno Reijnder, la ribollita va servita bollente di sapori agresti, tiepida sa di poco, che velocemente la dà, all'altrettanto ancora più sfuocato Chuku, che però alza un bel pallonetto sul quale entra goffamente Romagnoli servendola su un piatto difficile peraltro a Jovic che, in ottima coordinazione, la scaraventa in rete. Il verbo scaraventare non è invece nelle corde nel gesto di tale Cuni. che di professione dovrebbe essere centravanti, che, poco prima,  con mossa grottesca per presunzione, tenta un improbabile scavetto che Maignan sventa con il sorriso dei grandi che danno paterni buffetti ai bimbi. Da gol mancato a gol subito, giusta e spietata arriva una famosa legge del calcio.

Ovvio che questa inusitata sequela di gesti, tecnicamente tutti molto belli, di ben quattro ingredienti della ribollita non possa che rallegrare un ambiente intristito dalla nebbia e scosso dal maestrale e fare tornare il sorriso come un buona zuppa calda può dare.

Non solo, ma un vino, di sapere intenso e di un rubino importante, molto di più che un vino novello, dimostra che dal mosto qualcosa di notevole a livello di annata importante, almeno ne esce. Perché il secondo gol appartiene sicuramente a sequenze calcistiche da ricordare. I gesti di nn portiere che ti pesca, con lancio millimetrico di una cinquantina di metri, saltando un pretenzioso Frosinone speso in avanti, e di un giocatore che, almeno per quanto si sappia, scopre che il suo piede destro ha la magia dei grandi e sempre di destro si scrolla di dosso i tre meschini rimasti a difendere e che altrettanto di destro conclude con eleganza e tocco vellutato, c'è da esultare per la gioia che danno. Da un altro lato c'è da chiedersi che ci faccia Pulisic sempre a destra nel calcio degli esterni invertiti. E la domanda sorge spontanea per la sua evidente sovrapposizione a Leao. Risulta, dopo questa prodezza, quindi molto meno importante schierato a destra ma sicuramente meglio del passerotto Chuku, che del me ricordato Hamrin, per ora ha solo il peso. Le anime si rallegrano anche per il ritrovato Bennacer, giocatore troppo a lungo assente e determinante nel gioco del Milan. Non solo Pioli lo saluta ma tutto lo stadio lo accoglie in un abbraccio importante. Ma continuiamo...

Già su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

Di Francesco trova applausi ammirati per il suo “moderno” gioco di attacco che tiene per la verità in scacco un Milan timoroso e contratto per quasi tutto il primo tempo ma viene infilzato dalle ripartenze dei rossoneri. Viene celebrato sicuramente per il suo gioco, non poi così spumeggiante dai suoi tanti talentini, ma sullo spiedo ci va lui e il cacciator Pioli può tranquillamente andare sull'uscio. da cui molti vorrebbero vederlo uscire, a rimirare una situazione ambientale decisamente più serena.

Va a pure a rimirare anche un suo preciso lavoro di laboratorio che è il terzo gol. Il grande Liddas diceva che gli schemi sono belli solo in allenamento, ma il terzo gol è frutto di preparazione perché tutto funziona a meraviglia, con palla da corner, appoggiata su Hernandez che la scodella magistralmente su Jovic che dimostra ancora una volta, almeno la terza direi, di non essere una pippa e che la manda bene al centro dove Tomori può farsi perdonare dopo l'assurdo dribbling al limite dell'area che manda in porta il suddetto tale Cuni che credendosi Messi non trasforma. C'è ancora bisogno di un altro centravanti, visto anche il promettente Camarda?

E quindi non ci può essere niente di più appropriato, anche in sempre amata e sempre lo sarà, combinazione di colori la conclusione calcistico/poetica di questa serata di gaudio. Che cosa sta però a rimirar il cacciator Pioli?

tra le rossastre nubi
stormi di uccelli neri
com'esuli pensieri
nel vespero migrar

le nubi rossastre di un sereno ritrovato dopo la tempesta, stanno forse a chiudere definitivamente un periodo turbolento? Chissà? La visione di Carducci porta serenità anche se gli uccelli neri, accomunabili ai pensieri  dell'esule sono ancora in cielo pronti a migrare. Però ci sono ancora a volteggiare nel cielo anche se la loro intenzione è quella di andarsene. Anche se si sente lo spiedo scoppiettare è per una selvaggina di non grande importanza. Ma almeno scoppietta qualcosa. Altre prove quindi attendono il cacciatore che tira un sospiro di sollievo, ma resta ancora sull'uscio di casa e i neri pensieri ancora oscurano il cielo. Ha nuovo calore, quello di una buona “ribollita” calda in serata d'autunno, ma sa benissimo che il suo cammino è ancora lungo, in una però ritrovata e più confortante modalità di modestia che aveva da tempo smarrito.