Forse ha ragione Pellegatti nel paventare il pericolo che l'ivoriano Kessié possa essere eletto a capro espiatorio dei problemi rossoneri nel derby e, aggiungo io, delle difficoltà del prossimo futuro, che qualcuno, pur senza dirlo, inizia a temere. L'anno scorso la squadra accusò un calo proprio a partire dalla fine di marzo e, per quanto il Milan non sia stato impegnato in Europa League, è possibile che il calo si verifichi ugualmente. Del resto non sarebbe il primo giocatore messo in castigo nell'attuale stagione, dal momento che Cutrone, per qualche dichiarazione fastidiosa del suo procuratore, è stato clamorosamente messo fuori dal progetto. E se vogliamo, tanto Kessié quanto Cutrone sono dei parafulmini ideali.
Il primo, infatti, si porta dietro l'etichetta Colpo di Mirabelli e, contemporaneamente, ha un buon mercato in Premier, quindi se fosse venduto permetterebbe di portare dindi e cancellare dal Milan una traccia del vecchio direttore sportivo.
Cutrone, dal canto suo, ha mercato e, dal momento che viene dal settore giovanile, consentirebbe una lucrosa plusvalenza. Tirando le somme, se si dovesse buttare qualcuno giù dalla torre, si butterebbe via loro.

Il fatto è che il clima in rossonero non sembra affatto sereno. Forse nello spogliatoio non è in atto una lotta fra gang, ma non bisogna farsi ingannare dalle dichiarazioni in stile Primavera di Grieg, come quelle di Bakayoko e Paquetà, i quali sono ragazzi intelligenti e conoscono l'educatese, quel linguaggio che permette di rispondere a tutto senza dire niente. Lo stesso Gattuso ha l'aria di controllare lo spogliatoio per opera dello Spirito Santo ovvero in quanto la rosa è composta da ragazzi abbastanza seri. Però quando Kessié nel derby ha sbagliato, è stato Biglia a intervenire (sbagliando a sua volta, perché non era compito suo), mentre Gattuso era in pieno marasma, preso alla sprovvista da una situazione incontrollabile. E non dimentichiamo il sinistro precedente di Higuain, che nella sua ultima parte di stagione in rossonero, ne ha fatte di tutti i colori, dall'inutile sceneggiata contro la Juventus alla totale e irritante abulia dimostrata nella sua ultima apparizione milanista.

L'autoritarismo dimostrato verso Cutrone, ormai del tutto demotivato e in crisi di identità, è servito solo a privare la squadra di una valida alternativa a Piatek. L'eventuale pugno di ferro nei confronti di Kessie servirà, invece, solo a privare il Milan di una soluzione a centrocampo. Le affermazioni di Gattuso sull'importanza del gruppo rischiano di apparire come grottesca retorica, se l'allenatore si lascia anticipare da uno dei suoi giocatori nel riprendere l'elemento che sta sbagliando. Un po' come quando in una classe arriva il supplente per un'ora e i ragazzi ne approfittano per fare i comodi propri, dal momento che spesso l'insegnate di passaggio non ha né voglia né strumenti per farsi rispettare. E Gattuso non riesce a togliersi il marchio del traghettatore.

Non è detto che il Milan cali o che Piatek, nonostante la sua solitudine in attacco, si debba fermare. Non è detto che lo spogliatoio esploda. Non è detto nulla, ma se una casa inizia a mostrare crepe, la prima cosa da fare è verificare che si tratti solo di screpolature nell'intonaco e non dell'inizio di un crollo. E qualche crepa c'è.

Se poi il collettivo lo si creasse per davvero, senza necessariamente creare un clima da caserma prussiana, forse non ci sarebbe bisogno di pugni di ferro.