Ascoltare la radio è sempre un esercizio mentale da cui ognuno trae le proprie sensazioni, consumando le notizie e le parole che l'emittente ci distribuisce a volte con rara maestria.
La radio è un po' come leggere un libro. Non vedi nulla, ma la tua immaginazione si mette in moto, seguendo itinerari fantasiosi e scoprendo paesaggi e luoghi che solo la nostra mente può partorire oppure, sono le parole che ti raggiungono che te li descrivono. Spesso, sentendo parlare i vari cronisti o conduttori, cerchiamo tramite le voci di capire la loro figura fisica: se la voce è bassa possiamo pensare ad una persona alta e magari corpulenta, se è sottile magari immaginiamo una figura esile ed ossuta. Se poi è una donna, ne cogliamo l'ironia e la immaginiamo giovane, carina e soprattutto, intelligente. A volte si ascoltano espressioni ed accenti, come una "erre" arrotata o moscia, o un disquisire con inflessioni tipiche regionali. 

La radio vede la sua nascita nei primi anni del novecento, quando le immagini televisive non potevano esserci, ma si lasciavano unicamente vedere nei cinema, senza sonoro e senza colore. Tramite la radio sono trascorsi i fatti più esaltanti e più tragici della nostra vita nazionale. Ricordiamo i bollettini della seconda guerra mondiale, che scandivano l'orrore e le notizie utili per ogni cittadino per sopravvivere. Oppure, come ricorda ancora oggi una nota trasmissione del mattino, la notizia che tutti aspettavamo: "La guerra è finita". E riascoltandola, ci torna in mente chi la pronunciò, e in seguito portò la sua presenza e il suo magistrale lavoro nella televisione, ovvero Corrado Mantoni, detto solamente "Corrado". Da qui la famosa battuta di Totò, che lo definì lo "Scognomato", colui che non aveva cognome. Corrado fu presentatore molto versatile, con una grande vena ironica, capacità di recitazione e, seppure non avesse una spiccata sensibilità musicale, andò in classifica dei dischi più venduti con il suo "Carletto". 

Le canzoni, oggi come allora, fecero sempre la parte protagonista delle trasmissioni radiofoniche. Possiamo ricordare la famosa "Hit parade" condotta da un magistrale Lelio Luttazzi, che ci faceva ascoltare le prime otto canzoni classificate nelle vendite.
Si parla degli anni sessanta, e con la musica esplose un'altra trasmissione: "Tutto il calcio minuto per minuto". Nacque da un'idea di Guglielmo Moretti, che prese spunto da una trasmissione francese "Sport et Musique". Per decenni fu l'icona della nostra domenica (il campionato si giocava solo in quel giorno), e per strada si vedevano coppie con lui che teneva la radiolina all'orecchio e la consorte che pazientemente camminava al fianco.
Poi arrivava sempre qualcuno che si fermava e chiedeva: "Chi ha segnato? Che fa la...?".

Era un tormento, perché le partite iniziavano alle 14,30 d'inverno e le 15 in primavera, ma per tutto il primo tempo non si sapeva nulla. Si friggeva fino all'inizio della trasmissione, in procinto dei secondi tempi, e si ascoltava il grande Roberto Bortoluzzi che scandiva la "scaletta" dei campi collegati e si sentivano finalmente i risultati parziali.
Ed allora la sofferenza aumentava, il radiocronista ci inondava di immagini a parole e termini oggi inconsueti (come il campo per destinazione), ma tenendo alta la tensione del gioco.
Come non dimenticare Sandro Ciotti, con la sua voce da basso, o Nando Martellini, commentatore principe della nostra nazionale in TV. Erano grandi giornalisti, ed oggi riposano lassù, forse con un microfono in mano che fanno telecronache ad angeli e santi.
Ancor prima ci fu Nicolò Carosio, anche lui voce della nostra nazionale. Ma la sua carriera finì quando, commentando Italia-Israele nei mondiali del '70, si fece scappare la parola "negraccio", per esprimere il suo disappunto verso il guardalinee di colore che aveva annullato un gol dell'Italia, probabilmente regolare. Non commentò più la Nazionale, ma continuò nelle trasmissioni radiofoniche.
Di spicco le figure di Luigi Necco, che trasmetteva da Avellino e Napoli, sempre sommerso da tifosi, che lui comunque governava con maestrìa, e Tonino Carino da Ascoli, piccoletto e con un'espressione da scappato di casa, che si tirò dietro le battute ironiche di Ezio Greggio, che lo definì in tutti i modi nella sua trasmissione "Drive in" fino a trovarselo in trasmissione a scherzare con lui. 

Per le prime immagini si dovevano aspettare le ore 18, quando cominciava "Novantesimo minuto". Qui il grande Maurizio Barendson e poi il mitico Paolo Valenti ci dispensavano i primi filmati sulle partite, rigorosamente di serie A.
Poi si aspettava fino  alle ore 19, quando veniva trasmesso un tempo di una partita di calcio, a scelta della redazione sport del TG1, e quindi, se si aveva fortuna, si poteva vedere la propria squadra. L'unica volta che si aveva la certezza della visione della propria squadra poteva accadere se per caso fosse la partita della vittoria del campionato, perché qui la telecronaca non si poteva evitare. 

Bisognava poi aspettare la sera, quando finalmente arrivava "La Domenica Sportiva" che ebbe molti conduttori famosi, come Tito Stagno, l'uomo della Luna, Alfredo Pigna, Paolo Frajese, Enzo Tortora e con grande competenza inaspettata, l'attore Raimondo Vianello. E Vianello pur non essendo un giornalista specializzato, sapeva a volte estrarre dal cappello alcune considerazioni tecnico tattiche e di cultura che lasciavano sbalorditi tutti gli addetti ai lavori. La trasmissione era in seconda serata, ma si restava svegli volentieri. Qui le immagini riguardavano tutte le squadre, con commenti e immagini e opinioni  degli  ospiti in studio, spesso calciatori e allenatori. 

Fino alla fine degli anni settanta le immagini furono in bianco e nero, ma con l'arrivo del colore le cose cambiarono, e cambiarono anche le ore di trasmissione dedicate al calcio, e nacque così il primo "talk show" calcistico, con "Il processo del lunedì" ideato e condotto da Aldo Biscardi. Era un continuo avvicendarsi di opinioni, spesso litigiose, che numerosi giornalisti ed ospiti della trasmissione elaboravano per più di un'ora. Andava in onda il lunedì, e fu una trasmissione di  successo. Nacque da lì il famoso "Moviolone", parente della moviola della "Domenica Sportiva", che già cominciava a creare le prime sommosse dei tifosi sulle decisioni arbitrali e le polemiche che ancora oggi tengono banco.  
Ma fu con l'arrivo delle televisioni private che il panorama calcio e di altri sport si ampliò notevolmente, tanto che molte emittenti locali trasmettevano persino le partite di squadre dilettanti, con piccola gloria per quei giocatori che mai avrebbero calcato le scene nazionali. 

Oggi siamo in un social continuo, partite ad ogni ora e per tutti i gusti.
Anche gli altri sport hanno finalmente diritto alle loro immagini, seppure il calcio la faccia sempre da protagonista. E tante immagini sollevano anche tante polemiche e dubbi. Si veda infatti come l'arrivo del VAR, che sembrava dovesse placare ogni polemica, ne abbia innescate di nuove.
Forse la tecnologia è troppo avanzata per la mentalità ancora ferma al passato degli addetti ai lavori. La mancanza di trasparenza è disarmante, la sensazione che così si possa pilotare ancora di più un risultato è forte.
Le regole non sono chiare, ed anzi cambiano ad ogni partita. Non si capisce più l'ambito di applicazione della tecnologia. La "Golden gol technology" è indiscutibile, l'occhio elettronico non può mentire e, soprattutto, interpretare.
Ma il VAR è troppo intriso di valutazioni personali, divergenze di opinioni, conflitti di attribuzione, e si è persino sbagliato a fotografare immagini, come nel caso Juventus-Salernitana. 
Nello scarica barile tra i protagonisti, si è sentito di più e di peggio, e la situazione all'estero non sembra migliore, si veda agli episodi di Chelsea-Milan e di Maccabi-Juventus. Forse troppe persone a esprimere un'opinione sono un estremismo demagogico, invece che un arricchimento di competenze.
E tra queste figure, soccombe il collaboratore dell'arbitro, forse l'unico che, nel caso Salernitana-Juventus, aveva visto giusto, ma neanche lontanamente considerato! 

Coviamo la nostalgia per quei tempi modesti, ma tranquilli e cominciamo ad apprezzare la cara vecchia radiolina, che non tutti  potevano permettersi, ma che almeno trovava sempre tutti d'accordo con un solo uomo al comando: il radiocronista!