La Macedonia del Nord la possiamo considerare la nostra "bestia nera", visto come in due partite siamo riusciti a perdere e pareggiare. La sconfitta è poi un fatto che sanguina ancora oggi, poiché la partita che si giocava era valevole  per qualificarsi al mondiale, che poi probabilmente avremmo perso lo stesso nello scontro spareggio con i portoghesi, sicuramente meglio attrezzati e favoriti dal fattore casalingo, un dato da non sottovalutare.

Eppure Mister Mancini ci credeva, stante le sue dichiarazioni ottimistiche, ma in cuor suo aveva visto che la squadra era alla frutta. Aveva riservato il canto del cigno per la finale di Londra, dove tutto ci andò bene, soprattutto ai rigori, nei quali gli inglesi furono maldestri e noi avemmo un portiere ispirato. Quel portiere che oggi critichiamo per il gol preso a Skopje, con quella punizione ben tirata da Bardhi, sicuramente uno specialista. Ma un portiere che gioca nel Paris Saint Germain non può farsi "impallinare" in quel modo nel palo che dovrebbe coprire.

Eppure il gol del pareggio era nell'aria, la squadra non teneva più il campo e i macedoni sembravano ispirarti, galvanizzati, come se sapessero che tanto peggio di così non poteva andare. Per loro perdere con l'italia, anche con una goleada, sarebbe nella norma. Allora, perché non trasformarsi in leoni e provare a fare la partita della vita! E così hanno riesumato la seconda vita, dopo il gol vittorioso di Napoli, dove sembra che la nostra Nazionale debba mettere peperoncini e aglio attorno al campo, ed esorcizzare la "sfiga" perenne che ci perseguita dalla partita del 1990, semifinale di Coppa del Mondo. In quel frangente, mezza Napoli pianse, mentre l'altra mezza, festeggiò la vittoria di Maradona, nell'Argentina che arrivò poi seconda contro la Germania di Mattheus, Brheme e Klismann.  

Sabato, la nostra avventura cominciava con un nuovo allenatore in panchina, Spalletti il toscano, noto affabulatore di discorsi relativistici collegati al calcio ed alle virtù dissociative dei calciatori. Dissociativi, perchè quei giocatori che nel suo Napoli volavano e facevano sfracelli, nell'ultima partita sono sembrati dei dilettanti iscritti alla squadra all'ultimo momento. Di Lorenzo e Politano sembravano dei "parvenues", due che si erano trovati lì, non si sa come, per giocare una partita di calcio, come se fosse una partita di calcetto tra amici. Una trasformazione, che neanche i rospi principeschi delle fiabe potevano eguagliare. 

Forse possiamo metterci il campo di gioco, penoso e ingiocabile, ma i nostri avversari riuscivano a compiere giocate ugualmente precise, e se chi ha più tecnica può lamentarsi dello stato del campo, deve comunque pensare che chi ha più classe deve lo stesso sapere ovviare ai rimbalzi ed alle zolle maligne del terreno indecente.
E qui si dovrebbe chiedere spiegazioni all'UEFA, ed anche a volte alla FIFA. Non è la prima volta che Nazionali e squadre italiane si ritrovano su terreni impraticabili, non per il maltempo, ma per l'incuria(o forse per una cura speciale) del terreno di gioco. Si pensi alla finale del campionato del Mondo under 20, in Argentina, dove la forza degli uruguaiani ha potuto superare la maggior tecnica dei nostri giovani, ma sicuramente meno dotati fisicamente, grazie al campo che presentava rimbalzi irregolari del pallone. Alcune partite disputate da nostre Nazionali under 19 ed under 21, furono disputate in campi di patate indegni di una manifestazione continentale.
Per non parlare di quello che avvenne anni fa in un Galatasaray -Juventus, ad Istambul, dove due giorni dopo avere disputato una partita sospesa per pochi fiocchi di neve, la Juventus si ritrovò a giocare in una metà campo letteralmente diserbata e ridotta ad un pantano, con somma gioia dei turchi che così riuscirono a non permettere di  giocare alla squadra bianconera, riuscendo poi nel finale a segnare un gol fortunoso che estromise la Juventus dagli ottavi di Champions. Strane queste disattenzioni, soprattutto da parte di chi dovrebbe vigilare non solo sui bilanci delle squadre, ma sulla regolarità e la correttezza delle società che ospitano le competizioni. 

Ma se il campo può essere un alibi, la condizione atletica esibita dai nostri azzurri è a dir poco imbarazzante. Nel primo tempo, la squadra macedone ha praticamente marcato a tutto campo, e quindi ci si sarebbe aspettati che nella ripresa calassero vistosamente, ed invece a crollare siamo stati noi. Sempre secondi sulle seconde palle(ed è un chiaro indice) poco pronti alla battuta del pallone nelle situazioni nelle quali si sarebbe dovuto avere scaltrezza e coordinazione.
In attacco, nei primi dieci minuti, con una maggiore determinazione si poteva già chiudere la partita, ma avere sbagliato dei gol così grossolanamente ha permesso agli avversari di non finire subito nel "mattatoio" della goleada. Immobile è sembrato stranamente impreciso, eppure nella Lazio di solito inventa giocate e gol da posizioni impossibili. E comunque non si può giocare contro una squadra super difensiva con una sola punta di ruolo. Immobile non è Osimehn, devastante e super dinamico.
Spalletti ha sicuramente preparato male la partita. Contava sui laterali, con le catene di Di Lorenzo e Politano a destra, e Di Marco e Zaccagni a sinistra. E mentre a destra non si passava, a sinistra le occasioni non mancavano. Ma nel momento di colpire e calciare, ci si perdeva in giocate poco utili, e senza la necesaria cattiveria che serve per segnare. A volte un colpo di punta è meglio di un calcio di collo stilisticamente perfetto. Soprattutto se gli altri ti lasciano poco tempo per calciare. Fare accademia è spesso inutile, e se proprio si vuole esibirla, si deve già vincere con ampio margine. 

Il centrocampo è stato una delusione. Cristante, Barella e Tonali sono cursori e forti fisicamente, ma non hanno senso della regìa, quella che manca e che con Verratti e Jorginho si poteva esprimere ad alti livelli. In più, spesso sono stati saltati ed hanno lasciato la difesa nell'uno contro uno dei macedoni, fortunatamente troppo scarsi per farci del male.
Nel secondo tempo la sostituzione Zaniolo/Politano, è sembrata per pochi minuti una mossa vincente, ma dopo il gol fortunoso di Immobile, Zaniolo si è spento ed ha anche fornito agli avversari la punizione vincente, con un intervento scomposto e figlio di una errata posizione di ripartenza, perdendo palla ingenuamente nella zona dell'area di rigore.
La mia opinione è che Zaniolo ha grandi doti, ma rimarrà sempre un mezzo giocatore, non riesce a fare il salto di qualità, rimane sempre a metà del guado, debolezze caratteriali e poca intelligenza tattica lo penalizzano. Forse se raggiungerà una vera maturazione, potrà fare grandi cose, ma al  momento non è utile alla causa della nostra rappresentativa. In difesa direi che Mancini e Bastoni sono stati molto efficaci, purtroppo poco coperti nella fase di ripartenza degli avversari e con i centrocampisti che non facevano movimento, venivano penalizzati nella costruzione del gioco. 

Su Donnarumma abbiamo già detto, ma se il ragazzo smette di considerarsi un fenomeno, ed acquisisce maggiore umiltà, potrà essere uno dei migliori del mondo. Purtroppo con i piedi è una mina vagante, e se a volte para palloni impossibili, spesso crolla davanti a tiri non trascendentali. E' giovane, e se Buffon lo guiderà bene, potrà riprendere la sua dimensione, ma non dovrà mai scordare che la "pagnotta" si deve sempre guadagnare, e dietro di lui non mancano validi portieri, come Vicario, Carnesecchi, con i convocati Meret e Provedel.  In questa squadra giocatori come Locatelli, Frattesi e Raspadori avrebbero fornito maggiore freschezza, dinamismo e geometrie. 

Concediamo comunque a Spalletti la benevolenza del primo impatto, la prima volta in cui dopo cinque giorni di allenamento ha dovuto mettere insieme una squadra con molte criticità, giocatori bolliti e con dietro il disordine dirigenziale che la nostra Federazione si trascina dietro, dove ognuno pensa alle proprie carriere e non allo sviluppo del nostro calcio.
Ho paura che ne vedremo delle belle, perché di questo passo ne succederanno di cose poco edificanti, come la "querelle" tra Mancini e Gravina, un vero disastro mediatico e caduta di stile, degne di sceneggiate da teatro di guitti.