Il 2006 è stato un anno segnante, per svariati motivi.
In primis, riprendendo il discorso della ‘bacheca dell’impossibile’, se più di recente abbiamo spuntato la casella “italiano che vince i 100 metri piani”, sedici anni fa veniva chiusa in uno scatolone: “Juve in serie b”, che con le indagini relative a ‘calciopoli’ si ritrovò da campionessa d’Italia, a retrocessa in Serie B, addirittura con trenta punti di penalizzazione, per poi passare in seguito a ‘decurtazioni di pena’ alla b da affrontare partendo da -17.
Il 2006 poi, fu anche l’anno in cui il nostro eterno numero 10, Francesco Totti, rischiò non solo di perdere il mondiale - che si sarebbe disputato qualche mese dopo - ma proprio di non giocare più: ancora vivido, davanti agli occhi, quel movimento terribile, lo scarpino che si ‘inchioda’ a terra, e la caviglia che fa una torsione che strazia l'anima.
Era il 19 febbraio 2006, quando il perone di Francesco fece 'crack’, insieme al cuore di tutti i romanisti, che dopo quell’evento nefasto, guardavano al risultato, alla possibile vittoria, come un vezzo più che una necessità.
Negli anni poi, ci siamo tristemente abituati a vedere i nostri beniamini restare mesi, alcuni addirittura anni, lontani dal calcio giocato. E quanti di questi non sono tornati ai livelli di prima? Quasi tutti… altro che ‘più forti di prima’, una frase che accompagna ogni infortunato, più come un gris-gris che un talismano. Tralasciando i numerosi casi a tinte giallorosse, pensate a Giuseppe Rossi: che giocatore sarebbe potuto essere? Le stramaledette ginocchia non gli hanno dato modo di sbocciare in tutta la forza, che pure ha mostrato in quelle rare occasioni in cui non ha dovuto fare i conti con le sue fragilità fisiche.
E Ronaldo il fenomeno? E’ stato il più forte di tutti, nonostante un conto con la sorte tutt’altro che in positivo.

Ma torniamo a noi, all’anno dei mondiali. Avevo 16 anni, nel 2006. Il mondiale era il 'mio mondiale': a ‘colori’ nella memoria. E che mondiale amici! C’è stato tutto in quella competizione: le critiche all'intero movimento Serie A, che viveva il ‘terremoto’ di cui sopra, con la Juve retrocessa, Milan, Lazio e Fiorentina penalizzate; i dubbi sul valore della squadra e legittimamente sulla condizione di Totti, ‘preso per i capelli’ da Lippi e convocato nonostante i mesi di inattività; poi l’impenetrabilità della difesa, che subì solo due gol, di cui un’autorete di Zaccardo, che valse il pari contro gli Stati Uniti nel girone per 1-1, e il gol di Zidane dagli undici metri, realizzato nella finale che ci consacrò campioni. Difesa protagonista, e Cannavaro logico Pallone d'Oro, realmente invalicabile nell'arco delle sette partite.

Italia-Francia 1-1 Zidane; Materazzi
Si va ai rigori e siamo sopra grazie all'errore di Trezeguet. L'ultimo designato a calciare: Fabio Grosso.
E come dimenticare quel momento: “Antò… preparati… sì Grosso segna te pigj mbracc! (ti prendo tra le braccia)
Antonio: Ahahahah! Seeee…nun cia faje! (non ci riesci)
E non aveva torto, è stata dura! Era bello ‘tracagnotto’, ma la felicità era tanta che lo sollevai d’impeto, con una forza sconosciuta.

Il 2006 è stato anche l’anno in cui ho visto per la prima volta Firenze: che città pazzesca!
Ricordo ancora sulla pelle la sensazione di libertà che provai nel conoscere una città così ricca d’arte; le passeggiate con i compagni di scuola lungo il fiume Arno, l’immancabile visita agli Uffizi: che bellezza! 
Ma vedevo oltre. Non era solo lo scoprire una nuova città, vivere l’esperienza di una gita di scuola. Fu in qualche modo una presa di coscienza: “Voglio fare questo! Voglio girare l’Italia, il mondo… Voglio che il lavoro che farò, qualsiasi esso sia, mi porti lontano dalla realtà del paesino, voglio vivere!” 

In sostanza era questo il mio ‘grido’ interiore. Perché poi, di fatto, non è che fossi così tanto espansivo: la timidezza l’avevo smussata, ma è un tratto distintivo che porti con te nel tempo. Nel frattempo riempivo di parole, chissà poi fino a che punto sensate, i miei quaderni, taccuini e diari, con la speranza che quelle parole mi avrebbero portato materialmente lontano, un giorno o l’altro. 
E quelle parole mi ci portarono lontano, anche se non nel modo che avevo immaginato. Va bene il calcio, calciopoli e il mondiale, ma quelli erano anche gli anni di ‘msn’: ore e ore passate su messanger, a scriversi con chiunque, da ogni punto d’Italia! Che tempi cacchio! A pensarci adesso, con smartphone, whatsapp e tutti i centinaia di programmi e applicativi esistenti, per sentirsi, tenersi in contatto, quella era davvero la preistoria digitale.
Ricordo che si aggiungevano i contatti attraverso gli indirizzi e-mail. Anni dopo, Facebook ci ha regalato la finestra ‘amici che potresti conoscere’; all’epoca, invece, si copiavano nel ‘mazzo’, i vari indirizzi di posta elettronica ‘hotmail’, e si aggiungevano nella speranza di fare nuove conoscenze.
Fu così, che conobbi la ragazza che mi fece perdere il senno, e il sonno. Lei era della provincia di Varese, non proprio dietro l’angolo insomma: ci dividevano ‘appena’ 800 e passa chilometri. Ci sentivamo ogni giorno, tra ‘sms’ e ore di chiamate pomeridiane e serali: “aah l’amour…” adesso corc*** che mi farei due ore di chiamata al cellulare!
La distanza, innegabilmente, era notevole, a maggior ragione se hai sedici anni e non hai né macchina né soldi né autorizzazione dei genitori. E allora andava cosi, ore al telefono, nella speranza che presto o tardi, se fosse stato destino, ci saremmo incontrati.

Passavano i mesi, con essi gli anni.
Nel 2007 la mia scuola organizzò ancora una volta l’immancabile gita d’istruzione: stavolta si partiva in direzione Genova. Non me ne vogliano i genovesi, per carità divina, porterò sempre rispetto per le città di mare, che hanno una loro bellezza intrinseca e immortale: bellissimo l’acquario, carino il porto, ma Genova, con i suoi ponti, le difficoltà enormi di viabilità, le continue allerte meteo… non rientra nella mia classifica delle città da sogno, in cui vivere. Certamente non vi perdete nulla non annoverandomi come concittadino, questo è chiaro. Proprio la prima sera in hotel, cadde su Genova un’acquazzone tremendo, il peggiore che avessi mai visto fino a quell’ormai lontano giorno. Resta una fantastica esperienza, un’altra città visitata, e quella sensazione di essere in qualche modo più vicino alla ragazza che permeava i miei pensieri: che voglia di mollare tutto e fiondarmi sul primo treno, bus, qualsiasi mezzo che mi facesse colmare quei 150 chilometri!
Ero perso. Innamorato del pensiero di esserlo, prima ancora di una fanciulla, che per ovvi motivi, non avevo né baciato né sfiorato, se non nei pensieri.
La stagione ‘scolastica’, quella del quarto anno, finì nel migliore dei modi, con buoni voti e senza materie da recuperare.

Aah! Finalmente estate! Adesso mi rilasso un po', in attesa dell’ultimo, si spera, anno di liceo”.
E invece no, perché come di consueto papà mi aveva trovato il canonico lavoretto estivo, sia mai che facessi tre mesi di ozio totale. Mi feci un bel mese e mezzo da ‘garzone’ di un mercante di confezioni donna, Leonardo, accompagnandolo 7 giorni su 7 nei vari mercati in cui vendeva le sue prestigiose vesta.

E allora:
Lunedì: San Gennaro Vesuviano
Martedì: Palma Campania
Mercoledì: Poggiomarino
Giovedì: Ponticelli
Venerdì: Pompei
Sabato: Ottaviano
Domenica: San Giuseppe Vesuviano
Sette su sette, senza riposo. Lì ho capito, che lavorare, svegliandosi ogni giorno alle 04:30 del mattino, non era esattamente invitante, e che era molto meglio continuare a studiare ottenendo buoni voti.
Scherzi a parte, ho imparato tantissimo in ogni lavoretto svolto, e quella estate, seppur particolarmente impegnativa, è stata anche molto divertente, oltre ad aver sciolto delle mie piccole incertezze, costretto volente o nolente, ad affrontare il pubblico, gli acquirenti. 
Leonardo mi incitava molto: “Guagliò ma statt tranquillo…Ca nun te mangia nisciun…Vai và! Che si pure nu bell guaglione! Rall nfacc! Allucc! A boutiqueeee!” [dai ragazzo, tranquillo… nessuno ti mangia… Dai che sei anche un bel ragazzo! Vai senza paura e incita la gente a venire! Grida ‘la boutique’].
Così, morto di vergogna, costringendo me stesso a superare la timidezza: 
A boutiqueeeeee! Venite gente, che tenimm a robba bella! Signore venite ccà! Speciale offerta oggi: una maglia 15 €, due 30 €…
E lì partivano le schermaglie tra i vari mercanti a chi gridava maggiormente al mondo la qualità e la convenienza dei loro prodotti:
“Una maglia: 2€! Un jeans: 3€!” La frase che arrivava forte e chiara da uno stand che aveva abbigliamento di fattura cinese.
Leonardo, con il solito savoir faire, e l’eleganza impagabile: “Aaaaaappppiccele!” [bruciali!]
Le risate che mi sono fatto in quel mese di luglio, superano di gran lunga la fatica e le occhiaie post-levatacce.

Arriva settembre, il lunedì dell’anno, dell’ultimo anno: con i capelli alla Jim Morrison, e un bagaglio di esperienze ormai abbastanza carico, affronto le giornate con una sicurezza mai provata prima. Il senso di voler emergere, fare qualcosa che potesse fare la differenza anche da lì, Terzigno, un posto che nei miei occhi da adolescente era praticamente abbandonato da Dio: peggio di Eboli, dove la storia narra si fosse fermato. 
Con il solito Felice, maturiamo l’idea di creare un movimento, ‘i giovani del bene’, con il pensiero di ‘impartire’ un’educazione ‘ecologica’, in un momento storico particolarmente difficile per i paesi vesuviani, in quegli anni letteralmente martoriati dalla ‘monnezza’, che arrivava da ogni latitudine: le strade erano talmente colme di rifiuti, che quelle a doppio senso di circolazione diventavano a singola corsia! Una ferita quella, che non si chiuderà mai. Nel giro di 8/10 km ci sono: Pompei, Torre del Greco, Castellammare, il parco nazionale del Vesuvio… paesaggi che si commentano da soli per la bellezza, che altrettanto si commentano da soli per lo stato di abbandono in cui versano. Cominciammo così a fare locandine, a spargere la voce: potevano far parte dei ‘GdB’ solo ragazzi che avessero dai 15 ai 25 anni: la decade che secondo noi aveva più a cuore un discorso di quel tipo, convinti che un quindicenne potesse avere un’elasticità di pensiero che un trentenne non può avere, già soggiogato dalle delusioni o dall’appagamento di un lavoro stabile. La cosa non ebbe un seguito purtroppo, se non nel cuore di quei due sognatori che siamo sempre stati.

Anche quell'anno, come consuetudine, la scuola programmò la gita lunga, stavolta lunga per davvero: destinazione Vienna!
La quota per partecipare non era onerosissima, ma io aveva la testa da un'altra parte: volevo conoscerla, la varesotta! E al diciottesimo compleanno, con i regali ricevuti in moneta sonante, anziché pagare la retta per la gita, prenotai il volo per Malpensa, all'insaputa dei miei. Consapevole che da solo non mi avrebbero mai e poi mai lasciato partire, chiamai in soccorso Luca, che temporeggiò un attimo, quel tempo tecnico per farsi autorizzare dai suoi, e fu presto fatto: biglietto e partenza per Milano nella Pasqua del signore.
Quando lo dissi ai miei, furono l'esatto opposto della felicità: quella rabbia mista a delusione, che puoi raccontare, ma solo vivendo la situazione capisci appieno. Papà non voleva lasciarmi partire, non voleva sentire ragioni, ma alla fine, al solito, feci di testa mia.
Cinque giorni: vedersi negli occhi, consumare l'aria di baci, scoprire Varese, Gallarate, Milano e dintorni... sentirsi miseri davanti al mondo, e gioiosi di poterlo vedere. Giorni incredibili, ancorati nel cuore. 

Tornati alla realtà, un bel giorno, dal nulla, Felice si presenta in classe con delle domande di arruolamento:
Guagliò teng n’idea: perchè nun ce arruolamm? Ce ne jamm ndall’esercito, o in areonautica!” [ForzaRoma27 ho un’idea: perché non ci arruoliamo? Andiamo in esercito o in areonautica!] esitai giusto un attimo, perplesso. Poi:
ForzaRoma27: “Ok! Cumm amma fa? Ma nun tenimm manc o diploma!
Felice: “vabbuò ma nuje mettim cu tenimm…tanto fra 2/3 mis ciu pigliamm sicur! Poi basta la terza media
ForzaRoma27: “ma si sicur? Nunnè ca ce denunciano?
Felice: “Noo, ma canna denuncià, tant ciu pigliamm o diploma!
ForzaRoma27: “vabbè mi hai convinto…magari mi mandano in Lombardia, così sto con lei finalmente !
Felice: “uaa tu e chest! Ma una cca nun ta putiv truvà? Ea fa semp e ccos complicate!
ForzaRoma27: “ma secondo te, ij me ne vogj ì a ccà, ma pozz mai truvà e Terzigno?
Felice: “e vabbuò, tant si ce pigln sai quante ne cunuscimm!

TRADUZIONE:
ForzaRoma27: “Ok! Come facciamo? Ma non abbiamo nemmeno il diploma!”
Felice: “Vabbè ma scriviamo sulla domanda che ce l’abbiamo… tanto fra un paio di mesi siamo comunque diplomati! Poi basta la terza media”.
ForzaRoma27: “Sei sicuro? Non è che ci becchiamo una denuncia?”.
Felice: "Macchè, tanto fra poco siamo comunque diplomati!".
ForzaRoma27: "Vabbè mi hai convinto… magari mi mandano in Lombardia, così sto con lei finalmente!”.
Felice: “Ancora con quella! Ma una ragazza del paese no, è? Devi fare sempre cose complicate!”.
ForzaRoma27: “Ma scusa, io voglio andar via da qua, posso mai cercarla qui?".
Felice: “Vabbè, tanto se partiamo ne conosciamo a bizzeffe!”.

La denuncia non arrivò - grazie al cielo - ma la chiamata dall’Esercito Italiano sì:
E.I. : “Buongiorno, è famiglia ‘x’?”.
Mamma: “Si, chi è?”.
E.i. : “E' l’esercito italiano signora, cerchiamo ForzaRoma27”.
Mamma: “Ma non ho capito… cercate quello nato il 09 febbraio del 1921? (mio nonno)".
E.i. : "Nono, quale 21! Cerchiamo quello del 90!".
Mamma: "Ah! E come mai?".
E.I. : "Niente signora, suo figlio ha fatto la domanda di arruolamento… ci siamo fatti due calcoli ed è impossibile che sia diplomato. Se vuole partire ditegli di venire al centro documentale a rifare la domanda!".
Mamma: "Eh, infatti quello sta a scuola, sta facendo l’ultimo anno! Va bene, appena torna glielo dico!".

I miei - al solito - ignari di tutto (d’altronde avevo fatto quella domanda quasi per gioco) al rientro a casa:
Mamma: "Wè, ha chiamato l’esercito! Ne sai niente?".
ForzaRoma27: "Ah, sì …avevo fatto la domanda di arruolamento, perché che volevano?".
Mamma: "Azz! Tu fai la domanda e non dici niente? Sei impazzito? Comunque se vuoi partire davvero devi andare a Napoli, che hai messo che sei già diplomato! A rischio di beccarti pure una denuncia! Ma si stru…z?".
ForzaRoma27: "Eh vabbè mamma… ma fra due mesi sono diplomato… con Felice ci siamo detti che nel frattempo ci saremmo comunque diplomati."

Accompagnato da mio padre, mi presento al centro documentale, con i capelli lunghi fino alle spalle, la camicia aperta fino al petto, e quel modo di fare da adolescente babbeo.
ForzaRoma27: "Buongiorno! Devo rifare la domanda per l’arruolamento".,
Militare: "Seguimi. Come mai la devi rifare?".
ForzaRoma27: "Niente, avevo messo che sono già diplomato ma ancora non lo sono, mi hanno detto di presentarmi qui, sono ForzaRoma27".
Militare: "Ah sì, il colonnello vuole parlarti".
ForzaRoma27: "Ah!"
Colonnello: "Buongiorno, lei è ForzaRoma27?".
ForzaRoma27: "Buongiorno, sì so' io".
Colonnello: "We! Innanzitutto, tagliati sti capelli se vuoi fare il soldato! Poi cominciamo proprio bene! Hai già fatto un falso documentale!".
ForzaRoma27: "Vabbè un falso mi sembra eccessivo… fra due mesi mi diplomo".
Colonnello: "Ah non è un falso? Ti devo denunciare?".
ForzaRoma27: "Nono colonnè! Scusi! Non succederà più! Ho sbagliato!".
Colonnello: "Aah, mo sì! Allora compila qua! E tagliati i capelli!".
ForzaRoma27: "Va bene colonnello… grazie e arrivederci".
Colonnello: "Ci vediamo a giugno per i 3 giorni! Tagliati i capelli!".
ForzaRoma27: "Sii…".

Con la morte nel cuore, mi tagliai i capelli… fu come staccarmi per sempre dalla giovinezza. I tre giorni arrivarono come fosse passato un secondo da quell’incontro. Nel mezzo: la fine dell’anno scolastico, il saluto ai compagni di classe in attesa degli esami, la lunga preparazione per gli stessi, e i sogni di una vita nuova.
Il diploma arrivò, così come la lettera di arruolamento: presentarsi il giorno 08 settembre a Montorio Veronese per l’addestramento. Destinazione finale: Lombardia!

Tutto da copione. Si partiva e andavo proprio in Lombardia. Dovunque fosse collocata la caserma, a qualsiasi distanza fosse, sarebbe stato un limite irrisorio. Stavolta desideri e destino viaggiavano esattamente nella stessa direzione. Quasi tutto da copione, perché a partire dovevamo essere in due, e invece proprio Felice, l'uomo che aveva dato il là al mio percorso, non partiva, messo alle strette da Lorena, la fidanzata storica e moglie. D'altronde come potevo avercela con lui?
Cominciavo quella strada impervia per lo stesso motivo per cui lui non la percorreva. E' stata dura lasciarsi alle spalle, il mio migliore amico, mio fratello, e il resto della 'banda', i compagni di sempre. Non ci siamo mai veramente lasciati, però: dovunque sia nel tempo, il nostro tempo, ci siamo anche noi, e ovunque siamo oggi, a distanza di anni, c'è sempre il pensiero l'uno per l'altro. Non potrebbe essere diversamente.

Quell’otto settembre 2008, resterà eternamente scolpito nella mia memoria, finché ne avrò oggettiva facoltà: mamma, mia sorella e mia nonna (buonanima), schierate in un pianto funereo che non mi scrollerò mai di dosso. Ero felice, era quel che volevo, ma vivere quel momento mi tagliò l’anima come con una lama affilatissima. Mio padre nel tragitto non parlava. Credeva di essere colpevole in qualche modo della mia scelta di andar via, cosi, senza senso, a diciotto anni.
Te lo dico ora papà, anche se già lo sai: non lo è! Era il mio destino papà, l’ho seguito.
Ti voglio bene.

Il prossimo lunedì dell'anno, saranno quattordici gli anni passati da quel fatidico giorno. Del primo amore, non ho più traccia, come immagino capita a tanti. Una nuova compagna al mio fianco, tante esperienze nel mezzo, un lavoro diverso, quel che avevo sempre sognato di fare, e tanti altri pezzetti del puzzle dell'esistenza. Tutti, indistintamente importanti. 
Concludo per non annoiarvi oltre, il mio viaggio nell'esistenza, sperando di aver risvegliato con i miei ricordi, anche momenti felici di qualche lettore. 
Buona vita amici, buona esistenza.

ForzaRoma27